
Quarta puntata della nostra rubrica pallonara, a tema quarta giornata di A e quinta di B. Le nostre rappresentanti regionali, Napoli e Avellino, continuano nel loro campionato con differenti livelli di soddisfazione, buoni per i verdi irpini e decisamente non buoni per gli azzurri partenopei. Turno infrasettimanale e serale quindi, e soprattutto turno quasi tradizionale, nel senso di partite giocate tutte alla stessa ora dello stesso giorno, giusto un paio di eccezioni, una per categoria, forse per non darla del tutto vinta alla nostalgia. Se questo è il prezzo da pagare ai turni da giocare nel mezzo della settimana, allora vogliamo tutte le giornate al mercoledì… Nella massima serie il Napoli di Rafelone Benitèz non riesce ancora a vincere, pur trovando tre volte la via del gol. In casa, fare tre gol e non vincere perché se ne prendono altrettanti significa che la difesa della squadra ha seri problemi, che la difesa stessa probabilmente non è sufficientemente protetta dal centrocampo, che l’intera squadra potrebbe cominciare a soffrire della sindrome da ansia di vincere, una delle peggiori che possono colpire gruppi pedatori in lotta contro gli accidenti della sorte, e pure contro quelli della stampa e dei tifosi. Anche nella serata contro il Palermo, il Napoli malissimo non ha fatto, quantunque solo nel primo tempo, facendo tre gol e dando comunque l’impressione di poter disporre degli avversari.
La difesa, è vero, ha cominciato a ballare già nella prima parte di gara ma, in compenso, le giocate offensive sono state numerose e produttive (tre gol). Così la repentina rimonta degli ospiti ai primi due bei gol dei padroni di casa non deve aver molto spaventato i ventimila del San Paolo, e fino alla fine del primo tempo il Napoli, schierato dall’allenatore con i migliori possibili in ogni ruolo, ha continuato ad attaccare lo schieramento palermitano al centro e sui lati, trovando il meritato (ri)vantaggio nel primo di recupero con un discreto destro a incrociare di Callejon. La recita fatta fino all’intervallo, pur piena di incertezze, lasciava immaginare (o forse sperare) un secondo tempo più sciolto e magari arricchito di altri gol, stante la necessità del Palermo di venire con urgenza in avanti e di smagrire le retrovie. Invece, proprio come accade alle squadre impaurite, alla ripresa del cimento il Napoli non solo non è stato più capace di infastidire il portiere ospite, il cavese Stefano Sorrentino, ma neanche è stato capace di difendersi con freddezza. Fino al punto che un’apprezzabilissima trama dei bianchi da trasferta, triangolanti su fascia sinistra, ha consentito alla giovane mezzapunta bergamasca Andrea Belotti di spingere oltre Rafael un altro gol, dopo quello accorciadistanze del primo tempo, e di costringere il Napoli a ricominciare. Ma a questo nuovo inizio, sul 3 a 3 al minuto 61, i ragazzi in maglia blu sono stati colti da blocco psico/tattico, tale da impedire ogni finalizzazione di accennata azione offensiva. Higuain, entrato al ‘70 al posto del pur pimpante Zapata (bello il suo gol), ha cercato di prendersi sulle spalle gli affanni dei compagni, ma in realtà è stato il Palermo ad andare più vicino al vantaggio con un paio di tiretti da lontano e qualche contropiede buttato al vento da passaggi grossolani. Alla fine giù fischi, ma solo alla fine.
I fedeli da stadio sembravano stare dalla parte di Rafelone, e lo sono stati fino a quando il Napoli ha giocato meglio del Palermo. Poi non più, ma era prevedibile. Nel secondo campionato pedatorio nazionale, martedì sera l’Avellino di mastro Rastelli ha preso un punto sul matusa campo del Frosinone. Risultato buono, prestazione così così. Per tutta la partita i rappresentanti dell’Avellino hanno subito l’iniziativa dei locali, costante seppur confusa, e alla fine dei conti il migliore in campo è stato forse il portiere nero Gomis, pronto su tutti i palloni che i rappresentanti dei ciociari gli hanno tirato contro. Nessun intervento eccezionale, ma almeno tre/quattro parate doverose e ben eseguite. Anche qualche imprevisto non ha aiutato i verdi, che dopo mezz’ora si sono trovati con due uomini di fascia diversi da quelli partiti titolari, entrambi infortunatisi. La cosa strana è che quelli partiti titolari (Regoli e Visconti) sono stati presi per fare le riserve di quelli poi subentrati (Bittante e Zito); fatto sta che i subentrati non hanno comunque dimostrato di meritarsi di nuovo il ruolo titolare, e che i titolari sono pur sempre ex rincalzi buoni per la bisogna ma non di più.
Conclusione: l’Avellino rischia di ritrovarsi senza terzini di fascia affidabili, quando nel modulo tattico rastelliano i giocatori sui due lati estremi del campo già dovrebbero avere doti tecniche e fisiche superiori alla media, essendo spesso abbandonati alle loro capacità di improvvisazione nella fase offensiva. A Frosinone, soprattutto nell’ultima mezzora la partita è diventata una partita a metà campo, con tutti gli effettivi ammassati nella metà campo avellinese quando non nell’area di rigore. Il quasi battitore libero Ely ha potuto esaltarsi sui cross alti e lenti fatti dagli avversari, ma i marcatori Pisacane e Vergara hanno dovuto faticare per evitare danni. La barricata irpina ha comunque resistito, supportata pure dai mille e più fanatici sistemati proprio alle spalle di Gomis durante le fasi più calde dell’assedio. Per la truppa di Rastelli un solo tiro di offesa veramente rimarchevole in tutta la partita, l’ha fatto Comi in azione solitaria e per poco non riusciva a fare centro. A proposito di attaccanti, esordio per il neoprofessionista Demiro Pozzebon. Quando i nomi ricordano storie di sport d’altri tempi…