Partiamo subito dalla risposta.
E’ lecito registrare una conversazione alla quale si partecipa: chi dialoga, infatti, accetta il rischio che la conversazione sia registrata.
La registrazione fonografica o video di un colloquio, anche telefonico, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe o comunque sia ammesso ad assistervi, è legittima secondo il codice di procedura penale anche se eseguita clandestinamente, cioè senza informare l’interlocutore della registrazione in corso.
Del resto, chi si rivolge ad un interlocutore si deve assumere le responsabilità di quel che dice.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione è infatti costante nel ritenere che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non sono tecnicamente delle “intercettazioni” e pertanto non devono autorizzate dall’Autorità Giudiziaria.
Inoltre, in questo caso, non si può invocare nemmeno la tutela della privacy, per sostenere la illegittimità dell’intercettazione (sia di una conversazione che di una telefonata) perché la riservatezza non opera quando è lo stesso titolare del relativo diritto a rinunciarvi, come nel caso in cui parli con altri.
Ne consegue che è sempre vietato reato registrare conversazioni alle quali NON si partecipa come ad es. nel caso di un registratore o una microcamera lasciata acceso in una stanza.
Fino ad ora abbiamo parlato di registrazione.
Passiamo invece ad analizzare la DIFFUSIONE delle registrazioni, che non è ammessa, senza il permesso di tutti i partecipanti, con delle eccezioni.
La diffusione senza autorizzazione è ammessa:
- per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, (civile e penale) rientrando nel novero delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 cod. civ., sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.
- per finalità giornalistica, qualora sussista l’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.
LA NOVITA’
Recentemente il Governo ha approvato un decreto legislativo con cui è stato introdotto, nel codice penale, un nuovo delitto: quello di «diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente». In particolare viene stabilito che pubblicare o diffondere conversazioni, incontri privati, registrazioni telefoniche o telematiche costituisce reato, qualora si agisca per arrecare danno all’altrui reputazione o immagine e viene punito con ben 4 anni di carcere; ciò però solo a condizione che il fine di chi agisce sia quello di danneggiare l’altrui reputazione o immagine
Quindi il reato non scatta in automatico, ma solo quando con la pubblicazione si crei un danno alla vittima.
Ad esempio scatta il reato di diffamazione quando si pubblica una conversazione privata allo scopo di deridere una persona a causa degli strafalcioni grammaticali che ha commesso.
Si danneggia invece il diritto alla privacy, invece, quando lo scopo della diffusione della conversazione sia quello di far conoscere a terzi fatti o dati personali come il numero di cellulare o lo stato di salute oppure i gusti sessuali di una persona.
Infine si lede il diritto all’immagine quando dalla pubblicazione di una conversazione dovesse, ad esempio, risultare visibile il volto della vittima (si pensi a una conversazione via Skype).
In tutti i casi siamo sempre nel penale e quindi prima di fare una bravata e pubblicare qualcosa vietato dalla Legge, sarebbe il caso di pensarci proprio bene.
E parafrasando il celeberrimo paragona di Bellavista memoria “sull’abbonamento completo da Natascia”, “due punti” è meglio un like in meno a casa propria oppure 1000 like in più, ma in una casa circondariale???