
Proprio mentre ai massimi livelli della sport nazionale di pedata si discute un po’ ottusamente sulla buona o cattiva opportunità di convocare calciatori oriundi, cioè calciatori nati all’estero ma aventi cittadinanza e passaporto italiano, nella nazionale maggiore, il parlamento italiano discute un disegno di legge che consente alle società sportive (e di conseguenza anche a quelle pedatorie) giovanili di tesserare minori stranieri (quindi non cittadini italiani) che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno d’età. In base alla proposta di legge presentata da ventinove parlamentari, il tesseramento resta valido anche dopo il diciottesimo anno d’età in attesa della regolarizzazione della condizione giuridica del ragazzo, vale a dire in attesa del completamento delle procedure per l’acquisizione della cittadinanza italiana.
La VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera, nonché la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del consiglio e degli interni) della Camera dei deputati e la Commissione parlamentare per le questioni regionali hanno espresso parere favorevole alla proposta di legge volta a favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia, riconducendo la disciplina dettata dal provvedimento all’ambito dei principi fondamentali dell’ordinamento sportivo. Un bel passo in avanti quindi verso la piena realizzazione della cosiddetta cittadinanza sportiva, direzione verso cui per prime si sono incamminate la federazione italiana hockey e quella pugilistica, che autonomamente già da qualche anno applicano lo ius soli nelle loro discipline. La buona proposta di legge, finalmente buona veramente e non solo nei giochi di parole del capo del governo, con primo firmatario l’onorevole Bruno Molea (non a caso nato a Tripoli, con un lungo impegno nello sport e nel terzo settore che gli è valso alte onorificenze da parte del CONI e un premio da parte dell’Ordine dei Cavalieri di Malta quale “procuratore di pace”) di Scelta Civica, partendo dai limiti tuttora esistenti per i minori di nazionalità non italiana che vogliono fare attività sportiva agonistica, e quindi dagli ostacoli che tali limiti determinano all’integrazione sociale dei ragazzi stranieri e alla stessa funzione sociale dello sport, vuole giungere ad una riforma della materia per adeguarla ai principi e alle regole che assicurano la piena tutela del minore che si trova nel territorio dello Stato anche se non cittadino italiano e anche se “irregolare”. La nuova legge dovrebbe pure alleggerire il lavoro delle famiglie dei minori stranieri e dei servizi sociali (nei casi di minori stranieri non accompagnati), che oggi sono obbligati a produrre una documentazione assurdamente pletorica per consentire l’attività sportiva dei ragazzi. Ad esempio, nel calcio giovanile bisogna presentare alla federazione regionale o provinciale di riferimento la seguente sfilza di documenti: la richiesta di tesseramento, il modulo previsto dalle norme federali, una dichiarazione in cui viene indicato se il calciatore sia mai stato tesserato all’estero firmata dal calciatore e dai genitori, il certificato di iscrizione scolastica in originale, il certificato di cittadinanza del calciatore, il certificato di nascita del calciatore se nato in Italia o documento equipollente che comprovi la data di nascita, una fotocopia del passaporto del calciatore o documento equipollente, una fotocopia del passaporto o documento equipollente identificativo dei genitori, un certificato contestuale di residenza e stato di famiglia del calciatore rilasciato dal Comune di residenza in originale, il permesso di soggiorno del calciatore e dei genitori, la documentazione comprovante l’attività di lavoro (dichiarazione del datore di lavoro certificata dall’Ente competente attestante la regolare assunzione) o di studio (certificato di iscrizione e di frequenza di corsi scolastici o assimilabili riconosciuti dalle competenti autorità); e ancora, per i minori che non sono in Italia insieme ai genitori la società sportiva deve allegare alla richiesta di tesseramento, oltre a molte delle carte precedenti, l’atto di affidamento disposto dal Tribunale dei minori e la prova che il calciatore è residente in Italia insieme al tutore nominato dallo stesso tribunale. Evidentemente un abnormità, un delirio burocrate che si frappone al semplice desiderio di ragazzi di giocare a pallone insieme ad altri ragazzi.
Tutti i partiti e gruppi parlamentari che si sono pronunciati sulla proposta di legge lo hanno fatto in termini positivi e così trovando la classica convergenza trasversale. In verità all’appello mancherebbe ancora il commento della lega nord e di Salvini, a cui forse sarà sfuggita la notizia…Al netto delle sempre possibili fanfaronate leghiste e del suo capo (e senza mai trascurare i “leghismi” di Beppe Grillo in fatti di immigrazione), il disegno di legge non dovrebbe incontrare ostacoli particolari, e lunedì 30 marzo comincerà il suo iter parlamentare vero e proprio.
Se poi la cittadinanza sportiva potrà fungere da primo passo verso la cittadinanza di tutti i diritti, se lo ius soli nello sport potrà essere la premessa dello ius soli nella vita di tutte le persone nate in Italia e segnatamente di quei ragazzi che completano un ciclo scolastico in Italia, la faccenda compete al parlamento. Da questo parlamento e soprattutto da questo governo che mai nella sua pur voluminosa agenda ha scritto qualcosa sui diritti civili e di cittadinanza, francamente non ci aspettiamo di più. Accontentiamoci di questa legge, per ora.