
Se si riuscisse a recuperarne solo la metà, il bilancio dello Stato già andrebbe a posto…Recuperare cosa? Gli otto miliardi e rotti di euro che il sociologo Maurizio Fiasco nella sua ultima ricerca considera evasi al fisco tramite il gioco d’azzardo illegale e nascosto. Nascosto, spesso, solo agli occhi un po’ distratti dei controllori.
Il rapporto, commissionato dalla Consulta Nazionale Antiusura e intitolato: “Il gioco d’azzardo e le sue conseguenze sulla società italiana,il peso del gioco illegale nelle province italiane”, prende in esame diversi aspetti del fenomeno “azzardo” fra loro collegati e interconnessi, a cominciare dall’impatto del gioco sulle abitudini quotidiane dei consorziati (a)sociali fino agli impatti più specificamente economici prodotti dall’ultimo gorgo del consumismo di massa, passando attraverso i dati e le riflessioni dell’ALEA (Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio) sulla qualità della vita dei giocatori in termini di salute e di benessere.
Con riferimento necessario alle famiglie e alle crescenti difficoltà di sovraindebitamento per vivere o sopravvivere, le fondazioni antiusura – si legge nelle prime pagine del rapporto redatte da monsignor D’Urso segretario nazionale della Consulta – rilanciano il loro impegno soffermandosi in particolare su tre questioni dirimenti. La prima questione riguarda la presenza dell’usura che non accenna a diminuire: l’investimento “sicuro e tranquillo” nell’usura, a costo zero, ad alto rendimento ed esentasse riesce di solito a passare impunito e a creare un groviglio criminale di depositi finanziari sommersi e di riciclaggio. Le leggi anti-usura ci sarebbero pure, soprattutto la 108/96 e la 44/99, ma non sufficientemente corroborate dai trasferimenti dello Stato che, viceversa, promuovendo l’azzardo dell’usura ottimo precursore ne sminuisce la portata criminale e disfunzionale per la collettività.
La seconda questione riguarda appunto la promozione dell’azzardo. Secondo monsignore è singolare che lo Stato continui a pubblicizzare il gioco d’azzardo nonostante, in termini di risorse, esso (lo Stato) consumi più di quanto guadagni dal gioco e dai suoi mille rivoli. Opinione francamente discutibile quella di monsignore, a noi vulgata infatti risulta che lo Stato faccia ottima cassa con giochi e giochini a estrazione, a grattugia e a rimbambimento, ed è questo il motivo unico della sua poca rettitudine morale…Il gioco inoltre, continua monsignore, stimola gli appetiti della criminalità e viene pubblicizzato in maniera “concentrazionaria”, cioè, azzardiamo noi la spiegazione, in maniera totalizzante e liberticida, se per libertà nel caso di specie intendiamo quella di essere liberi dai giochi e non quella di giocare in ogni posto e momento e di essere continuamente indotti a farlo. Monsignore ci va giù duro e cita anche la Direzionale Nazionale Antimafia secondo cui il settore dell’azzardo si sostiene anche perché legato a “un sistema di connivenze con funzionari pubblici e uomini delle forze dell’ordine”. L’indebitamente delle famiglie cresce anche per trovare i soldi per giocare, facendo crescere troppo spesso il ricorso all’usura.
La terza questione riguarda il silenzio pubblico sui disvalori etici del gioco d’azzardo, e qui monsignore fa il suo lavoro di ufficiale del papa mettendo in mezzo lo stile di vita del buon cristiano e la dignità umana. Ma monsignore ci piace lo stesso, perfino quando cita il suo collega misoneista Bagnasco: “il danno che deriva da una concezione della vita e dei rapporti sociali in termini di scommessa anziché di quotidiano e onesto lavoro. I giovani sono continuamente ingannati, e questo è un crimine.” Concetto estremizzante (e sennò non sarebbe Bagnasco) ma tutto sommato condivisibile.
