
Perché l’Isis colpisce generalmente il turismo occidentale in Medio Oriente? Quale è il suo vero obiettivo? La risposta a tali domande diventa oggi unica e sempre più credibile: la strategia del Califfato consisterebbe nel mettere in crisi l’economia dei paesi mediorientali per far crescere la propria influenza all’interno degli stessi. Se questa tesi portata avanti da alcuni analisti si rivelasse veritiera, i dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo ne sarebbero la conferma. Basti pensare al calo, nel solo 2015, del turismo internazionale in paesi come Egitto e Tunisia del 26,3 % rispetto agli anni precedenti. Fino a pochi anni fa, la Tunisia era considerata una meta turistica tranquilla mentre oggi è conosciuta per due ordini di motivi: per essere il Paese dal quale proviene il più alto numero di foreign fighters e per presentare, soprattutto al sud e al confine con la Libia, ampi ed estesi territori in mano ad organizzazioni terroristiche legate ad al-Qaeda. Stessa sorte ha subito il turismo egiziano. Gli attentati più eclatanti compiuti dall’estremismo islamico iniziano alla fine di giugno 2015 con l’attacco bomba che uccide, a Il Cairo, il Procuratore generale Hisham Barakat. Da quel momento, la capitale subisce altri tre violenti attacchi. Quello di luglio al Consolato italiano seguito dall’esplosione di tre bombe, terminando con il sequestro e la decapitazione dell’ostaggio croato Tomislav Salopek. Per analoghe ragioni, il fenomeno di desertificazione turistica preannuncia oggi di coinvolgere purtroppo anche gran parte dell’Algeria e di Israele, senza tralasciare la Giordania che con i suoi 1500 combattenti Isis ha destato già lo scorso febbraio le preoccupazioni dell’ambasciata americana ad Amman. Dunque, come afferma esplicitamente il Guardian, il vero obiettivo strategico da parte dell’Isis sarebbe quello di punire e scoraggiare il processo di democratizzazione intrapreso dai cosiddetti “paesi arabi moderati” sabotando volutamente il loro turismo e dunque la loro economia. Ma esistono contromisure al delirio della propaganda Isis e quali misure intendono adottare i paesi occidentali nel contrasto alle nuove forme di terrorismo al fine di tutelare l’incolumità dei propri cittadini? La mancanza di una visione comune nel contrasto al terrorismo 2.0 e la vendita di armi da parte degli stessi occidentali ai paesi dominati dalle grandi dittature alimentano il sospetto che la strada che dovrebbe portare all’abolizione della guerra, utopica proposta presentata all’Onu da Emergency e Gino Strada, risulta, ad oggi, impossibile da perseguire.