
Dopo una settimana di pausa, ritorna il solito appuntamento con le “Interviste di Nick“. La scorsa volta ci siamo ritrovati in compagnia della Band Metal milanese dei Kruna, mentre oggi riproponiamo un grande artista in solo: il cantautore e musicista Riccardo Gramazio, in arte Ricky Rage.
Nato nel 1986, sin da giovane da sfogo alla sua vena creativa tramite la musica, la scrittura e la poesia. Nel 2006 esordisce come chitarrista e compositore per la sua band, i WAY OUT. Il suo talento e il suo amore per l’arte vengono dimostrati non solo musicalmente, ma anche quando nel 2010 esce il suo primo romanzo e la sua prima raccolta di poesie. Lo scorso anno abbiamo recensito qui il suo precedente disco “Aspettando Ieri” e da pochissimo è uscito il suo nuovo album “Riflessi Spezzati“.
Oggi siamo qui invece per fare direttamente a Ricky alcune domande, per parlare del suo percorso artistico, del passato, presente e futuro:
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1) Come prima domanda, vorrei chiederti qualcosa sul tuo background artistico: com’è nato il tuo interesse e la tua passione per la musica e il suo mondo?
Ricky: Indole, credo sia questa la risposta più corretta. Il mio legame con la musica esiste da sempre. In età giovanissima poi, ai tempi delle medie, mi sono avvicinato alla chitarra e ho iniziato a strimpellare le prime cose mie. Da qualche parte dovrei avere ancora appunti e materiale del periodo. Per quanto riguarda l’ascolto vero e proprio, il primo amore è arrivato durante l’adolescenza e in pieno stile punk, tutta la scena californiana dei ‘90. Nel corso del tempo ho comunque collezionato e ascoltato migliaia di dischi, da Elvis ai Led Zeppelin, dai Beatles a Bob Dylan, giusto per citare qualcosa. Ho preso un po’ ovunque…
2) Come e quando è iniziata la tua attività compositiva?
Ricky: Le prime composizioni ufficiali, parlo di canzoni fatte e finite, sono arrivate intorno ai quindici anni. Tre accordi sparati a raffica, testi incazzati e melodie decise. Sì, una decina di brani molto vicini tra loro e con un tiro alla Ramones. Ricordo ancora qualche ritornello. Per quanto inediti, i brani del mio primo disco “Solamente Numeri” riprendevano e omaggiavano quelle idee. Ovvio, il mio modo di scrivere è cambiato anno dopo anno. Sono continuamente in evoluzione, ma sono contento di aver inciso un album di quel tipo. Lo dovevo a una scuola che mi ha dato tanto.
3) C’è qualche artista in particolare a cui ti rifai o che ti ha ispirato nel particolare?
Ricky: La lista è infinita, davvero. Ascolto di tutto e studio ogni tipo di genere musicale. Sono una vera e propria spugna. Come dicevo, tutte le forme possibili del punk hanno segnato profondamente il mio stile: Ramones, Clash, Nofx, Green Day, Offspring e via dicendo. In questo momento sto riascoltando i capolavori del grunge, i gioielli in studio dei Soundgarden, dei Pearl Jam o dei Nirvana. Insomma, la famosa scena di Seattle. Tutto materiale che conoscevo, ma che oggi sto analizzando con orecchio diverso, se vogliamo più esperto. Senza dubbio questi dischi ispireranno i miei prossimi pezzi. Adoro quel tipo di sonorità, la forza emotiva che sono in grado di sprigionare.
4) Quanto pensi che sia importante avere una forte identità musicale e come commenteresti la tua?
