
Il governo Conte va avanti per una manciata di voti, ottiene la fiducia con 156 si, 140 no e 16 astenuti e lo spettacolo a cui ci tocca assistere è dei più deprimenti. Bagarre prima del risultato, uno dei senatori Ciampolillo che chiede di votare dopo la chiusura proclamata delle votazioni.
Salvini, non so quanto amorevole, che riferendosi ai senatori a vita pronuncia la frase “O non muoiono mai o muoiono troppo tardi”. Renzi ha innescato la crisi con la sua astensione, opposizione al Governo e dopo è stato un cercare di sopravvivere a se stessi, aggrappandosi a qualche vecchia cariatide voltagabbana (Basti pensare a Clemente Mastella) o cercando nuovi adepti tra le file del suo stesso partito (Renzi) o tra altre formazioni. Non si assisteva a tanto dall’epoca di Scilipoti, il senatore di IDV che nel 2010 lasciò Antonino Di Pietro per “salvare” Berlusconi e il suo governo. Giuseppe Conte a mio avviso, con questi numeri non potrà governare e la sua maggioranza sarà minoranza in ogni Commissione parlamentare. L’avvocato dai modi gentili e mansueti si è dimostrato il più accreditato erede del trasformismo di cui l’Italia vanta una tradizione centenaria. Leader buono per tutte le stagioni e per ogni schieramento, dai leghisti ai Cinque Stelle fino agli ex comunisti e Pietro Grasso.
Egli si è trovato ad operare in un momento di assoluta emergenza, come forse non si era mai vissuta negli ultimi cinquant’anni, vale a dire dal dopoguerra in poi.
Emergenza sanitaria, crisi economica, sfaldamento sociale, nuova povertà. Il suo errore è stato quello di voler cavalcare questa straordinarietà per imporre scelte e decreti, di non capire che solo guardando oltre la contingenza si può costruire qualcosa di duraturo e condivisibile. Ha cercato di rappresentare un centro che fosse ago della bilancia tra famelici appetiti di schieramenti estremi ma ha fallito in quanto il cosiddetto centro, anche quello democristiano, era un progetto politico, uno spazio in cui operare e non scenario di contorsionismi trasformistici e abilità tecnicistiche.
Credo infine che Conte abbia mostrato tutta la sua debolezza nel volersi ostinare a sostituire se stesso senza considerare una base che gli veniva irrimediabilmente a mancare e ad elemosinare a per un pugno di voti pur di sopravvivere.
Non hanno fatto figura migliore i vari Salvini, Meloni o gli esponenti di Forza Italia pronti a cavalcare la crisi per tornaconti personali e rendite politiche.
La situazione del Paese richiedeva se non un Governo di unità nazionale, perlomeno uno di solidarietà, con l’equipaggio di quasi tutti per uscire da questa incredibile congiuntura sanitaria ed economica. I nostri politici hanno dimostrato ancora una volta la loro provincialità, mediocrità ed incapacità a guardare oltre il loro particolare.
Il grande Lorenzo Milani, il prete dei bimbi poveri, affermò:“ Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. Questa è la grande verità, riaffermata da un piccolo parroco di frontiera, la politica è cosa alta, è comunità, è condivisione, è capire che solo uniti ci si salva, da soli si affonda.
Qualcosa spero ci tirerà fuori da questo cuore di tenebra in cui siamo precipitati.