
“Federsolidarietà”, l’organizzazione di rappresentanza politico-sindacale delle cooperative sociali e delle imprese sociali aderenti a Confcooperative, in una “due giorni” tenutasi il 18 e 19 giugno scorsi, ha presentato la “Carta di Assisi”, un codice etico volutamente contro mafia sociale/capitale, a cui tutte le cooperative sociali aderenti a Federsolidarietà dovranno attenersi. Oltre mille dirigenti della cooperazione sociale, nei giorni indicati, hanno preso parte ad Assisi alla trentesima assemblea delle cooperative sociali di Federsolidarietà. La prima assemblea si era svolta proprio ad Assisi e, dunque, la scelta della cittadina umbra ha voluto avere un significato chiaramente simbolico. Un ritorno all’originario entusiasmo e spirito di autentica cooperazione solidale, quello che ancora permeava gli anni ’80. Anche un messaggio forte a tutte quelle cooperative sociali che di sociale hanno un bel nulla se non le agevolazioni concesse dalla legge. Il presidente di Federsolidarietà Confcooperative, Giuseppe Guerini, ha precisato che l’evento non ha voluto essere una festa o un’autocelebrazione, ma un laboratorio di idee per rilanciare con forza e passione i sentimenti di coesione e di solidarietà. Gli obiettivi dei nuovi percorsi di solidarietà e di difesa del terzo settore pulito vorrebbero coinvolgere anche (e soprattutto) la pubblica amministrazione, chiamata in causa per combattere la corruzione, promuovere la legalità e attivarsi per rendere trasparenti le procedure di affidamento dei servizi. Il coinvolgimento delle istituzioni vorrebbe portare all’istituzione di un tavolo di concertazione permanente sul welfare e la cooperazione sociale sotto l’egida e la supervisione proprio della pubblica amministrazione. Linee guida e bandi tipo, tavoli tecnici con altri settori della cooperazione, regole chiare, definizione di indici di valutazione per le cooperative che hanno rapporti con la pubblica amministrazione.
Per rimediare alla deriva attuale dei comportamenti cooperativi, i partecipanti all’assemblea hanno chiesto innanzitutto di promuovere la reale partecipazione dei soci nelle decisioni, e non solo nella divisione degli utili. Altra necessità essenziale del rinnovamento dovrebbe consistere nel ritorno alla missione e funzione sociale della cooperazione, un richiamo deciso ai comportamenti affinché i cooperatori sociali siano tali nello stile di vita, nella visione globale della società e del mondo. Ad esempio, la corsa per gestire i CARA (Centri Accoglienza Richiedenti Asilo) non dovrebbe essere tale considerata la natura discutibilissima di questi centri, più simili a campi di detenzione che a centri di accoglienza. Come ha detto il presidente Guerini occorre tornare a distinguere, a dire no quando è necessario per la funzione sociale che si svolge che è pur sempre quelle di lavorare per il benessere della comunità. Bisogna mettere a fuoco continuamente ogni situazione, non lasciandosi sbracare dalle tentazioni del fatturato. Altri punti qualificanti della nuova impostazione cooperativa dovrebbero stagliarsi sulla formazione e sulla vigilanza. La formazione, in effetti, molto spesso è deficitaria quando non inesistente. Riprendendo ancora le parole del presidente Guerini, non è possibile perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale, come richiede l’articolo 1 della legge 381 del 1991 (Disciplina delle cooperative sociali), improvvisandosi ogni volta qualcosa a seconda della convenienza del momento, oggi gli immigrati, domani i minori, dopodomani i disabili psichiatrici. Sulla vigilanza poi c’è tutto da fare. Spesso le pubbliche amministrazioni, confidando in ragazzi che lavorano nel sociale e che in quanto tali non possono che essere considerati bravi ragazzi, non vigilano affatto, anche intimoriti dai ritardi nei pagamenti che le amministrazioni hanno l’abitudine di reiterare. Il ragionamento “pubblico” suona così: sono ragazzi che si impegnano nel sociale, noi non li paghiamo nemmeno e andiamo pure a dargli fastidio?…Così succede che quei “bravi ragazzi” titolari delle cooperative hanno modo di imparare a fare i giochi di prestigio.
A proposito dei nove punti della Carta di Assisi che di seguito elenchiamo, a nostro (interessato, ma pure competente) parere ne mancherebbe uno decisivo. Quello relativo alle retribuzioni dei dipendenti che, soprattutto al sud e in Campania, spessissimo sono considerate un rilievo marginale. Allora perché non impegnare le pubbliche amministrazioni, e di conseguenza le cooperative, a tirare fuori i soldi più o meno regolarmente? Con questa osservazione non vogliamo sporcare di vil danaro tutto il bel discorso etico racchiuso nella carta, vorremmo soltanto essere retribuiti per il nostro lavoro. Siamo troppo antisociali?
Ecco i nove punti:
- Democraticità
- Parità di condizioni
- Trasparenza
- Dimensione
- Territorialità
- Specializzazione
- Valorizzazione persone
- Integrazione
- Promozione, vigilanza, sanzioni
Per l’esplicazione di ogni punto rinviamo al link http://www.federsolidarieta.confcooperative.it/C5/Codice%20Etico/default.aspx