Ricky: L’identità musicale è importante, ma non deve per forza rappresentare un’etichetta facile. Sono generalmente contrario alle etichette. Io faccio musica rock, pop, indie, punk, psichedelica. Insomma, per quanto orecchiabile, è musica difficile da piazzare all’interno di un solo genere. I miei lavori sono tutti molto diversi, il sound generale è sempre diverso, la mia voce è sempre diversa. Sono sempre alla ricerca dei dettagli che possono aiutare la crescita: la scelta dei suoni, l’impostazione del timbro vocale, la stesura dei testi. Chiaramente l’esperienza è fondamentale, permette di sfruttare al meglio le potenzialità e di comprendere gli errori o i limiti del passato, tecnici e personali. Detto questo, credo comunque di avere un mio personalissimo stile, riscontrabile in ogni progetto. Amo comporre melodie forti e accattivanti, al servizio di testi intensi. Anche la semplicità generale degli arrangiamenti rappresenta bene il mio pensiero artistico. Queste sono senza dubbio le mie idee di base, quelle che mi contraddistinguono. Chiaro, l’ascoltatore tende a vedere sempre somiglianze più o meno nette tra te e altri artisti. A volte sono stato persino accostato a cantanti o a musicisti che mai ho ascoltato. Beh, ognuno è libero di dire e pensare ciò che vuole…
5) Qual è il tuo brano che pensi ti rappresenti di più?
Ricky: Non saprei. Sono molto onesto con me stesso quando scrivo canzoni. Ogni pezzo racconta ciò che sono in un determinato momento e ciò che vedo in un determinato momento. Spesso, riascoltandomi, mi accorgo di non pensarla più in questo o in quel modo. Spero sempre che qualcuno possa però vederci qualcosa di buono in un preciso istante della propria vita. Lo scopo della musica in fondo è quello di accompagnare le vite delle persone. Forse un brano che mette d’accordo tutti i miei momenti è “La memoria di ogni immagine”, dedicata alla nascita del mio primo figlio.
6) Parliamo del tuo ultimo album, “Riflessi Spezzati”. Come lo descriveresti?
Ricky: E’ un disco molto acustico e soft, con una parte centrale psichedelica e strumentale. L’ho scritto in un periodo buio e malinconico, ma non penso sia complessivamente triste. Senza dubbio è il mio disco migliore, il più intimo. Avevo bisogno di raccontare alcuni aspetti della mia esistenza, di ripercorrere alcune situazioni. Io e Patrik Matrone, chitarrista dei Will of Nothing e mio fedele compagno in studio, abbiamo lavorato duramente per ottenere il massimo da questa raccolta. Siamo riusciti nell’intento e credo che “Riflessi Spezzati” abbia la capacità di mettere d’accordo più o meno tutti. Sono orgoglioso di questa creatura, molto orgoglioso.
7) Cosa provi quando fai musica?
Ricky: Fare musica è per me un’esigenza, è come bere acqua per sopravvivere. Di conseguenza posso dire cosa provo quando non compongo: brutte sensazioni.
8) C’è qualche artista con cui ti piacerebbe o vorresti avere l’onore di collaborare?
Ricky: Collaborare con Patrik è già tanta roba, ve lo assicuro. Lui è un grandissimo artista oltre che un amico. In più sto lavorando con altri amici musicisti per la realizzazione di qualche brano. Uscendo però dall’underground e con il potere del sogno, mi piacerebbe chiacchierare con Dave Grohl, una figura che stimo tantissimo e che mi trasmette positività. Ma sì, strimpellerei anche con Bruce Springsteen!
9) Accanto alla tua attività da musicista vi è anche quella di scrittore e poeta. Come gestisci e come si intrecciano tra di loro queste passioni e questi due mondi?
Ricky: E’ dura, durissima. La vita è piena di casini e il tempo è sempre poco. Spero prima o poi di potermi dedicare solo alle mie passioni, tutte, nessuna esclusa. A volte, per comunicare, ho bisogno della musica, a volte della prosa di un romanzo e a volte di versi poetici. In base all’input so quasi sempre che mezzi utilizzare. Ora sono in piena fase musicale.
10) Cosa puoi dirmi sui tuoi progetti futuri? E che vette vorresti raggiungere?
Ricky: A settembre inizierò un nuovo romanzo, vedremo cosa saprò fare. Sicuramente scriverò e inciderò nuovi brani. Non so ancora cosa voglia dire crisi artistica e nemmeno ho intenzione di scoprirlo. Vette? Io vorrei solo arrivare a tante persone e magari ricevere il giusto supporto. Niente di più e niente di meno.
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Per concludere, ecco uno dei brani tratto dall’ultimo album, Riflessi Spezzati: “Vecchio Clown”.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=zzX2wwIHnSI&w=560&h=315]