
Classe, bellezza, fascino, da sempre virtù che contraddistinguono un esponente dell’alta società; Oscar Wilde insegna che l’eleganza non è soltanto un’esibizione o un’ostentazione di lusso, ma soprattutto uno stile di vita, la capacità di distinguersi dalla massa e dalla mediocrità.
Eletto uno degli under 30 più eleganti d’Italia, ambassador della storica azienda di famiglia, Alessandro Marinella ha accettato di condurci, attraverso la sua voce ed il suo racconto, nei sancta sanctorum della sua realtà imprenditoriale ; a fare da sfondo il Salone degli Affreschi Marinella, luogo di culto per gli amanti della celebre maison di lusso.

- “Alessandro, tu sei uno dei membri della famiglia Marinella, illustre dinastia napoletana celebre al mondo per cravatte ed articoli di abbigliamento di lusso. Il tuo bisnonno Eugenio Marinella decise di fondare quest’azienda sartoriale nel 1914, e da allora la magia della piccola bottega d’élite non è mai svanita. Il tuo è stato dunque una sorta di “Destino”. Nel tempo questo “Δαίμων” si è rivelato una vera e propria vocazione, una volontà di potenza che non poteva essere dipanata altrimenti?“
“Innanzitutto grazie mille per le belle parole che hai riservato a me ed alla mia famiglia, in relazione a tutto ciò che abbiamo fatto; si dice, appunto, che le persone fortunate nascano con la camicia, noi siamo nati in questo caso con la cravatta. Possiamo affermare che la mia volontà di intraprendere quest’attività è nata sin da quando ero piccolo: sicuramente si è trattato di una volontà evolutasi nel corso degli anni, anziché innata; quando ero a casa, o rientravo da scuola e trovavo mio padre stanco ma felice, al termine di una lunga giornata di lavoro, mi chiedevo :”Sarà davvero così bello il mestiere che svolge?”. Nel momento in cui mi sono affacciato al mondo lavorativo, in cui Marinella è conosciuto principalmente per le cravatte, dunque un mondo fatto di colori, di sete, di abbigliamento, di artigianato, sono rimasto affascinato da questo universo. E’ nata sempre più una passione e da lì ho capito che sarebbe stato il mio futuro; il caso ha voluto che il destino, se così vogliamo chiamarlo, dal mio bisnonno ad oggi con mio padre, abbia visto sempre la presenza sulla scena solo di un figlio maschio; per fortuna a me toccherà tra qualche anno parlare di figli, ma incrociamo le dita”.
- “So che il brand Marinella è antico, di inizio secolo, nato dal desiderio e dall’intuizione di vestire all’inglese l’alta borghesia e l’aristocrazia napoletana. Fu un successo, e persino Matilde Serao vi citò nei suoi scritti, ma come è avvenuto poi che la creazione “Cravatta” oscurasse un pò tutto il resto, nel senso che oggi Marinella è la cravatta d’autore per antonomasia?“
“Questa è una domanda molto particolare, che in pochi mi fanno: tutti credono che noi siamo nati con la produzione di cravatte, ma appunto non è così, come dicevi siamo nati come importatori di articoli inglesi, perché l’uomo elegante vestiva all’inglese. Successivamente, quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale divenne impossibile importare articoli dall’Inghilterra, e quindi assumemmo delle sarte specializzate soprattutto per la lavorazione di camicie, tant’è che le camicie che producevamo erano le camicie che venivano regalate quando le persone si sposavano, e dallo stesso tessuto si facevano anche gli indumenti intimi; in un secondo momento queste sarte iniziarono a specializzarsi anche nella lavorazione della seta, dato che all’epoca la cravatta non era come quella attuale, ovviamente cravatta intesa altresì come foulard ed altri articoli, del resto come dicevamo poc’anzi non siamo nati solo con la cravatta. La cravatta all’epoca era un grande foulard ripiegato su se stesso ed aveva la necessità di arrivare a metà petto, giacché tutti indossavano il famoso doppiopetto, o panciotto; successivamente è nata la cravatta come oggi si è soliti intenderla, ossia l’elemento composto da tre pilastri che viene avvolto intorno al collo; siccome veniva prodotta a mano, la cravatta ma soprattutto le stampe, che provenivano ancora dall’Inghilterra, per la precisione da Maxfield, dove noi possediamo tuttora la stamperia che stampa a mano, hanno creato questo connubio unico nel proprio genere: la leggenda di Marinella. E’ chiaro che cerchiamo di ampliare sempre più la gamma di prodotti, di trasformare il brand in un vero e proprio brand internazionale, non focalizzarci solo sulla cravatta, che però resta il nostro core business”.
