
C’è la parete più famosa al mondo, quella East Side gallery che sorge laddove un tempo era Berlino Est. Gli affreschi sono quasi tutti post caduta del muro, opera di writers invitati da tutto il pianeta, ma alcuni temi riportano in un attimo in pieni anni Settanta: il bacio tra Breznev e Honecker, o quella Trabant lanciata contro il checkpoint Charlie, verso la libertà. Ci sono i water tank (le cisterne d’acqua viste in decine di frame, da Spiderman a Friends, sui tetti di New York) usate come tavolozze per colossali ritratti di persone e animali; e murales non meno enormi tracciati su vecchie fabbriche in Texas, o sui muri sbrecciati di San Paolo, Istanbul, Dehli, Dakar.
Si trovano elefanti in pieno centro di L.A. e creature delle profondità oceaniche a spasso per Londra, giganti tra i palazzi di Copenaghen e Mosca, ninfe a Perth – nord dell’Australia – e Manila, nelle Filippine; i mille colori della Boca, a Buenos Aires, e i murales sfumati in celeste a imitare gli azulejos (le maioliche di epoca moresca che rivestono le facciate delle case patrizie portoghesi) dell’edificio accanto.
Sono oltre diecimila opere d’arte a cielo aperto, e per vederle tutte non basterebbe una vita: ammesso che resistano, su vecchie pareti esposte alle intemperie e al morso del sole, minacciate da solerti burocrati fan del muro imbiancato, dai writers che verranno e da ogni tipo di variabile: come l’ultimo progetto di Banksy, realizzata sui ruderi di Gaza.
Per proteggere e condividere questo immenso patrimonio s’è attivato il Google Cultural Insitute, che ha messo in opera sul database del proprio art project un possente upload; e in un colpo – grazie all’adesione di quasi novanta associazioni artistiche in 34 paesi, dal Perù all’Ucraina – le opere catalogate sono passate da circa cinquemila al doppio.
Le immagini, tutte in altissima risoluzione e navigabili tramite i motori di ricerca e la pagina https://streetart.withgoogle.com/it/ sono raccolte in 260 mostre online e – con Maps – immediatamente rintracciabili sul planisfero. Tra le chicche, un’opera della writer nipponica Lady Aiko, realizzata direttamente sulla piattaforma e dalla fenomenale risoluzione di sette miliardi di pixel e i pochi (ma buoni) indirizzi italiani: la Vecchia Dogana di San Lorenzo, a Roma, e i luoghi del Festival Internazionale di Giardini Naxos.