Qualcuno ha scritto che “I nostri atti ci seguono“, e forse pensava ad un parziale risarcimento per quanto, durante la nostra vicenda umana, riusciamo a dare o a fare.
Credo che anche i ricordi facciano la stessa cosa. Anche se sbiaditi, vaghi, lontanissimi, essi ci rincorrono, come frammenti di vita cosparsi qua e là. Come lampi che squarciano il buio all’improvviso per riconsegnarci ad un passato sempre prossimo e mai trascorso del tutto.
Sono visi, stagioni, amori, inquietudini, dolori. Pieni del loro essere, immutabili e uguali a se stessi. Non modificabili, non soggetti alle bizze della fantasia o alle costruzioni del desiderio. Sono quello che è stato: niente di più e niente di meno.
“Pace per le parole che m’inseguono” recitava un verso di una poesia di Neruda. E in questa invocazione c’è la triste consapevolezza che tante cose, tanti interrogativi, tante vicende, anche del passato, continuano a rimanere vivi nella nostra coscienza.
Perché tanti ricordi sono dolorosi e riaprono ferite mai completamente rimarginate. E altri, invece, sono gioiosi e ci riportano a qualche estate felice, a un piccolo amore tenero che finì appena sbocciato, a un regalo che ci riempì il cuore di gioia, a quando stupimmo tutti perché eravamo veramente bravi e l’insegnante ci guardava con ammirazione, ad un incontro che ha deciso il nostro destino, ad un figlio che nasce perpetuando il miracolo della vita che dona la vita.
E’ vero, dopo si sarà più vecchi, ex adolescenti nei panni smarriti di giovani uomini e giovani donne, nella cultura e in un corpo che sviluppò se stesso, lasciando forme bambine e incompiute per trasformarsi ogni giorno.
Un giorno, forse, parlando ai propri bambini, gli si racconterà di un periodo felice, di quando si aveva la tracolla colma di libri ed il cuore aperto al mondo e al futuro. Dei progetti di allora, del voler crescere ad ogni costo e in fretta, del desiderio di voler scappare da tutto: dalla famiglia, dalla scuola, dall’adolescenza.
Si parlerà loro con lo stesso trasporto nell’esplorare se stessi e la vita, con la stessa tenera preoccupazione di trasmettere ricordi e con essi passioni, nozioni e con esse cultura.
In fondo, gli verrà detto, siamo irrimediabilmente umani, fragili e pieni di rimpianti, pronti a esaltarci o a rimanere disillusi, a combattere le piccole grandi battaglie della vita sorretti dalla volontà, a riandare al come eravamo aiutati dai ricordi.
Gli verrà insegnato che la nostra ragione è la nostra delizia e la nostra condanna insieme, perché ci rende grandi e unici fra gli esseri ma nello stesso tempo ci spinge ad interrogarci su noi stessi e sul nostro destino.
Gli verrà enunciata quella verità che solo allora sarà chiara veramente, perché avrà il peso solenne di una rivelazione: capire quanto le cose o le persone siano importanti solo quando sono irrimediabilmente perdute.