
Il Mundial è finito. E come ogni Mondiale pedatorio che finisce, anche questo si lascia dietro una sensazione di patetica assenza. Come per ogni Mondiale che finisce, agli appassionati ci vorrà qualche giorno per ritornare alla routine di mezza estate e farsi passare la dolce abitudine di dedicare il primo pensiero del mattino alle partite del giorno e al modo di vederne immagini e tutte le frattaglie possibili. Il Mondiale finisce e tutta la plebaglia pallonara si immalinconisce per un po’, nel ricordo ancora vivo dell’estasi dell’ultimo mese e in quello tenero di tutti i mesi dei Mondiali, da quelli vissuti da ragazzini all’ultimo vissuto da adulti magari tornati ragazzini per qualche serata afosa. I Mondiali di calcio segnano eventi e stagioni della vita, chi ragiona con i piedi sa che la memoria a lungo termine si appoggia e si aiuta sugli anni dei Mondiali. Nel ’78 ero da poco al mondo, ma quelle partite le ho viste tutte dopo, tante volte che potrei raccontarle…Nell’82 ero in vacanza a Silvi Marina degli Abruzzi, e lì ho capito che mio padre era juventino e che mio zio era un eccellente bestemmiatore fantasista d’altri tempi…Nell’86 ero in una colonia siciliana per figli di dipendenti delle Poste, ed era meglio la prigione. La sconfitta contro la Francia la guardai di straforo con altri quattro bambini già malati di pallonite, dalle prime scale che portavano alle camerate verso la tv dai colori troppo chiari nell’atrio del palazzone. Già tutti e quattro eravamo in grado di riconoscere le movenze del nostro eroe territoriale Nando De Napoli, già sapevamo chi erano Conti e Platini, ma furono proprio il coraggio e lo sforzo di esserci quella notte a presentare a me e ai miei compagni di sventura Giresse e Tigana…Nel ’90 ero al paese “ospite” dei nonni, me lo ricordo perché un minuto prima del gol di Caniggia il vecchio e infastidito giocatore di carte della piazza chiese chi mai fosse “quillo ricchiunciello”…Nel ‘94 stavo con Serena, me lo ricordo perché un minuto dopo il rigore di Baggio lei mi lasciò, e io non trovai niente che potesse farmi pensare a lei invece che a Baggio per tutte le trenta notti successive…Nel ’98 ero a casa a studiare e studiavo soprattutto le geometrie di Gigi Di Biagio, poi un altro rigore al cielo e un’altra ragazzina da sostituire con un giocatore “degregoriano” nei miei pensieri notturni…Nel 2002 ero in piena ammucchiata già fuori corso da turgida aula universitaria, ragazze coperte solo di tricolori annodati e ragazzi colle mani lunghe. Quando perdemmo al golden gol tutti i miei colleghi diedero a consolarsi con il gioco dell’ammaina (e dell’alza…) bandiera, solo io e il mio amico romanista Dino andammo dal professore di storia contemporanea a chiedere se ci fossero i requisiti tecnici per dichiarare guerra alla Corea del Sud, non foss’altro che per solidarietà ai compagni coreani del nord…Nel 2006 ero già quasi incastrato, forzato a guardare le partite in salotti beige borghese di coppie già cresciute e con messo giudizio; mi sentivo fuori contesto, e per rendermi antipatico fingevo di tifare contro l’Italia degli amici di Lippi e di Moggi. Lippi e Moggi non mi piacevano e non mi piacciono, ma il mio senso di giustizia non mi impedì di svenire al gol di Grosso contro la Germania e di accendere furtivamente un fumogeno da ultras nel salottino dei nostri buoni amici al secondo di Del Piero…Nel 2010 ero appena ufficialmente incastrato, e quel Mondiale è stato così triste che per fargli onore l’ho guardato nella “nuova casa” ad una tv coll’antenna difettosa che mi costringeva a bere tanta birra per non innervosirmi oltre. Le birre però mi aiutavano a non pensare all’Italia che subiva gli attacchi della Nuova Zelanda e a tutto quello che avevo appena lasciato…Quello del 2014 in parte l’ho vissuto con voi lettori di questo giornale, e per la vostra pazienza non posso che ringraziarvi. Intanto l’antenna l’ho aggiustata e mi sono perfino quasi rassegnato all’idea di non aver perso granché. In verità l’ultima estasi è durata anche più di un mese dacché, come ogni dipendente dal pallone mundial sa, i giorni migliori sono sempre quelli che ti avvicinano all’evento e che ti cullano nell’attesa della tua sacra sbornia, innocente, analcolica e solo biennale. Biennale perché è vero che i Mondiali si giocano ogni quattro anni, ma dopo due dall’ultimo Mondiale c’è sempre un Europeo a rinfrancarti l’anima. D’accordo, il Mondiale è più grande e più bello dell’Europeo, ma chi amoreggia ancora col calcio della tradizione nazionale non può bistrattare l’Europeo. E’ pur sempre il campionato del mondo senza Brasile e Argentina, dicono gli eurocentrici. E se pure la definizione (geo)politicamente scorretta non risponde