I nostri atti ci seguono… Il titolo del libro di Paul Bourget, potrebbe riassumere in modo emblematico “Il compleanno“, la pièce di Harold Pinter, geniale, bizzarro, e a suo modo crudele autore teatrale. L’uomo è responsabile delle sue azioni, sceglie e agisce secondo calcoli, ragionamenti, paure, fedi, a volte costrizioni, ma deve pagare lo scatto del peso di ciò che ha compiuto. Un atto, una volta che si concretizza per nostra volontà, ci segue, insieme a tutto ciò che comporta. Prima o poi arriva per tutti, secondo Bourget, la resa dei conti con la vita e non è possibile fuggire dal proprio passato, specialmente se cupo e drammatico.
Stanley Weber (interpretato da un magistrale Alessandro Averone, emblematico nel ruolo di un’anima dannata alla ricerca di libertà) è un uomo solo, che fugge, inseguito da un’organizzazione mafiosa, ma soprattutto dai fantasmi che si agitano nei meandri della sua coscienza. Viene accolto da una coppia di tranquilli coniugi sulla sessantina, Meg e Petey (nei cui ruoli si sono intercalati i bravissimi Maddalena Crippa e Fernando Maraghini), nella loro pensione vicino al mare. La sua vita si complica con l’arrivo di Goldberg e Mc Cann (rispettivamente Gianluigi Fogacci e Alessandro Sampaoli), due stranieri che sembrano conoscerlo e cominciano a martirizzarlo, a spingerlo al limite di ogni sopportazione, con interrogatori, derisioni, allusioni.
Lo trascinano in un abisso di subumanità, fino a ridurlo in uno stato catatonico. Sono i suoi torturatori, coloro che fanno a pezzi la sua anima corrosa dalla colpa, mettendolo di fronte alle sue responsabilità, divorando ogni centimetro della sua personalità.
Siamo a Bourget: ogni gesto, ogni scelta richiede un costo, un fio da pagare. Se fuggi le colpe ti inseguono fino a metterti al muro.
Nel giorno del suo compleanno Stanley verrà portato ad arrendersi, sarà “Riadattato, convertito.”. Sembra di assistere al capolavoro di Kubrick “Arancia meccanica“: nel mondo ognuno ha le sue colpe e le sue bestie che lo divorano; affiorano miserie umane, prevaricazioni, claustrofobie ambientali, minacce che aleggiano in un ambiente apparentemente calmo e conformista, ipocrita e piccolo borghese.
Si respira il teatro dell’assurdo di Beckett, Ionesco, ma soprattutto Kafka, che nella sua “Metamorfosi” offre un’allegoria della alienazione dell’uomo moderno all’interno della famiglia e della società, che si traduce nell’isolamento del “diverso” e nell’incomunicabilità con i propri simili.
L’enfer, c’est les autres“, recita una delle massime di Jean-Paul Sartre, letteralmente “L’inferno sono gli altri”, con chiaro accenno ad una visione pessimistica della comunanza, dal momento che è la percezione altrui a definirci. Il filosofo è convinto che le persone chiuse in una stanza guardino verso gli altri considerandoli un inferno, malgrado la condizione umana renda tutti inesorabilmente vulnerabili: Stanley, di una fragilità disarmante, è l’unico che pare ribellarsi all’ipocrisia che lo circonda, in cerca di un’autenticità di fatto inattingibile, di una realtà scomoda ed oltremodo ingannevole, di cui i primi ad essere artefici sono proprio Meg e Petey, i quali scandiscono le loro giornate tra rituali sterili e monotonia dilagante, apprezzando il meteo laddove non vi è motivo di apprezzarlo, o le notizie di giornale perennemente liete anche quando sono pessime.
L’angoscia e l’orrore serviti in una rappresentazione sublime e fuori dagli schemi.
Lo spettacolo è in scena al Teatro Sannazzaro dal 02 dicembre al 4 dicembre 2022, per poi proseguire la tournée a Trieste, Venezia, Bologna, Roma, Torino e Genova.