- “In questo periodo di grossa emergenza sanitaria causa Covid, fare impresa è diventato difficile e le piccole realtà hanno rischiato ed ancora rischiano il tracollo. Si sono rafforzati solo i grossi colossi della rivoluzione digitale che hanno avuto spazio anche in un periodo di chiusura e lockdown, come Amazon, Zalando, Ebay, che sfruttano l’E-commerce e ci lucrano pure. So che, nell’ambito di una configurazione pur sempre artigianale, il tuo brand si è adeguato alle interazioni a distanza e alla vendita on-line. Ci sono state obiettive difficoltà da superare in questo periodo?”
“Assolutamente si. La prima difficoltà, ricordiamoci che le aziende sono composte innanzitutto dalle persone, è stata quella di una gestione dei soggetti, dato che non sapevamo quando saremmo tornati fisicamente a lavoro, quando sarebbero riaperti i negozi, quindi in quel momento di paura e di crisi tutte le spese vive che un’azienda deve sostenere erano ancora a pieno regime. Dovevamo fronteggiare una crisi economica, sicuramente sanitaria, e dinanzi a noi si profilavano due opzioni: quella di riconvertire il business nella produzione ad esempio di mascherine, che però non ci è parsa una scelta perseguibile in quanto all’epoca non vi era la presenza di mascherine ed inoltre poiché sarebbe stato uno scopo di lucro sulla salute delle persone; la seconda opzione, che invece abbiamo sempre cercato di intraprendere è stata quella dell’E-commerce, non avendo mai smesso di credere nel contatto umano. L’E-commerce è sempre stato visto come una vendita a distanza fredda, attraverso un monitor, ma durante quel periodo abbiamo deciso di investire, quindi di combattere le paure e di non restare fermi, capitalizzando in questa nuova struttura, questa nuova gestione che ha dato i suoi frutti e permettendoci di superare, ci auguriamo, i periodi più bui, evitando un’ulteriore ripercussione“.
- “Tante realtà imprenditoriali sono passate da una connotazione “Artigianale”, piccola, ad essere marchi industriali, con grossi volumi produttivi e di affari. Marinella resta, a mio avviso, pur essendo un brand di lusso, un’impresa radicata sul territorio ed ancora creativa ed artigianale. E’ una scelta precisa o una necessità strategica?”
“E’ una scelta assolutamente precisa, perché noi cerchiamo di salvaguardare l’artigianato reale, vero, fatto da persone che hanno determinati know-how e che fanno questo lavoro da tanti, tanti anni, vantando un’esperienza unica. Il lavoro delle mani è qualcosa che si sta perdendo sempre di più, non solo appunto inerente al cucito ma anche relativo ad altre opere d’arte, chiamiamole così; forse erano considerati in passato dei lavori più umili, mentre oggi sono dei lavori preziosissimi. Trovare delle persone che abbiano le competenze per continuare questo mestiere è difficilissimo, poiché attualmente nessuno vuole intraprendere tali lavori. Sicuramente un pò la difficoltà di trovare persone competenti da un lato, dall’altro la volontà di rimanere sempre una bottega artigianale, non industrializzare come dei processi, ha reso determinante la scelta di rimanere con un laboratorio artigianale sempre molto piccolo ma che possa soddisfare le esigenze dei clienti”.