Venendo alla ricerca vera e propria di Maurizio Fiasco, una delle intuizioni più interessanti (per quanto democraticamente contestabile) è quella che propone l’espansione del mercato legale del gioco d’azzardo come traino per l’espansione anche del mercato illegale; in pratica i due mercati paralleli non si farebbero concorrenza ma si salderebbero e potenzierebbero reciprocamente. A supporto della sua teoria in verità poco corroborata da dati e fonti ufficiali, Fiasco illustra una sequenza tipica di fatti sociali: “Primo step: s’ingenera allarme sociale e reazione dell’amministrazione finanziaria per il fenomeno del gioco in nero. Secondo step: lo Stato introduce nuove offerte autorizzate di gioco d’azzardo e amplia la platea dei giocatori. Terzo step: si creano delle utilità marginali (cioè aumento della soddisfazione derivante dal consumo di un bene, nota nostra) per il settore illegale (offrendo l’inclusione delle persone espulse dal settore legale, proponendo vincite più remunerative, generando un’articolazione maggiore delle modalità di gioco). Quarto step: grazie all’aumento/diversificazione delle persone coinvolte si crea uno spazio crescente al finanziamento usurario dei giocatori.” In sostanza il gioco illegale alimenterebbe quello legale offrendo la motivazione pelosa per legalizzare nuovi giochi, a sua volta il legale alimenterebbe l’illegale attraverso l’ampliamente e la legittimazione della popolazione che entra in contatto col gioco legale e la conseguente spinta verso l’illegale ai giocatori annoiati e più esigenti. “Ed infatti ad ogni forma di gioco legale si affianca una versione illegale, che si avvale della capillarità di un suo marketing in nero (…), mentre si accredita – presso nuovi potenziali clienti – con i riverberi del lancio pubblicitario dell’offerta legale.” In altri termini, lo Stato introduce e pubblicizza un nuovo gioco la cui versione illegale, e ancora più accattivante, subito viene messa sul mercato e promossa contemporaneamente dalla sua propria pubblicità dozzinale che deve solo aggiungere qualcosa a quella ufficiale.
Il rapporto spiega anche il passaggio fiscale dall’ “asimmetria in attivo” all’ “asimmetria in passivo”, evidenziando come nel normale ciclo di produzione di beni e servizi lo Stato, alla fine del ciclo, incassa un 40-45% di surplus della spesa; nel gioco d’azzardo invece lo Stato, attraverso il prelievo erariale unico che sostituisce e assorbe tutti gli altri carichi indiretti (IVA, accise eccetera), riesce a guadagnare al massimo il 12% sulla spesa iniziale incassando però subito il bottino: “pochi maledetti e subito” ironizza Fiasco, ma a un prezzo salatissimo, la differenza fra ciò che lo Stato pretende e ottiene dal normale erogatore di un servizio e ciò che chiede ai concessionari di giochi. Ed ecco allora il passaggio dalla “asimmetria in attivo per lo Stato” (grazie alla quale, fino al decennio scorso, l’Erario incamerava più della filiera concessionari-gestori-esercenti) alla “asimmetria in passivo” (in cui è la filiera e drenare le risorse maggiori). Seconda semplificazione in termini: lo Stato ha bisogno di soldi freschi e immediati, li chiede ai concessionari del gioco che, per entrare nell’affare, devono quindi corrispondere in anticipo forti somme. Lo sconto fiscale (prelievo erariale unico) diventerebbe per questa via l’interesse che lo Stato paga ai concessionari in cambio del gettito immediato. Ovviamente molti aspiranti concessionari (quasi tutti) non avrebbero ancora moneta liquida per accontentare l’Erario e chiederebbero prestiti alle banche, banche che presterebbero i soldi necessari a tassi molto elevati costringendo i debitori a manovre creative o peggio alla scadenza delle rate. Spesso costringendoli a contrarre nuovi debiti (emissione di obbligazioni, bond e altra robaccia) e a rimpinzare “l’economia di carta e di promessa del gioco d’azzardo”. Un sistema, quello disegnato da Fiasco, a doppio legame, che prevede necessariamente la crescita geometrica del gioco d’azzardo, non a caso nel nuovo secolo raddoppiato nella quantità (di giocatori e affari) ogni tre anni. Fiasco parla di “economia dell’azzardo” paventando una bolla finanziaria e l’implosione del sistema per il cumulo di obbligazioni, anticipi e fidejussioni, a meno di chiedere aiuto alla grande criminalità, la sola banca in grado di (altresì disponibile a) mettere denari freschi nella giostra, e quindi accettarne le condizioni…
