Nelle ultime settimane, a Napoli e provincia, gli studenti sono tornati a far sentire la loro voce. Numerose le iniziative: non solo nei cortei e nei presìdi ma anche nelle scuole e nelle Facoltà, i collettivi ricostituiti hanno alzato la voce in segno di solidarietà con il popolo palestinese.
Gli istituti scolastici coinvolti sono stati ben oltre la decina: l’Umberto, il Tito Lucrezio Caro, il Mercalli, il Gian Battista Vico, il Margherita di Savoia, il Casanova, il liceo artistico Santi Apostoli, l’Artemisia Gentileschi, il Genovesi, il Diaz, il Vittorio Emanuele, il Fonseca, l’Alberti, il Palizzi, poi ancora il Serra, il Pansini e da ultimo anche il Sannazzaro.
Ad oggi, liberate tutte o quasi, al netto della conta dei danni lì dove si sono verificati e sui quali ancora si indaga per identificate i responsabili, si è tornati a far lezione. Ma cosa resta di queste settimane di scontro?
Da una parte c’è la Generazione Z, la prima completamente nativa digitale, presente su tutte le piattaforme social. Sono i figli della DAD, quelli dell’ipad invece della carta stampata e dell’IA per temi e traduzioni al posto dei vecchi Bignami. Sono quelli che ogni anno pazientemente aspettano l’ultima riforma ministeriale per conoscere i nuovi piani di studio e le regole mai certe di un esame di maturità che si rinnova di anno in anno.
Dall’altro, a fare da contraltare alla mobilitazione studentesca, accanto alle istituzioni cittadine intervenute ufficialmente per sollecitare il rapido sgombero, si sono sentite le voci delle famiglie e dei docenti preoccupati per il tempo sottratto alla formazione scolastica. Sul banco d’accusa gli studenti, nullafacenti, addormentati, interessati solo a saltare le lezioni, perennemente online, incapaci di relazionarsi nel mondo reale o persino di provare empatia.
Qualunque sia il convincimento personale, la comunità degli “educatori”, alla quale appartengono a pieno titolo le famiglie, i docenti e le istituzioni, è tenuta a riflettere su un dato oggettivo: i nostri ragazzi sono tornati a discutere di temi sociali, di diritti e di politica (πολιτικός) intesa come “l’arte di vivere insieme”. I comunicati dei collettivi studenteschi, tutti su Instagram, riportano di incontri e di formazione, parlano di coscienza collettiva, di presente e di futuro. E in una realtà sociale dove l’astensionismo ormai raggiunge il 40 % degli aventi diritto al voto, sentir parlare di diritti e sentirne parlare dagli uomini e dalle donne di domani è una speranza che va coltivata.
Non si vuole qui dare un giudizio di valore sullo strumento della protesta, ma esprimere solidarietà a tutti questi ragazzi.
A scuole liberate, ancora nel pieno della polemica, loro rispondono così: “A chi continua a parlare di noi, preoccupatevi solo si in futuro non rifaremo lo stesso”. (collettivo.umberto – Instagram)