- “Marinella è simbolo non solo della tradizione sartoriale napoletana, di origini antiche e ricca di successi e splendori, che spesso ha seguito i modelli inglesi ma sempre con sue peculiarità, ma anche del lusso, della raffinatezza esclusiva. Un lusso che però non è mai ostentazione, eccesso, ma misurato e rigoroso. Sei d’accordo?”
“Grazie. Se parliamo di lusso fortunatamente nel corso degli anni questo concetto si è evoluto: mentre in passato il lusso era un qualcosa di estremamente costoso e inarrivabile dal punto di vista dell’onere di questo bene, oggi esso è dato dall’esclusività e dalla storia che vi è dietro il prodotto; quando parlo delle cravatte Marinella ma anche di tutti gli altri articoli cerco di non parlare mai di qualità, nonché del pregio di queste cravatte, piuttosto cerco di parlare della storia, di tutto il percorso che è stato fatto in centootto anni: siamo arrivati al collo di Capi di Stato, Presidenti Americani, dalla famiglia Kennedy in poi, attori, registi, persone di spicco che hanno indossato i nostri articoli. Questa storia è sicuramente ciò che oggi viene considerato lusso, qualcosa che va oltre l’economicità dell’aspetto, del bene in sé e per sé“.
- “Oscar Wilde diceva che “L’unico modo per farsi perdonare la troppa eleganza è l’essere sempre troppo educati”. Secondo te l’eleganza è un vizio, una virtù o un modo di essere?”
“E’ sicuramente un modo di essere, ma è chiaro che ognuno di noi vede l’eleganza anche come un piccolo vizio, e ogni tanto va assecondato; è chiaro che va assecondato senza eccedere, dunque restando sempre se stessi e senza mai mancare di rispetto alle persone”.
- “La moda, il gusto di massa, è qualcosa che riguarda l’omologazione culturale, lo stile è una scelta, un modo di essere, una valenza del proprio io. Un’altra differenza fra le due cose è che le mode passano, fagocitate da altre, lo stile resta. Marinella sarà sempre e per sempre icona di fashion, di stile nel mondo?”
“Me lo auguro, sicuramente, non direi mai che sicuramente resterà un’icona di fashion, ma di certo noi cercheremo di non essere reattivi e assecondare delle mode che come abbiamo detto sono abbastanza futili, e che quindi trovano una propria collocazione temporale; preferiamo cercare di mantenere un nostro stile, di farlo nel tempo, come abbiamo fatto in questi cento anni e come faremo anche nei futuri cento anni”.
- “Ci sono realtà che varcano i confini nazionali, permettendo alla nostra meravigliosa città di essere conosciuta ovunque, con le sue sfumature, i colori, l’azzurro che l’avvolge. Il marchio Marinella è una di queste, non ultima l’apertura dello store a Londra. Napoli però è fatta di luci ed ombre, giorno e notte, essendo la città più Eraclitea del mondo, in cui gli opposti sono presenti e inconciliabili. Tutto ciò ti ha creato qualche difficoltà nei posti in cui la tua azienda si è insediata?”
“Sicuramente la fortuna del brand la dobbiamo proprio alla nostra città: Napoli è una città folkloristica, una città ricca di luce, ricca di calore, di persone, di appunto quella magia che solo Partenope sa dare; Marinella ha semplicemente raccolto questa energia che cerchiamo di trasmettere e l’ha inserita all’interno dei prodotti che noi trasmettiamo all’esterno; questi prodotti che sono di certo innovativi dal punto di vista della comunicazione: in Inghilterra, ad esempio, noi siamo nati come importatori degli articoli inglesi, eppure adesso dall’inghilterra abbiamo esportato il nostro concetto, aprendo un negozio a Burlington Arcade. Napoli, come dicevamo, è composta anche da tante ombre, che tuttavia fanno parte della città, che purtroppo molto spesso giornalisti, testate, cercano di infamare; vi è anche chi deve portare alto il nome di Napoli, e noi ce la mettiamo tutta per farlo.