alla realtà dei fatti, è tuttavia una buona scusa per vincere le resistenze psicologiche e dedicarsi al torneo continentale con pieno spirito di dedizione e di sacrificio. Anche il Mundial brasileiro, discutibilissimo quanto vogliamo, politicizzato dai governanti e spolpato dalle televisioni, dagli sponsor e dagli archistar, ci ha comunque trascinati nel suo vortice irrazionale, ci ha resi antipatici a quelli che nei luoghi di lavoro non sopportano sentire parlare di pallone e a quelli che in famiglia non sanno la differenza fra un fuorigioco e un calcio d’angolo. Sinceramente anche a noi non stanno molto simpatici quelli che non conoscono la differenza fra un fuorigioco e un calcio d’angolo, e ci stanno ancora meno simpatici quelli che non conoscono la suddetta differenza eppure guardano le partite del Mondiale (e nel caso di specie dell’Italia) solo perché partite del Mondiale, e dopo aver visto venti minuti di partita ancora non sanno la differenza fra un fuorigioco e un calcio d’angolo (che mai sapranno) ma già hanno capito tutto di calciatori, allenatori e arbitri. La domanda allora è sempre la stessa, insopportabile e ricorrente ad ogni Mondiale ed Europeo: ma perché quelli che non hanno mai interesse per il calcio se lo fanno venire solo quando gioca l’Italia al Mondiale o all’Europeo? E perché fanno pure i commenti? E perché io che non so e non voglio cucinare me ne frego di master-chef mentre loro che non sanno e non vogliono capire la differenza fra un fuorigioco e un calcio d’angolo si ostinano a guardare le partite dei Mondiali?!… Il Mundial brasileiro non l’ha vinto il Brasile come tutti eravamo portati a pensare alla vigilia, anzi, il Brasile ha fatto un figuraccia storica. E’ arrivato di riffa o di raffa alla semifinale ma poi ha preso dieci gol da Germania e Olanda fra semifinale e finale degli afflitti. Se non è figuraccia storica questa… Il Mundial brasileiro non l’ha vinto l’Argentina come tutti eravamo portati a pensare nel caso (allora remoto) di sconfitta brasiliana. E’ arrivata in finale grazie alla difesa ma poi il suo mito moderno Messi non è stato in grado diemulare il mito senza età Maradona e di togliersi di dosso il paragone impossibile. Il Mundial brasileiro non l’hanno vinto Spagna e Olanda, finaliste del Mondiale precedente, e se la strana Olanda un po’ rinnegante sé stessa lontana dalla finale non è andata salutandola ai rigori di semifinale, la Spagna troppo satolla ha salutato tutti già dopo le prime due partite. Il Mundial brasileiro non l’ha vinto l’Italia e neanche a pensarlo. Ma non l’hanno vinto neanche le nuove aspiranti grandissime sudamericane ed europee, Colombia e Belgio tanto per capirsi. Ancora troppo tolleranti con gli avversari e con sé stesse per essere ammesse al cinico circolo delle prime quattro. Il Mundial brasileiro non l’hanno vinto Algeria e Costa Rica, ma noi le ricorderemo più delle altre. Ha vinto dunque la Germania, ed è stato fatto inevitabile. La chiamavano la nazionale del futuro, intanto ha vinto qui ed ora. E ha vinto pur non giocando benissimo la finale, soffrendo la compattezza del muro argentino e la sua abilità a lanciare via i contropiedisti. Però i tre più votati rappresentanti dell’attacco argentino, Higuain, Messi e Palacio, hanno sbagliato tre palle che nell’ordinarietà del club non avrebbero sbagliato. I “panzerini” crucchi invece non hanno sbagliato nulla di grande in attacco, e l’occasione buona hanno saputo metterla dentro la porta argentina con giocata tecnica e leggera del giovane Gotze da poco subentrato al grande vecchio Klose. Era l’ottavo minuto del secondo supplementare e il momento migliore per sturare la bottiglia del destino. Il solo italiano in campo, l’arbitro Rizzoli, accompagnava il destino al suo compimento e si aggiustava il ciuffo per farsi bello al triplice fischio. In tribuna la cancelliera inflessibile “Anghela” Merkel sembrava quasi informarsi del risultato, e solo dopo aver appurato la vittoria esultava alla maniera teutonica. Ora tutti a dire della necessità di imitare il modello tedesco (anche) nel pallone patriottardo; tanto Anghela sa benissimo che non è possibile, che ci vorrebbero tanti soldi pubblici che lei non consentirebbe di sprecare così ai fratelli europei…La sua pari grado argentina di madre tedesca Cristina Kirchner, che facendo l’esatto contrario di quello che “consigliavano” gli amici della Merkel ha fatto coraggiosamente uscire tanti argentini dalla povertà, ha pensato al suo popolo di nuovo in lacrime e ha deciso di fregarsene ancora peggio dell’inflazione. Li chiamano Mondiali, e forse sono la meglio rappresentazione pacifica delle diversità fra i popoli. Non siamo ancora tutti tali e quali, per fortuna.