
Lo spettacolo “L’avaro immaginario“, (in scena al Teatro Sannazzaro fino al 26 gennaio) è un affascinante incontro tra il genio di Molière e l’estro contemporaneo di Enzo Decaro, che ne firma la regia e interpreta il protagonista. Ispirato alla grande tradizione della commedia francese, questo adattamento restituisce con vitalità l’immortalità dell’autore, che continua a risuonare nel tempo con la sua acuta satira sociale e le dinamiche universali dei suoi personaggi.
La trama si sviluppa in un atto unico suddiviso in sette quadri, prologo ed epilogo, e segue il viaggio immaginario del teatrante Oreste Bruno, nipote di Giordano Bruno (la cui parentela con il filosofo risulta per lui una spada di Damocle) e della sua famiglia da Nola, alla scoperta delle sfaccettature della società francese del Seicento: Decaro riesce ad intrecciare il contesto storico-politico dell’epoca in una riflessione sul presente, trovando spunti inediti che rivelano la sorprendente attualità del teatro di Molière; in questo senso, l’approccio alla messa in scena ricorda quella lunga riflessione che i De Filippo hanno avuto nei confronti del grande autore francese, declinando la sua opera attraverso la propria visione e il proprio vissuto.
Uno degli aspetti più affascinanti di “L’avaro immaginario” è l’intreccio tra la tradizione culturale francese e quella napoletana, rappresentata nel personaggio di Pulcinella che si tramuta in Scaramouche, un simbolo della commedia dell’arte, un anello di congiunzione tra le due realtà. Questo dialogo tra le tradizioni, che trova nel viaggio della compagnia il suo filo conduttore, arricchisce lo spettacolo di una molteplicità di suggestioni: l’opera rispecchia questa sinergia, con i personaggi che, pur nella loro povertà e precarietà, mostrano una grande passione per il teatro, alimentata da una genuina umanità.
La performance degli attori è di altissimo livello: Nunzia Schiano offre una caratterizzazione impeccabile del suo personaggio, alternando momenti di esilarante comicità a tratti di intensa malinconia, come da sua consuetudine; Enzo Decaro, protagonista indiscusso, riesce a dar vita a un personaggio che incarna i conflitti tra sogno e realtà, scrivendo lettere a Molière che non verranno mai spedite, ma che diventano il mezzo per svelare la società del Seicento e l’animo di chi la vive. La riflessione personale che porta in scena il suo Oreste Bruno è tanto sincera quanto ricca di spunti metafisici, impreziosita dalla sottile eredità dello zio Giordano Bruno, che aleggia come un’ombra silenziosa sul testo. Magistrale l’interpretazione di tutti gli attori: (In O.A.) Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano, Fabiana Russo, Ingrid Sansone.

In foto, da sinistra: Roberto Fiorentino, Carlo di Maio, Massimo Pagano, Nunzia Schiano, Enzo Decaro e Ingrid Sansone.
La regia di Decaro à caratterizzata da eleganza e da una cura maniacale dei dettagli, arricchita da una serie di effetti scenici e intermezzi che catturano l’attenzione senza mai appesantire il ritmo della narrazione. La scena di Luigi Ferrigno, con il carretto dei comici che accompagna ogni quadro, è perfettamente funzionale e contribuisce a sottolineare il movimento e la dinamicità del racconto. Le musiche di Nino Rota, tratte da “Le Molière immaginarie“, unite a canzoni popolari e villanelle, sono un complemento armonico che conferisce ulteriore lustro alla composizione, accompagnando le peripezie della compagnia con dolcezza e ironia.
Ottimi anche i costumi di Ilaria Carannante, che restituiscono fedelmente l’atmosfera dell’epoca, e le luci di Luigi Della Monica, che esaltano ogni singolo momento della rappresentazione, conferendo profondità e intensità visiva.
In definitiva, ” L’avaro immaginario” è un affresco teatrale ricco di emozioni, un gioco metateatrale che sa alternare il comico e il tragico con grande maestria, regalando al pubblico una visione intensa e contemporanea di Molière. La forza di questo spettacolo risiede nella sua capacità di saper restare fedele alla tradizione pur rinnovandola, con un linguaggio che sa ancora sorprendere e commuovere.