- “Qualcuno, ne conosco molti, non ama indossare cravatte, ma trova bellissime le creazioni di Marinella. Credi che la vostra produzione, anzi creazione, vada al di là del semplice indumento, sia un trascendens rispetto al semplice capo di abbigliamento?”
“Diciamo di si. Premesso che oggi è l’unico giorno che non indosso la cravatta, però è un’intervista inedita (ride, Ndr). Sicuramente la cravatta intesa come oggetto che va indossato per un’occasione lavorativa è un qualcosa che sta scemando; la cravatta intesa come articolo invece di cui andare fieri, da portare per sentirsi a proprio agio durante un determinato evento, o appunto come dicevamo non solo la cravatta, bensì portare un articolo, magari esageriamo, di Marinella in generale può trasmettere quell’emozione che noi cerchiamo di imprimere nei nostri prodotti”.
“Dunque, ricongiungendoci a ciò che hai appena detto, potremmo dire che la cravatta firmata Marinella è un pò l’eleganza che puoi concederti e che senti appartenerti, non in quanto status simbolo, oggetto di culto, ma raffinatezza, bellezza, gusto. E credo che su questo tu sia d’accordo con me”.
- “Tu rappresenti la quarta generazione dei Marinella, il tuo bisnonno iniziò l’attività nei primi anni del ‘900, e rivendicò fermamente il desiderio della territorialità del marchio, dell’essere realtà napoletana. Hai in mente innovazioni da portare all’impresa, non parlo di ammodernamenti, parola ambigua e retorica, ma di cambiamenti strutturali nella ricerca delle stoffe, nella produzione, nella comunicazione e nelle fette di mercato da scegliere?“
“Noi nel corso degli anni abbiamo creato una clientela affezionata, non solo ai nostri prodotti ma anche alla nostra famiglia, a ciò che siamo. Il mio obiettivo è quello di creare una nuova nicchia di mercato, una nuova clientela che possa essere affascinata da Marinella non solo per la tradizione, ma anche per l’innovazione che può portare. Sicuramente bisogna cercare di essere proattivi con l’innovazione di stoffe, di sete, o di fantasie che possano essere innovative e attuali. Uno dei temi più discussi ad oggi è quello della sostenibilità, se n’è parlato tanto e per fortuna siamo riusciti ad ideare la prima cravatta e i primi articoli composti dalla seta e dalla fibra d’arancia, riuscendo dunque a ricavare insieme ad un’azienda siciliana questo filato composto dalle bucce delle arance: lo abbiamo unito alla seta, lo abbiamo recuperato e abbiamo creato degli articoli che poi sono stati addirittura usati dal Ministro degli Esteri per presentarli a tutti gli altri Capi di Stato in occasione del G20 che si è tenuto poco tempo fa. E’ dunque un grandissimo onore per noi, abbiamo recuperato una nuova fetta di mercato con tutti coloro che credevano che Marinella non sarebbe stata innovativa, che non avrebbe recuperato questi nuovi tessuti, e stiamo intraprendendo appunto la strada della sostenibilità, oltre a tante altre innovazioni dal punto di vista tecnologico, ma che sicuramente dovranno essere lentamente impiantate all’interno dell’azienda per non snaturarla”.
