
La fotografia del bambino siriano di tre anni morto annegato nel mare di Turchia, con il volto nella sabbia e ancora vestito con i suoi abiti e le sue scarpine, ha fatto il giro del mondo in pochi minuti e non vogliamo mostrarla anche noi. Speculare, come alcuni stanno speculando, su quell’immagine agghiacciante è prova di squallore, in qualsiasi settore quello squallore venga smerciato (comunicativo, informativo, politico). Pure è vero che quella foto sta producendo l’effetto di scuotere le viscere, come scosse le viscere nel 1972 la fotografia dei cinque bambini vietnamiti terrorizzati in fuga dal loro villaggio bombardato in mezzo alla camminata indifferente dei marines americani, di abbassare finalmente i livelli di cinismo di fronte alla sventura di un popolo in fuga dalla guerra verso una terra qualsiasi. Forse l’unico fatto da dire è che quella foto è lo specchio spietato della nostra cattiva coscienza, la coscienza del mondo ricco e bolso che ancora non si accorge del dramma epocale di popoli che stanno chiedendo all’Europa salvezza e rifugio, un posto anche per loro in quel mondo ricco e bolso che tanto ci piace e tanto facciamo per farlo piacere anche agli altri. L’Africa, l’Asia e tutte le regioni del mondo altro (altro dall’Occidente americano ed europeo) sono bombardate dalle immagini delle nostre pubblicità di benessere e di culi al vento elevati a simbolo di civiltà, marchette di marketing come niente potrebbe riuscire più provocante. Poi ci sono le regioni bombardate non dalle immagini accattivanti ma proprio dalle bombe, quasi sempre fabbricate da mani occidentali e spesso lanciate da mani occidentali (guerra in Siria, quale esempio migliore?!). Allora vogliamo continuare a dire che nulla facciamo per fare arrivare da noi le schiere di uomini e donne che stanno arrivando? Vogliamo continuare nelle menzogne che raccontiamo a noi stessi per giustificare la nostra impreparazione e la nostra indifferenza? Potremmo anche, ma non senza ammantarci di ridicolo. A questo punto, allora, il ridicolo sarebbe opportuno lasciarlo a quei latratori politici e a quei governanti meschini che decidono di edificare muri fra sé e quelli, cioè fra sé e la ragione. Basterebbe solo un quarto d’ora di ragione per arrivare a capire che la migrazione di popoli affamati e atterriti non può fermarsi con un muro, non si arresta con la violenza e non si spiega con le facili analisi (comprese le nostre). Quel che è certo, invece, riguarda il resto della questione, la contingenza storica ed economica dicono gli studiosi, ossia il momento attuale che impone decisioni urgenti e razionali. Razionali sta (anche) per efficaci, e l’efficacia non può prescindere dalla volontà disperata di quegli uomini e donne disposti a tutto pur di entrare in un luogo dove poter mangiare tutti i giorni senza preoccuparsi di una qualche assurda bomba sul tetto. Ebbene l’Europa, o almeno il suo Paese più “importante”, la Germania, sembra finalmente aver capito l’indispensabilità di coltivare l’efficacia della decisione, forse il buon senso, e non più la paura. L’Italia invero ha tentato prima della Germania di fare quello che i governi sarebbero chiamati a fare, governare processi complessi, ma nel processo di affrancamento dalla paura dei migranti, magari per ragioni pratiche e geografiche più che per reale convinzione, l’Italia ha comunque studiato prima degli altri Paesi comunitari la necessità di offrire una risposta più o meno efficace alla speranza dei ragazzi africani approdanti a Lampedusa al termine del viaggio più infame che potessero immaginare. Un’accoglienza troppo presto mortificata dall’assenza di politiche di integrazione, ma questa è ancora altra faccenda.
