

Notevoli dubbi applicativi sono sempre sorti in merito al ciclo della fatturazione del professionista per le prestazioni professionali che lo stesso è chiamato a svolgere a favore della P.A. (diversi organi della Amministrazione della Giustizia)
Le domande a cui cercheremo di dare risposte sono le seguenti:
- chi è il soggetto destinatario della fattura?
- chi deve provvedere al pagamento della stessa?
- deve essere esposta la ritenuta di acconto?
- chi deve versare la ritenuta di acconto quando esposta?
La risposta a queste domande viene dall’analisi della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E del 07 maggio 2019 e dalla risposta n.211/2019 all’interpello formulato da un geometra nella sua veste di CTU.
Preliminarmente, giova ricordare che l’Agenzia delle Entrate con risoluzione del 19 ottobre 2015, n. 88, ha precisato, tra l’altro, che il reddito derivante dall’attività di consulente tecnico d’ufficio (CTU) resa nell’ambito di un giudizio civile, se è svolta con carattere di abitualità da parte del professionista, dovrà essere assoggettato al regime del reddito di lavoro autonomo, di cui all’articolo 53,comma 1, del TUIR.
In tali ipotesi, troverà applicazione la disciplina prevista dall’articolo 54 del TUIR per i redditi di natura professionale che implica, sotto il profilo dell’Imposta sul Valore Aggiunto, non solo il necessario possesso (o apertura) della partita IVA, ma anche l’obbligo di fatturazione elettronica (laddove chi eroga i compensi abbia la qualifica soggettiva indicata nella citata circolare n. 1/DF del 2015), salve le ipotesi in cui forme alternative di documentazione siano legislativamente previste.
Con circolare del 7 maggio 2018, n. 9/E, con la quale sono stati forniti chiarimenti in merito alla disciplina della scissione dei pagamenti, è stato precisato che, con riguardo ai compensi e onorari relativi alle prestazioni rese dal CTU, titolare passivo del rapporto di debito è la parte esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico e cioè il soggetto a carico del quale sono state poste le spese del CTU. Tale soggetto è tenuto, infatti, in base al provvedimento del Giudice, al pagamento del compenso per le prestazioni professionali rese a favore dell’Amministrazione della Giustizia, committente ma non esecutrice del pagamento.
La prima soluzione è la seguente: il CTU deve emettere fattura a favore dell’Amministrazione della Giustizia. Ciò risulta confermato anche dalla circolare ministeriale dove si afferma che conseguentemente, il CTU deve ritenersi obbligato, tra l’altro, ad emettere fattura, ai sensi dell’art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1973, nei confronti dell’Amministrazione della Giustizia nella quale dovrà essere evidenziato, tuttavia, che la “solutio” avviene con denaro fornito dalla/e parte/i individuata/e dal provvedimento del Giudice. In tali fattispecie, dunque, la P.A. (Amministrazione della Giustizia), pur essendo riconducibile nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del CTU.
La circolare continua dicendo che l’applicazione della scissione dei pagamenti comporterebbe l’onere, per la parte obbligata al pagamento del compenso del CTU, di versare a quest’ultimo soltanto l’imponibile, mentre l’Iva relativa alla prestazione del CTU dovrebbe essere riversata all’Amministrazione della Giustizia affinché quest’ultima, a sua volta, versi tale importo all’Erario, nell’ambito della scissione dei pagamenti. Tale doppio versamento costituirebbe un aggravio delle procedure e giustifica la non applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti nel caso in argomento.
Passiamo ora a definire il soggetto tenuto al pagamento della fattura del CTU.
La soluzione è nella genesi della spesa di CTU e precisamente nell’atto che promana dagli organi della Amministrazione della Giustizia ove è specificato chi è condannato o obbligato al pagamento delle stesse.
Siamo così arrivati ai dubbi inerenti la obbligatorietà della esposizione in fattura della ritenuta di acconto e l’individuazione del soggetto eventualmente tenuto a versarla.
Ancora una volta la soluzione viene dalla lettura della risposta all’interpello n. 211/2019 suddetta la quale conclude in coerenza con quanto detto in merito al pagamento della fattura (comprensiva dell’iva nella stessa esposta) e cioè che deve avvenire ad opera della parte soccombente o obbligata al pagamento delle spese di ctu (come indicato nel provvedimento degli organi dell’Amministrazione della Giustizia). Infatti, l’Agenzia delle Entrate nel corpo della risposta all’interpello, riferendosi all’iva e al pagamento della parcella, afferma che ad analoghe conclusioni, si ritiene debba giungersi in relazione al versamento della ritenuta d’acconto IRPEF, di cui all’articolo 25 del citato D.P.R. n. 600 del 1973, che, pertanto, dovrà essere versata all’Erario non all’Amministrazione della Giustizia, ma dalla parte soccombente, titolare passivo del rapporto di debito nei confronti del consulente ed esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, sempreché quest’ultima sia ricompresa tra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituto d’imposta.
In conclusione la ritenuta di acconto deve essere evidenziata in fattura dal CTU solo nel caso in cui il soggetto tenuto al pagamento della fattura rientri in quelli identificati dal fisco come sostituti di imposta.
Infine, se il soggetto tenuto al pagamento della fattura è una persona fisica sprovvista di partita iva lo stesso non è tenuto al pagamento della ritenuta di acconto e quindi il CTU emetterà la fattura senza l’indicazione della stessa.
Il CTU nella elaborazione della fattura, indirizzata all’Amministrazione della Giustizia non tenuta ad alcun pagamento, evidenzierà che il saldo della stessa sarà effettuato dal terzo soccombente o obbligato e se del caso indicherà la ritenuta di acconto e il soggetto terzo soccombente o obbligato al suo pagamento.