- “L’eleganza è qualcosa che va oltre l’abbigliamento, rappresenta un modus vivendi, un’arte. Si manifesta nei gesti, nel modo di esprimersi, nel guardare gli altri, nel muoversi. Ci si può vestire bene, ma non essere comunque eleganti. Honoré de Balzac affermò che “Ricchi si diventa, eleganti si nasce”. Tu credi che effettivamente l’eleganza sia una dote, una virtù innata che caratterizza alcuni e a questa schiera di eletti appartengano sicuramente coloro che scelgono il brand da te rappresentato?“
“Sicuramente è un qualcosa di innato, l’eleganza è figlia di un’esigenza che ognuno di noi ha, ed è un’esigenza differente di persona in persona; dunque concordo con Honoré de Balzac. E’ chiaro che mi sento di dire che sono eleganti tutti coloro che indossano la cravatta Marinella, o che la cravatta Marinella renda eleganti le persone, ma è altrettanto evidente che più che la cravatta, l’elemento in sé e per sé è come ci si sente ad indossare un determinato capo d’abbigliamento. Ognuno ha una peculiarità che lo rende elegante o meno”.
- “Sono anni che la cravatta, pur essendo accessorio di culto, intramontabile, non è più indossata come negli anni d’oro. Vi è una tendenza al casual, se non alla sciatteria, oltre al fatto che in ambienti lavorativi in cui era d’obbligo non è più richiesta. Credi sia qualcosa di irreversibile o questo formidabile indumento maschile tornerà di moda in futuro?“
“Penso di si, perché come ci siamo detti le mode vanno e vengono quotidianamente; quella della cravatta è stata una moda per tantissimi anni, e come tutte le mode esiste un periodo in cui esse vengono meno, per poi tornare; si tratta di un qualcosa di ciclico, e sicuramente tornerà ad essere di nuovo in voga. E’ evidente, come dicevi, l’utilizzo dello streetwear, che dal mio punto di vista non condivido soprattutto per una questione di rispetto nei confronti del luogo in cui ci si trova: basti pensare al Teatro San Carlo, dove non è neanche più obbligatorio l’uso della cravatta. Ciò ha portato inevitabilmente a un decadimento dello stile sia maschile che femminile, e mi auguro che un pò come tutte le mode la cravatta torni in auge quanto prima”.
- “So che la maison Marinella non si occupa solo di moda ma agisce nel sociale, con aiuti ad ospedali e collabora con la Croce Rossa. Mi spieghi questa scelta così poco nota al pubblico ma meritevole di attenzione e stima?”
“La collaborazione con la Croce Rossa nacque nel 2020, ormai già due anni fa, poiché fui contattato da una ragazza che lavorava alla Croce Rossa, una volontaria che avevo conosciuto tanto tempo prima in un college in Inghilterra; lei mi aveva parlato appunto di questo progetto, dei sostegni che la Croce Rossa offriva (negli ultimi anni la Croce Rossa ha svolto un lavoro fondamentale). Essendovi una grandissima emergenza sanitaria ci siamo sentiti di dare il nostro supporto; come questo cerchiamo di dare altri contributi, al Santobono Pausilipon, alla Fondazione Umberto Veronesi, dunque tante, tante, tante attività. Stiamo svolgendo anche un’attività con Citrus, l’Orto Italiano, proprio per la prevenzione del cancro”.
- “Posso chiederti come è nata l’idea degli occhiali artigianali “TBD Eyewear”, tra l’altro bellissimi e che riscontro stanno avendo sul mercato, e come inoltre essi siano un esempio di eco-sostenibilità?”
“Gli occhiali li abbiamo realizzati in collaborazione con Fabio Attanasio, che è l’attuale CEO di TBD Eyewear, ed è stato grazie alla nostra amicizia ormai storica, siamo entrambi napoletani, che abbiamo svolto tante attività insieme: mentre eravamo in procinto di girare una puntata di un telefilm giapponese al negozio Marinella, lui mi raccontò di questa azienda che aveva lanciato e che produceva occhiali in bioacetato, con materiale quindi sostenibile, interamente fatti a mano da artigiani. Sostenibilità, artigianalità, che sono i pilastri su cui noi abbiamo sempre spinto, peraltro Fabio che è sicuramente molto influente nel campo della moda sia maschile che femminile ha permesso il successo a fronte di questa collaborazione. Difatti gli occhiali sono andati sold out non appena immessi sul mercato, e stiamo attendendo il riassortimento a breve”.
