Settembre, riaprono le scuole.
Che succede in caso di infortunio a scuola?
Recentemente la Corte di Cassazione è tornata sul tema partendo dal caso di una ex alunna, che, diventata maggiorenne, aveva citato in giudizio la sua ex scuola, unitamente al Ministero dell’Istruzione e dell’Università della Ricerca per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un infortunio occorso durante una lezione di educazione fisica.
In particolare, durante l’ora di educazione fisica, su disposizione dell’insegnante, gli alunni dovevano giocare a rugby in palestra e durante uno scontro di gioco, la ragazza cadeva a terra, sbattendo la nuca contro il pavimento in cemento.
L’Infortunata invocava la responsabilità dell’istituto scolastico ai sensi degli artt. 1218 e 2048 cod. civ., in quanto i docenti, durante l’orario scolastico, avevano permesso agli alunni di fare un gioco oggettivamente pericoloso in un ambiente assolutamente inadatto, dal pavimento in cemento, senza prendere le dovute precauzioni.
La ragazza perdeva in primo grado ed in Appello, ma non si rassegnava e ricorreva in Cassazione.
Anche la Corte di Cassazione con l’ordinanza 20790/2024, pubblicata il 25 luglio, scorso ha dato torto all’originaria attrice rigettando il ricorso.
I Giudici della Suprema Corte hanno richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità della responsabilità della scuola ai sensi dell’art. 2048 c.c., in caso di infortunio sportivo subito da uno studente nel corso di una gara svoltasi all’interno della struttura scolastica nell’ora di educazione fisica, è necessario:.
a) che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente partecipante alla gara, il quale sussiste se l’atto dannoso sia posto in essere con un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato o con il contesto ambientale nel quale l’attività sportiva si svolge o con la qualità delle persone che vi partecipano, ovvero allo specifico scopo di ledere, anche se non in violazione delle regole dell’attività svolta, e non anche quando l’atto sia compiuto senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole della disciplina sportiva, né se, pur in presenza di una violazione delle regole dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto lesivo sia a questa funzionalmente connesso;
b) che la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee ad evitare il fatto.
Ne consegue che, hanno concluso i giudici della Corte di Cassazione, grava sullo studente l’onere di provare l’illecito commesso da un altro studente, mentre spetta alla scuola dimostrare l’inevitabilità del danno, nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto.
Non avendo, l’ex alunna, provato quanto di sua competenza, la domanda non poteva che essere rigettata.