Arrivano le feste natalizie, i pranzi pantagruelici e le vacanze.
Unendo i puntini, se proprio tutto dovesse andare male, quali sono i diritti del turista in vacanza che ha una intossicazione alimentare?
E come si configura il danno da vacanza rovinata?
Andiamo per ordine.
Ai sensi dell’art. 42 codice del turismo, l’organizzatore è responsabile per l’esecuzione dei servizi i turistici che offre.
Quindi, se nel pacchetto turistico, oltre al pernottamento, è compresa anche la somministrazione di cibi e bevande, l ‘organizzatore sarà tenuto al rispetto delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza in tema di corretta conservazione dei cibi, disciplinate dal Regolamento CE 852/04.
Ne consegue che, in caso di una intossicazione alimentare contratta dal turista durante il suo soggiorno in una struttura alberghiera, il danneggiato potrà richiedere all’organizzatore il completo ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti.
Dovrà dimostrare di essere stato ospite della struttura, di aver ingerito un cibo somministrato dall’organizzatore e che ci sia un nesso di causalità fra l’alimento alterato e la sua intossicazione, con consequenziale pregiudizio sul resto della vacanza.
Assolto l’onere della prova, il turista potrà richiedere il risarcimento dei danni patrimoniali, equivalente al rimborso del prezzo pagato per i giorni di vacanza non goduti a causa dell’intossicazione e il rimborso delle spese sanitarie sostenute per la diagnosi e la cura
Ma non solo.
Il danneggiato potrà rivendicare anche il danno non patrimoniale, disciplinato dall’articolo 46 del codice del turismo e più comunemente detto “danno da vacanza rovinata“, cioè lo stress-psicofisico determinato dall’inadempimento dell’organizzatore, che ha rovinato la vacanza del viaggiatore-turista, inteso quale momento irripetibile di svago e di riposo e che sarà liquidato in via equitativa dal Giudice, tenendo conto dell’entità della sofferenza che il danneggiato riuscirà a provare.
Consiglio finale: per non intossicarti (in tutti i sensi) il Natale butta un occhio al piatto e l’altro in cucina.