
Decima puntata della nostra rubrica sulle imprese pedatorie di Napoli e Avellino, impegnate in contemporanea nella decima giornata di A e nella dodicesima di B. Vincono entrambe le nostre rappresentanti regionali, entrambe in casa e con merito notevole, tale da euforizzare i tifosi accorsi al San Paolo di Fuorigrotta e al Partenio-Lombardi di contrada Zoccolari. Il caso ha voluto che Napoli e Avellino sabato scorso incrociassero i garretti, nello stesso giorno e nella stessa ora, contro le due squadre probabilmente più ostili, se l’ostilità la riferiamo soprattutto ai rapporti fra curvaioli militanti, del campionato, Roma e Catania. Per questo le vittorie di azzurri e verdi si ammantano di ulteriore entusiasmo, fanno “godere” i tifosi di quella perfida gioia che tutto sommato è il cemento del pallone dei campanili e delle rivalità storiche, geografiche o più occasionali. Sono proprio queste rivalità, che non per forza significano violenza anche se spesso nascono da scazzottate più o meno antiche e più o meno leggendarie, a rendere il romanzo pallonaro così terribilmente irresistibile. Le guerre fra bande però, come quella di Roma del 3 maggio scorso, non sono rivalità, sono guerre, e per quanto anche esse esercitino un (forte) fascino sulle menti più giovani e annoiate, non possiamo fare a meno di condividere le misure per evitarle. Ecco perché riteniamo opportuno il coro di queste ore del “non è successo niente in Napoli-Roma”, ma altrettanto opportuno sarebbe precisare che non è successo niente solo per via dell’armistizio imposto alle parti, e che la pace vera è ancora tutta da (ri)costruire.
Togliendoci dall’argomento spinoso su cui abbiamo costruito il nostro pistolotto e buttandoci con sollievo sul calcio giocato, al San Paolo i ragazzi di mister Rafelone stendono la Roma per due gol a nessuno e cominciano seriamente a risalire la classifica. Ora il Napoli è terzo da solo (e secondo noi terzo resterà perché il Cagliari stasera sorprenderà la Lazio), a quattro punti dalla Roma solita seconda e a sette dalla Juventus solita capolista. Inutile rimpiangere e unirsi alla pappardella dei punti sfumati contro Inter e Atalanta, sarebbe esercizio ozioso. Il minimo battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo, è l’effetto farfalla, una teoria scientifica che a noi interessa nella sua accezione psicologico/filosofica e in chiave meschinamente pallonara: chi ci dice che un gol di Higuain sul rigore di Bergamo non avrebbe cambiato il corso degli eventi e portato a una sconfitta contro la Roma? Lo sappiamo, ci stiamo rifugiando in ragionamenti troppo alti per le moviole e le dichiarazioni post-gara a cui vorrebbero abituarci, ma a ben pensarci ogni rimpianto su punti persi in partite passate è vuota invocazione a dei inesistenti. Una volta un discorso simile al nostro abbiamo sentito farlo, forse proprio nel periodo di panchina napoletana, alla buonanima di Franco Scoglio, che chiamavano il professore e che certe volte si divertiva a parlare “ad minchiam” di pedagogia applicata al gioco della pedata…Oddio, contro la Roma (non) vista al San Paolo probabilmente neanche l’effetto farfalla avrebbe cambiato granché, ci voleva solo un evento eccezionale che non facesse giocare la partita per cambiarne l’esito generale che è stato. La sintesi perfetta di Napoli Roma potrebbe essere che quando una squadra va in campo per vincere e l’altra va in campo per perdere, solitamente vince la prima. Sintesi apparentemente troppo sbilanciata sul caustico, eppure non è così. Fin dal fischio di inizio sì è avuta la sensazione di due squadre con voglie molto diverse di trovarsi lì a giocare sotto il sole novembrino ma filo settembrino; una squadra, quella in orribile divisa dal colore indefinibile, piena di volontà, di ardore agonistico e di iattanza scenografica; l’altra, quella in elegante divisa bianca con striscia diagonale stil Perù, piena solo di timori, timidezze e di acquiescenza al governo dell’altra.