Adesso la Germania, guidata dalla inflessibile Angela Merkel (la cancelliera solo qualche giorno fa ha fatto piangere di delusione una bambina palestinese che le chiedeva asilo), ha deciso di ospitare cinquecentomila profughi siriani. Che la Merkel sia stata intenerita dalle manifestazioni spontanee e dalle opere di solidarietà di tanti cittadini tedeschi francamente stentiamo a crederlo. Inoltre fa (mal)pensare la circostanza che la Germania abbia preso questa decisione solo quando la Commissione Europea ha chiesto di muoversi, solo qualche giorno prima della definizione del piano d’azione per affrontare la crisi umanitaria in corso. Fin quando era l’Italia a chiedere collaborazione agli altri Paesi, soprattutto a quelli più ricchi, la risposta era il silenzio, tutt’al più un’infastidita presa di tempo; quando la Commissione sta per pronunciarsi (e quando la Commissione si pronuncia, è cassazione) e per coinvolgere razionalmente nell’azione diversi Stati dell’Unione (Germania, Francia, Spagna, Italia, Polonia, Olanda, Romania, Belgio, Austria, Portogallo, Repubblica Ceca e Slovacchia. Esonerati l’Ungheria, che ormai ha deciso di proseguire nella costruzione del muro ai confini con la Serbia – la chiameranno muraglia ungherese? – e i Paesi scandinavi), la Merkel gioca d’anticipo e si offre per accogliere tutti i siriani. Solo i siriani però, mica i nigeriani o gli eritrei. La distribuzione imposta dalla Commissione dovrebbe riguardare non più del 36% dei migranti giunti in Italia, Grecia e Ungheria. Per gli altri non si sa.
La Merkel ovviamente ha le sue ottime ragioni economiche per volere in Germania i siriani, un po’ come accadde con i tedeschi dell’est dopo la fine del mondo al di là del muro, quando l’annessione della DDR si tramutò in grande affare per le casse del governo tedesco dell’ovest e per la ripresa delle sue maggiori aziende. Cionondimeno l’immagine della Merkel e della Germania si stanno colorando di una opportuna verniciata di umanità, di cui avevano tanto bisogno dopo lo spoliazione della Grecia. I siriani sono quasi tutti “giovani, ben istruiti e molto motivati: esattamente ciò di cui abbiamo bisogno” sono parole di Dieter Zetsche, capo della DAIMLER AG colosso metalmeccanico tedesco, quindi gente pronta per salire sulla locomotiva tedesca che ha molti posti liberi per lavoratori qualificati (o facilmente qualificabili), svecchianti la forza lavoro e magari pure disponibili a prendere salari e stipendi contenuti. Insomma la “Anghela” sta facendo gli interessi del suo Paese, o meglio, delle alte sfere della finanza e dell’industria del suo Paese, ma sta lì per quello…
La Germania, a dirla tutta, non è la principale responsabile dell’esodo del popolo siriano, la coscienza molto più sporca hanno Francia e Inghilterra che, dopo aver già fatto la bella impresa di cancellare un Paese, la Libia, sembrano essersi messe in testa di cancellarne un altro, la Siria appunto. E i governi francese e inglese hanno pure adottato misure drastiche per impedire nei loro territori gli ingressi dei profughi, siriani e di qualsiasi altra nazionalità. Le due più antiche democrazie europee non stanno facendo una buona figura. A voler essere malpensanti, sembrano ancora avere e assecondare retaggi di colonialismo.
La Germania è pur sempre fra i principali promotori del criminale embargo contro la Siria del despota Assad; un embargo che, come tutti gli embarghi, finisce per ridurre alla fame il popolo, non certo il dittatore. Prima li riduci alla fame e li costringi a scappare, poi li accogli e li fai lavorare per te. Tale sembrerebbe la tattica governativa tedesca, ma per il momento nessuno ha proposto di meglio.
Sul fronte politico italiano solite beghe. Il papa francescano durante l’angelus domenicale ha fatto una richiesta molto impegnativa alle famiglie cattoliche, ospitare i migranti. Sappiamo che il papa francescano spesso parla alle famiglie cattoliche perché i vescovi e i preti cattolici intendano. I vescovi e i preti hanno inteso, e non pochi devono essersi rovinati il ragù della domenica. Qualche parrocchia si sta attivando per ospitare i migranti, anche in Campania.