Nella versione di Fiasco i giochi on-line sono tassati in Italia alla miseria dello 0,1% (con un disegno di legge presentato al Senato che chiede di portare la tassazione al 20%) ed è probabile che la sostanziale detassazione sia il prezzo che i cittadini italiani stanno pagando per evitare la bolla. Nel solo anno 2102 sarebbero 8,6 i miliardi di euro “sfuggiti” del tutto allo Stato, soldi messi nelle macchinette clandestine e non restituiti ai giocatori sotto forma di pay-out (la cosiddetta vincita); le macchinette clandestine infatti non sono tarate per restituire parte degli incassi ai giocatori, e tutto ciò che rimane dentro le casseforti luccicanti va nelle saccocce dei signori delle organizzazioni.
Il rapporto Fiasco, fra molte altre cose, indaga anche le regioni italiane in cui maggiore è l’offerta di gioco d’azzardo. La prima? ma la Campania ovviamente. Di conseguenza le province campane sono tutte ben messe nella classifica dei volumi e degli affari delle giocate, sia quelle legali che quelle al nero. Napoli è prima in entrambe…La Campania come regione è tristemente prima anche nella puntualità della tassa occulta che i cittadini pagherebbero alla criminalità, sulla base di stime che dimensionano il livello di controllo che le associazioni criminali avrebbero raggiunto nel settore del gioco, legale e illegale. Se per legale intendiamo solo (ed esclusivamente) il collegamento degli intruppacervelli a gettoni al sistema centrale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, senza addentrarci in analisi psico-sociali che pur male non ci starebbero.
Il rapporto giunge anche a delle conclusioni, prevedibili ma inevitabili. Il processo circolare “Disoccupazione=>Propensione all’azzardo=>Criminalità+Usura=>Peggioramento della crisi economica=>Disoccupazione=>Aumento della propensione all’azzardo=>Aumento di Criminalità+Usura=>Peggioramento della crisi economica=>Disoccupazione…e tutto daccapo” porta il cerchio vizioso a mutarsi in spirale, assassinando sicurezza sociale e misure di welfare e materializzando devianza e disperazione sociale. Viceversa, conclude Fiasco, efficaci politiche attive del lavoro (magari di accompagnamento a quelle passive e comunque indispensabili, aggiungiamo noi) e strategie competenti di welfare community (tecnica di servizio sociale in verità un po’ oscura, aggiungiamo noi) potrebbero interrompere la spirale e riattivare la domanda di beni e servizi più coerenti al benessere sociale.
Primo indispensabile passo: “lo Stato deve ridurre drasticamente e con urgenza l’offerta di gioco d’azzardo.” E torniamo al punto di partenza…
Per completezza di cronaca, dobbiamo dire anche della risposta polemica che il “Sistema Gioco Italia” (la federazione di filiera dell’industria del gioco e dell’intrattenimento aderente a Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici) ha ufficialmente dato allo studio di Fiasco, criticandone punto per punto gli argomenti principali e contestandone i numeri. “Quando 2+2 fa cinque”, così inizia l’acida controffensiva di Sistema Gioco Italia, che cerca di smontare Fiasco in sette punti. Convincente soprattutto quello (perché valorizzato dalla presentazione di dati ufficiali) che contesta la tassazione del gioco on-line allo 0,1% e che dimostra (sempre in base ai dati presentati) una tassazione media del settore on-line superiore al 25%. Certo che fra 0,1 e 25 c’è una bella differenza, al dottor Fiasco il diritto/dovere di replica.