
5 Festival di fila. Probabilmente l’ultimo per Amadeus, quello conclusosi da poche ore, con il trionfo della giovane figlia d’arte Angelina Mango con il brano “La Noia“. Il Festival più difficile e – certamente – il più segnato da veleni e polemiche. Il caso Geolier, in particolare, ha animato parecchio il dibattito social e ha rappresentato, probabilmente, una delle pagine più grigie della storia recente della kermesse.
Un polverone cresciuto di sera in sera, alzatosi intorno a questo giovane talentuoso artista napoletano, un rapper di razza, con un gran flow e una inedita capacità di versare l’idioma partenopeo nel rap, nell’hip hop, nella deep house. Qualcosa di nuovo e dirompente nella scena musicale attuale che ha letteralmente rubato l’anima a milioni di giovanissimi fan – napoletani e non solo – che hanno fatto di Geolier un mito assoluto, un’icona.
Un seguito di followers talmente grande da portare il rapper a scalare la classifica del Festival e, addirittura, ad aggiudicarsi la serata del venerdì, quella dedicata alle cover – con una percentuale di preferenze al ‘televoto’ così alta da non lasciare nessuno scampo agli avversari. Una vittoria, tuttavia, non salutata dagli applausi e dai “bravo!” del pubblico dell’Ariston, ma piuttosto mortificata da sonori e irriguardosi fischi e da un pubblico per larga parte congedatosi anzitempo, tanto da lasciare praticamente da solo l’artista nel corso dell’ultima performance della serata. Una caduta di stile degna delle peggiori curve da stadio di provincia. Stessa reazione di ‘protesta’ alla vittoria del cantante si è registrata in Sala Stampa, con molti video circolati sui social che raccontano lo stupore e lo sgomento degli addetti ai lavori per la vittoria di Geolier.
Del resto, già nei giorni precedenti si era alzata la ‘cagnara’ social – e non solo – con molti che avevano criticato il rapper per aver portato a Sanremo un pezzo scritto interamente in napoletano, altri che addirittura ipotizzavano che il successo al ‘televoto’ dell’artista dipendesse solo dal campanilismo esasperato dei suoi conterranei. Imbarazzanti, per larghi tratti, sono state anche le conferenze-stampa dello stesso Geolier, con giornalisti – o sedicenti tali – affannati a chiedere “ma perché non provi a cantare in Italiano…del testo non si capisce niente…” o peggio “non pensi di aver rubato la vittoria di ieri ad Angelina?…“, mostrando una immotivata brutalità nei confronti di un giovane, garbato e talentuoso artista, fiero testimone del suo idioma e della sua terra/cultura di appartenenza.
Lo stesso Fiorello, co-conduttore del Festival al fianco di Amadeus, aveva commentato così il clima di quelle ore: “Il razzismo su Geolier? Si avverte, c’è nel mondo dello spettacolo e anche nello sport…quei fischi un brutto esempio per i nostri figli…a questo punto Forza Geolier!“.
E nella scia di questo quadretto – che si accosta più alle schermaglie razziste e anti-napoletane di certe curve calcistiche del Nord Italia che al glorioso Festival della canzone italiana – si è consumata l’ultima serata della gara, nella quale Angelina Mango – vulcanica e vivace interprete – è stata incoronata vincitrice della 74° Edizione del Festival. Una vittoria ottenuta precedendo proprio Geolier, il quale aveva registrato una percentuale del 60% di consenso al televoto, contro il 16% della Mango. Un verdetto completamente ribaltato dalla Sala Stampa di Sanremo, che ha riconosciuto ad Angelina quasi il 74% del consenso, a fronte dell’1% – o poco più – riservato a Geolier. Un blitz. Un plebiscito che non ha precedenti nella storia del Festival. Una scelta (quasi) unanime di non riconoscere nulla al giovane talentuoso napoletano, sostenuto da milioni di fan televotanti. Uno schiaffo in faccia a Geolier e al suo pubblico, a milioni di giovani fan che pure hanno contribuito in maniera decisiva a tenere così in alto lo share del Festival.

Vengono alla mente le interviste di 30 o 40 anni fa a Massimo Troisi, a Pino Daniele e ad altri illustri artisti napoletani, quando le domande erano sempre, ossessivamente le stesse: “perché non parli in italiano?” oppure, peggio “parla italiano che non si capisce niente…”. Bisognerebbe ricordare agli intelligenti – che intelligenti non sono – di ieri e di oggi che la canzone napoletana esisteva ancor prima che esistesse l’Italia e che, se proprio ci tengono, traducessero ” ‘O sole mio” o “Era de maggio” in italiano. Almeno, riuscirebbero a strappare un sorriso.