
Gli effetti a lungo termine, ecco un argomento molto dibattuto.
No, non parlo dei vaccini, se ne parla fin troppo, ma degli effetti dei videogame sui minori.
Infatti i videogiochi sono un fenomeno relativamente recente quindi gli studi sulle conseguenze dell’esposizione a videogiochi sono ancora pochi, con risultati contraddittori e soprattutto con la mancanza dell’accertamento definitivo del nesso di causalità e cioè della individuazione del rapporto tra causa ed effetto.
E poi c’è un’altra domanda da porsi: “è il videogioco che crea bambini problematici, o sono i bambini problematici che creano il successo del videogioco?”. Insomma “è nato prima l’uovo o la gallina”?
Ed ancora, eventuali effetti negativi sono da attribuire a tutti i videogiochi oppure bisogna distinguere fra giochi “istruttivi” ed altri di “violenza cieca”?
Uno studio dei ricercatori dell’Università di Iowa (USA), pare (e sottolineo il pare) essere arrivato alla conclusione che i player dei videogiochi violenti non acquisiscono necessariamente comportamenti violenti, ma probabilmente sono meno sensibili a scene di violenza, come se per loro la violenza fosse una cosa un po’ più normale.
Beh, bella scoperta !
Questo è esattamente quello che sta succedendo a tutti (adulti compresi) quando quotidianamente veniamo bombardati da immagini cruente e notizie tragiche.
Tutto ci sta diventando più normale, ma semplicemente perché ci stiamo anestetizzando al dolore (degli altri).
Una cosa è chiara: anche se non è certo che i videogame possano creare disagi psichici, dobbiamo ricordarci che non tutti i bambini sono uguali e quindi esistono anche soggetti particolarmente fragili, che potrebbero essere più vulnerabili e/o influenzabili.
Altra cosa certa è che alcuni videogame sono comunque diseducativi e possono trasmettere una visione distorta della realtà, magari lontana dai valori che i genitori vogliono trasmettere ai propri figli.
Genitori, ecco un’altra variabile impazzita.
Di solito i bambini che videogiocano molto sono scarsamente controllati dai genitori e quindi è difficile trasmettere valori “positivi” se l’educazione viene delegata alla baby sitter on line.
Anche perché i ragazzi, lasciati da soli davanti al computer, spesso non sono in grado di leggere l’ambientazione del gioco e colgono solo gli aspetti più superficiali dello “sparatutti”.
E per il momento voglio tralasciare la categoria di padri che spingono i propri figli a diventare dei gamer youtuber, un pò come le giovani mamme spingono le figlie a diventare veline. Ma qui siamo ad un altro (alto) livello di patologia.
Altro problema dibattuto sono le conseguenze legate ai problemi neuropsicologici, in particolare nelle aree della memoria, dell’attenzione e della concentrazione. Anche in questo caso non esistono prove certe, ma è acclarato che vedere incollato un bambino ad un schermo per molto ore è un segnale di qualche forma di dipendenza dal gioco, che liporta ad estraniarsi dalla vita reale e a dare l’impressione che la persona sia assente e poco concentrata.
Avete mai provato a fare una qualsiasi domanda ad un bambino mentre è intentato a giocare a Fortnite?
Vi assicuro che potete girare la clessidra prima di avere una risposta.
E che dire del pericolo di perdere il senso della propria, vera identità a forza di interagire con personaggi virtuali?
Oppure del pericolo di assorbire la filosofia di vita (perversa) del videogioco stesso?
In altre parole un gioco dove tutto è violenza e sopraffazione il pericolo è che il minore possa capire che la vita reale siaun posto dove si combatte da soli contro tutti e dove l’importante è sparare e vincere ad ogni costo.
E allora, pur in assenza di prove inconfutabili sulla colpevolezza dei videogiochi violenti, non credo si possa applicare il principio del “favor rei” e suggerisco il vecchio adagio che ammonisce: “prevenire è meglio che curare”.
Non me ne vogliano i signori della Sony, della Nintendo o della Microsoft.
Costretto a rimanere seduto per ore
Immobile e muto per ore
Io, che ero argento vivo
Signore
Che ero argento vivo
E qui dentro si muore (“Argento vivo” – Daniele Silvestri)