
Vincitrice, tra gli altri premi, del Fringe First Award for Writing Excellence, del The Stage Award for Acting Excellence e del Arches Brick Award for Emerging Act al Festival di Edinburgo nel 2012, dopo un esilarante tour europeo, con tappe a Copenhagen, Bristol, Berlino, Lugano, Glasgow e Londra, “La Merda” approda alla Galleria Toledo, a Napoli.
Scritto da Cristian Cerasoli e magistralmente interpretato da una poliedrica Silvia Gallerano, lo spettacolo offre come scenografia un solo sgabello, su cui è seduta la protagonista, nonché unica attrice, completamente nuda, truccata e pettinata con uno stile che ricorda la Lolita del film di Adrian Lyne. Il titolo “La Merda” è dedicato ai 150 anni dell’unità d’Italia; il parallelismo tra l’Italia di ieri e quella odierna è un punto cardine del monologo, che si snoda in una contrapposizione quasi “nevrotica” tra i valori del passato e quelli contemporanei.
Viene ricordato il coraggio dei mille che partirono per la spedizione; tra di loro c’era anche una donna, e la protagonista ci tiene a sottolinearlo, perché “senza di lei non sarebbero stati mille, ma 999”, quella donna ha fatto la differenza. “L’unione fa la forza”, dunque, o almeno era così nell’Italia di un tempo, o quando l’Italia ancora non esisteva, quando si combatteva con coraggio per la collettività, con le camicie rosse. Ma il mondo ora è cambiato: il coraggio e la forza oggi sono quelli di chi, come suo padre, si butta sotto un treno, da solo, il coraggio è quello di chi sa adeguarsi alla società, accettandone i compromessi, pur di conquistare la propria “libertà”. Le decisioni prese, dunque, anche se cariche di significato, sono solo scelte individuali. Il padre avrebbe voluto indossare la camicia rossa, ma ne aveva una blu, e stava andando allo stadio, quando ha deciso di suicidarsi.
La ragazza, poi, non ha nemmeno la forza di decidere per sé stessa, e non ha il coraggio di dire di no, in molte situazioni: alla società che cerca in tutti i modi di annientarla, lei si adegua, trovando infine, come unica alternativa, quella di mangiarne tutta la merda. Solo così potrà, nonostante l’handicap delle cosce corte, raggiungere il suo obiettivo, solo così riuscirà a diventare una donna “libera, come gli altri vogliono che sia”. L’unica collettività che si intravede nel mondo contemporaneo è quella degli sguardi altrui, quella che devi soddisfare, in nome della quale devi cambiare, a costo di privarti delle cosce.
A sottolineare la contrapposizione tra passato e presente ci sono i brevissimi intermezzi, cantati o recitati, dell’Inno d’Italia, e l’allegoria del “mangiare la merda”, ciò che è costretta a fare la protagonista dopo essersi gonfiata fino al punto di scoppiare. E in quella merda c’è tutto: la mozzarella scaduta, i binari, le sue cosce, la società, l’Italia. Dopo essersene liberata, decide di rimangiarsela, perché per essere come la società ci vuole, non possiamo far altro che inghiottire tutto, indistintamente: ingoiare, metabolizzare, espellere, e ingoiare di nuovo.
Una Silvia Gallerano come un torrente in piena, maestra nell’interpretare contemporaneamente più ruoli, grazie anche alla sua espressività senza confini. Tutto ciò accompagnato da luci ed effetti sonori gestiti in modo impeccabile.
Poi la luce cala, la voce si abbassa fino a scomparire. Scattano inarrestabili gli applausi: una delle poche occasioni in cui hanno vinto di gran lunga sulla censura.
In scena dal 10 al 12 ottobre 2014 alla Galleria Toledo, Napoli
Altre informazioni a questo link.