Dopo i successi registrati a New York con l’elezione di Mamdanie il trionfo delle governatrici in Virginia e nel New Jersey, i democratici conquistano anche Miami, storico fortino repubblicano. Eileen Higgins, prima donna e prima non ispanica dopo trent’anni, con il 59% delle preferenze, è la nuova sindaca, battendo al ballottaggio il repubblicano Emilio T. Gonzalez, candidato di Trump.
“Stasera, la gente di Miami ha fatto la storia. Insieme ci siamo lasciati alle spalle anni di caos e corruzione e abbiamo aperto la porta a una nuova era per la nostra città, caratterizzata da una leadership etica, responsabile e incentrata su risultati concreti per la nostra gente“.
Così la Higgins, all’indomani della vittoria, rilancia il suo programma elettorale, come quello di Mamdani basato su politiche di intervento in favore delle fasce a basso reddito e dei migranti, significativamente presenti in Florida e a Miami, sui quali si è maggiormente abbattuta la scure delle politiche restrittive del Presidente Trump.
Questa vittoria si inserisce in un nuovo trend che sembra voler confermare il cambiamento nelle intenzioni di voto degli americani, insoddisfatti per l’alto costo della vita dovuto all’aumento dei prezzi per effetto dei dazi sulle merci straniere e per la stagnazione del mondo del lavoro.
Incrociando questi dati con i risultati dei più recenti sondaggi pare emergere con chiarezza il fil rouge che lega le recenti sconfitte dei repubblicani: il fallimento della politica economica trumpiana e l’impoverimento generale della popolazione americana che chiede sempre di più politiche di sostegno con l’aumento del salario minimo, nuovi sussidi, controllo dei prezzi degli affitti e soprattutto dei generi di prima necessità. Temi questi un tempo definiti progressisti ma che oggi raccolgono un consenso trasversale, specchio di un progressivo impoverimento della società americana.
Ma se sul piano interno la politica governativa sembra perdere velocemente consensi, la situazione non sembra migliore in politica estera dove è svanita illusione di una nuova era di pace dopo il fallimento nella questione Ucraina, palestinese e nei rapporti con i paesi dell’America latina.
Così, con il tasso di approvazione del presidente ormai sceso al 38%, gli Stati Uniti si avvicinano alle elezioni di medio termine del 2026.