“Credo che questa sia una domanda che ti pongano in pochi, soprattutto i giornalisti: Tutti conoscono l’Alessandro imprenditore, ma nessuno ti conosce come uomo: quali sono le passioni di Alessandro una volta dismessi i panni del manager?”
“E’ infatti una domanda che in pochissimi mi fanno: io sono un semplice ragazzo di ventisei anni, comunque napoletano e che come tutti ha vissuto le sue esperienze, dal giocare a pallone in villa, al giocare a tennis con gli amici al Circolo del Tennis. Tra le mie passioni annovero senza ombra di dubbio la cucina, avrei voluto fare il cuoco ma quando mi sono reso conto che fare il cuoco non significa cucinare e divertirsi ma stare ore e ore in una cucina rovente, ho capito che la mia vocazione era quella del negozio; di certo la mia responsabilità, gestire un’azienda storica, non è un qualcosa di facile, e comporta tanti sacrifici, dal punto di vista relazionale, sia della vita privata, sia degli amici, sia della famiglia, perché si intraprendono tanti viaggi, tanti incontri di lavoro, che implicano rinunce; rinunce che però faccio molto volentieri, perché devo dare il massimo. Ho sicuramente iniziato a lavorare molto presto, e questo mi ha fatto “Invecchiare” prima caratterialmente, ma è naturale che resto sempre un ragazzo di ventisei anni che desidera ancora vivere la sua giovinezza, tanto è vero che sono felice di non aprire ancora il negozio alle sei di mattina, come invece fa mio padre, godendomi ancora un pò di vita privata“.
- “La scelta di non vivere al di fuori di Napoli è stata sempre radicata in te, affonda le radici in un ancestrale senso di appartenenza al territorio, oppure è emersa negli anni?“
“Io ho avuto la fortuna di viaggiare tanto, ho vissuto un anno a Londra, quindi ho visto tanto del mondo, benché ci sia ancora parecchio da vedere. E’ chiaro che molti amici con cui mi confronto e che studiano cercano dei lavori gratificanti alla luce dei sacrifici fatti; Napoli è una città che non offre molto dal punto di vista lavorativo, e molti la sentono come una città stretta per le loro ambizioni. Io non l’ho mai sentita stretta, anzi, sento dentro di me la volontà di portare Napoli sul tetto del mondo, e quindi cerco di spingere al massimo, di dare tutto me stesso affinché ciò si realizzi”.
- “Un’ultima domanda: tu sei un giovane uomo di successo, che credo sia una condizione molto appagante, potremmo dire, parafrasando una frase di Andreotti che “Il successo logora chi non ce l’ha”. Ma essere vincenti crea anche invidia, inimicizia e rancori. Qualcuno ha detto che ci sono tanti ad augurarti buona fortuna, ma poi ti voltano le spalle quando la raggiungi veramente. Che rapporto hai tu con il successo, e in che misura ti ha cambiato la vita? Quando si ha successo si è attorniati solo da opportunisti o si può contare su amici come un tempo?”
“Sicuramente ho avuto ed ho tuttora delle persone che si avvicinano a me per interesse; per fortuna io non mi reputo ancora un uomo di successo in senso lato: cerco di dare sempre il massimo e mi sento ancora all’inizio della mia carriera dal punto di vista lavorativo, pertanto il successo mi appare ancora come un miraggio lontano; quando percepisco astio da parte di altre persone cerco di ignorare e comunque di andare avanti tranquillamente. Ho percorso un pò di strada, spero di averlo fatto bene, ma credo fortemente, anzi sono sicuro che esistono ancora dei valori; sono circondato da poche persone che mi vogliono bene sinceramente e mi sento molto fortunato“.
Ed è proprio sulla scia del successo e del senso di onnipotenza tipico della giovinezza, che si conclude la nostra intervista.
Ad maiora, Alessandro, per il tuo radioso e trionfale futuro!