
Scrivere, è annerire una pagina bianca; fare teatro, è illuminare una scatola nera. Tuttavia, di luci che illuminano il palcoscenico ne son rimaste ben poche: spettrali ed agghiaccianti le immagini dei foyers vuoti, delle platee deserte, dei sipari calati, testimoni di una realtà spietata che da un anno ha preso il sopravvento; il settore artistico è stato uno dei più colpiti dalla crisi economica causata dal Covid 19, trascinando alla deriva tutti i membri dei vari comparti.
D’altro canto il teatro rappresenta una grande famiglia i cui componenti sono pronti ad aiutarsi a vicenda, un perfetto connubio di ceselli e talento, ragion per cui i lavoratori non hanno ritenuto opportuno restare “Dietro le quinte“, entrando in scena e protestando attivamente all’esterno del Teatro Mercadante di Napoli :”Soltanto un atto di coraggio può accendere i riflettori sulla nostra condizione“, hanno dichiarato con ardore gli spiriti ribelli fuori ad uno dei luoghi simbolo della cultura classica :”Abbiamo deciso di partire da qui per l’attenzione ricevuta giorni fa dal direttore del Teatro, mostratosi sensibile al nostro disagio. Pertanto invitiamo Roberto Andò e tutti i lavoratori del Teatro di Napoli ad un confronto pubblico e ad esprimerci la loro solidarietà, come accaduto al Teatro Verdi di Padova ed in altre nazioni europee.
Siamo divenuti vittime di una vera e propria guerra tra i poveri, assistendo al declino della cultura ed al conseguente tramonto delle opportunità lavorative.
Siamo da un anno privi di un salario, chi non possedeva entrate sufficienti non sapeva come tirare avanti. I sussidi economici giunti a seguito dello scoppio della pandemia non sono bastati a coprire le spese ed a garantire una stabilità economica, definendo chiara l’identità di classe di chi sta pagando il prezzo di questa crisi.
Non è stato stilato alcun protocollo volto ad attuare misure di sicurezza nei luoghi della cultura quali teatri e cinema, e mentre il virus si diffondeva nelle corsie degli ospedali la chiusura tout-court di specifici settori veniva vista come il solo paracadute disponibile per evitare il baratro.
I bonus distribuiti sempre al ribasso sono stati una mossa da baciapile per tutti coloro che in dodici mesi hanno ipotecato anni di lavoro, a fronte dei milioni di euro regalati ad enti e fondazioni: recente la notizia che la Fondazione Lirico Sinfonica San Carlo ha deciso di attivare la cassa integrazione per 320 persone, dopo aver percepito l’intero ammontare dei fondi pubblici ad esso destinati.
Non possiamo continuare ad imboccare la strada della prevenzione, piuttosto è opportuno un cambio di rotta partendo dall’autorganizzazione dal basso di lavoratrici e lavoratori di tanti settori.
Il nostro gesto deve diventare un segnale palese ed inequivocabile, la tessera di un mosaico il cui incastro perfetto include riders, universitari, disoccupati della scuola, studenti delle accademie.
Esprimiamo tutta la nostra vicinanza a chi continua a lottare a muso duro. Lo facciamo per riprenderci la dignità del lavoro, per non dover elemosinare spazi di confronto, per riavere ciò di cui duramente siamo stati privati troppo a lungo, ovvero tutele uniformanti per le figure professionali presenti nel nostro comparto.
Invitiamo tutti i settori in lotta, venerdi 26 marzo, giornata di mobilitazione nazionale dei riders e della scuola, ad unire le forze fuori il Teatro Mercadante, per lanciare un messaggio di coesione di tutto il mondo del lavoro precario.
Crediamo sia opportuno affermare che gli anni 2020 e 2021 siano considerati per intero come anni di contribuzione figurativa per tutte le lavoratrici ed i lavoratori del comparto; progettare misure economiche e non inerenti ai protocolli di sicurezza, per far ripartire il settore; attuare un tavolo di discussioni tra lavoratrici e lavoratori e Ministero del Lavoro; oltrepassare l’impasse legato al sistema dei bonus, attuando una riforma totale del settore che tuteli non solo grandi enti e aziende ma anche e soprattutto le piccole realtà che si occupano di spettacolo e cultura.