Durante la quarta serata del Festival di Sanremo, Geolier ha vinto la competizione delle cover con un medley di successi hip hop. Tuttavia, il pubblico del teatro Ariston ha accolto la sua vittoria con fischi e pregiudizi verso i napoletani, mentre i giornalisti della sala stampa si sono allontanati con indignazione. Al secondo posto si è classificata Angelina Mango con una toccante interpretazione de “La Rondine”, seguita da Annalisa, Ghali con Ratchopper e Alfa con Roberto Vecchioni. La classifica è stata determinata dal voto del pubblico a casa, così come dalla giuria delle Radio e della Sala Stampa.
Geolier si è esibito in un medley composto da “Strade”, “Brivido” con Guè, “O’ primmo ammore” con Luchè e “Chiagne” con Gigi D’Alessio, mentre Angelina Mango ha commosso tutti con la sua performance de “La Rondine”. La serata è stata ricca di emozioni, con i 28 cantanti in gara che si sono esibiti in duetti e cover di brani iconici della musica italiana e internazionale.
In foto, da sinistra: il presidente della Liguria Giovanni Toti, Geolier ed Amadeus
Lungi dalle polemiche dissacranti e dalle odi discriminatorie verso la città di Partenope, ma la vittoria di Geolier ha rappresentato un’autentica ingiustizia, una mortificazione per la musica italiana; da sempre si dice che il napoletano sia una lingua e non un dialetto, molti testi napoletani sono noti in tutto il mondo, si veda “‘O sole mio”, “‘O surdato ‘nnamurato”, “Funiculì funiculà”. Tuttavia, la bellezza di una canzone risiede anche e soprattutto nella profondità del testo, della melodia, del linguaggio, ed è innegabile che il brano di Geolier non possegga nessuno degli elementi sovracitati: piuttosto, veicola messaggi fuorvianti, oltre ad essere poco orecchiabile. Non si sta volgendo un attacco a Napoli, né ad un testo scritto interamente in dialetto (e dunque non fruibile a tutti), pur trattandosi del FESTIVAL DELLA CANZONE ITALIANA, si sta obiettando il trionfo di una canzone a dispetto di altre molto più intense, significative e profonde.
“De gustibus non est disputandum“, recitavano i latini: resta però da chiedersi come mai Pino Daniele, con le sue odi alla città di Napoli, Eduardo De Crescenzo con poesie interamente in napoletano come “Io ce credo”, non siano mai saliti sul palco dell’Ariston, e qualora vi fossero saliti non avrebbero ricevuto tanto clamore. La musica è soggettiva, un’artista può piacere o meno, tuttavia ridurre un Festival ad una Tammurriata, ad una sagra di Paese in cui viene declamata la volgarità o il dominio di quartieri popolari, è un oltraggio a chi di musica se ne intende, a chi con le parole ci lavora, a chi fabbrica sogni mescolando parole e linguaggio.
Chi vincerà la finale di stasera? Sarà proprio il rapper di Secondigliano? Lo scopriremo solo cantando…