Tre minuti di partita e Gonzalo già segna, su servizio di Insigne che voleva essere un tiro, in mezza rovesciata ravvicinata che buca l’ex Morgan De Sanctis senza colpe. Ma la cosa sorprendente è che prima del gol al terzo minuto il Napoli ha già avuto altre due occasioni, fra cui un gol non dato al terzino Ghoulam causa fuorigioco. Fino alla fine del primo tempo il Napoli tormenta la Roma, la squassa a centrocampo, la taglia in difesa, la svilisce in attacco. Sei palle buone per raddoppiare, due vanno sulla traversa (Callejon e Hamsìk), le altre le prende Morgan il pirata oppure vanno di poco fuori bersaglio. Il Napoli lascia pure la palla alla Roma, che tanto non sa che farsene, ma quando decide di riconquistarla va dritto verso la porta romanista e, casomai trova qualche opposizione nella coppia difensiva avversaria, aggira l’ostacolo scegliendo fra Callejon sulla destra e Insigne sulla sinistra supportati da Hamsìk a zonzo da quella o questa parte. Hamsìk a tratti sembra di nuovo Marechiaro, trova pertugi e tiri in porta e ci mette pure tanta corsa in pressing insieme a Diego Lopez e Jorginho fino a stonare gli uomini romanisti di mezzo Keita, Pjanic e Nainggolan. La difesa azzurra regge benissimo il tridente avanzato e fasullo della Roma, dove Florenzi fa più il terzino che l’ala, Totti passeggia e Gervinho corre senza però trovare gli spazi dell’allungo, negati da Ghoulam doppiamente aiutato dal mediano e dal difensore di passaggio.
La Roma è squadra in difficoltà, e forse non poteva essere diversamente dopo il cappotto di cempionz preso dal Bayern, difficoltà tenute quanto più possibile nascoste nei suoi ambienti ma che diventeranno innegabili dopo i tre o quattro palloni che facilmente Morgan andrà a raccogliere nella sua porta di Monaco di Baviera dopodomani. E sarà meglio così per la Roma, solo l’evidenza incontestabile del problema obbligherà la squadra ad attivarsi per superarlo. Il Napoli viceversa è in gran forma, e l’unico mezzo appunto che possiamo muovergli è quello di non chiudere presto la faccenda, ma di tenerla teoricamente aperta fino al minuto 86, quando Callejon raddoppia in contropiede e fa il suo quarto gol consecutivo nello stadio di casa. Nel secondo tempo quindi il Napoli, pur meno dittatoriale, continua a governare, la Roma tenta di avvicinarsi all’area napoletana ma spesso viene cacciata via da Koulibaly; il marcantonio senegalese, in piena esaltazione agonistica, inizia da solo un contropiede e da solo lo porta in dote a Callejon, il cui pallonetto su Morgan in uscita è di maniera ma non più veloce di Nainggolan in recupero. Gli ospiti di Roma fanno con Florenzi il loro unico tiro in porta, respinto da Rafael a copertura del “suo” palo, poi il macilento Garcia toglie proprio Florenzi e Totti per Iturbe e Destro chiaramente sperando nella giocata estemporanea di uno dei due. Garcia sa che così facendo scopre ancora peggio il centrocampo, ma tenta la sorte, e la provoca addirittura quando a sei minuti dalla fine toglie il terzino Torosidis per buttare dentro la quarta punta Ljajic. La sorte, ma si tratta solo di logica tattica, gli dice malissimo visto che il Napoli comincia a scorrazzare selvaggiamente dal proprio limite d’area fino a quello occupato dal pirata Morgan teatralmente urlante per tutta la partita. Sulla terza ripetizione di contropiede in libertà, Gargano (subentrato a Hamsìk) per Inler (subentrato a David Lopez), Inler per Higuain, per Callejon che fa passare sotto la panza di Morgan il due a zero. Secco e concludente. Ragioni di spazio (altresì di tempo) ci impediscono di approfondire l’ottima vittoria dell’Avellino, ma promettiamo che ci rifaremo nella prossima puntata. Ci limitiamo a scrivere che i lupi vincono una partita in perfetto stile “rastelliano”, attaccando lo stretto necessario e difendendo con meccanica perizia il gol di vantaggio senza far tirare in porta il comunque pretenzioso Catania. Nervi saldi e difesa di ferro, al resto ci pensa Gigione Castaldo, questa volta di rigore, da lui stesso ottenuto e che sembrerebbe starci.
È la partita delle celebrazioni di Antonio Sibilia, la curva sud tira fuori uno striscione di ringraziamento che dopo il distico in rima finisce il suo pensiero a mo’ di lettera commerciale. Poeti e ragionieri.