
Cosa rimane ad un prigioniero in un campo di sterminio oltre alla fame, al freddo, alla disperazione, alla paura? Gli rimane la musica. Le note lo portano al di là del filo spinato a quel tempo che fu felice, ad un tempo che fu umano. Allora la scrive sui sacchi di iuta, nelle vesti logore, sulla pietra, e poi nell’aria. La canta, la sussurra, la pensa, la ricorda, è tutto quello che rimane dell’uomo che fu.
Sono migliaia questi spartiti e se oggi ne siamo a conoscenza è solo grazie a Francesco Lotoro che ha dedicato anima e corpo al recupero della musica composta nei campi di concentramento dal 1933 al 1945: “C’è l’urgenza del ritrovamento, ma non per me: è per l’umanità intera” spiega il pianista pugliese. Vive a Barletta, la città dov’è nato, in quello che ormai è diventato la sua fucina.
Il suo non è solo un lavoro di recupero ma un vero e proprio percorso di ricomposizione musicale che va dalla riscrittura degli spartiti alla loro trasposizione digitale. Tutto parte da una ricerca metodica e scrupolosa in musei, archivi, biblioteche, librerie specializzate nel mondo (Italia, Israele, Germania, Austria, Polonia), un lavoro che richiede tempo, precisione e tanta pazienza. Contributo prezioso è venuto anche dallo studio della documentazione di tutto il lavoro filologico e musicologico fino ad oggi svolto e la collaborazione diretta con i principali musicisti di riferimento di questo tipo di produzione come Joza Karas e Bret Werb negli USA, David Bloch in Israele, Robert Kolben e Gabriele Knapp in Germania.
In questa missione Francesco Lotoro ha investito non solo la sua attività professionale ma la sua stessa vita: viaggi, studi, ricerche, incontri con i sopravvissuti ai lager, una ricerca che sembra non avere fine: “Ho raccolto circa 2500 opere ma rimangono ancora 13 mila documenti da decifrare”. Le difficoltà sono naturalmente moltissime e sono soprattutto di natura economica dal momento che Lotoro autofinanzia questo lavoro di ricerca: “Continuo per la mia strada, ben conscio tuttavia che ciò potrà facilmente portarmi al tracollo economico. Basti pensare che, tempo fa, un Centro di documentazione, per 3 piccolissime opere speditemi, richiese una somma di circa 200,00 euro più una somma forfettaria di altre 50,00 euro in quanto la ricerca compiuta su mia richiesta portò via circa 2 ore di lavoro!”. È un’operazione questa che sa di miracolo: grazie al suo prezioso lavoro, Lotoro lascia a noi e all’umanità tutta la possibilità di conoscere ascoltare ancora quello che fu un canto di libertà.