Seconda di ritorno nel lungo campionato di serie B. E, a conferma di quanto succede già da qualche anno, il ritorno sembra quasi un altro campionato.
Allo stadio Partenio-Lombardi versione venerdì sera (co’ sta) pioggia e (e co’ sto) vento, l’Avellino aggiunge un punticino alla sua classifica e ne toglie due al Latina. E meno male, visto che il gol del pareggio arriva al 91’ dopo un inseguimento arruffone durato mezz’ora. Il Latina è squadra maschia (cioè portata a fare la parte attiva dell’atto prestipedatorio) e ben organizzata da quel mediano metodista di Breda che, a sorpresa della controparte, ordina ai suoi di far specular tenzone. E allora stesso modulo tattico dell’Avellino, col mucchione a centrocampo per non lasciare spazio agli intermedi locali. Con il vantaggio che il mucchio in neroazzurro sembra proprio più capace di quello verde di far girare il pallone e portarlo nelle vicinanze della porta avversaria. Latina al comando delle operazioni fin dall’inizio, palla a terra a circolare; Avellino in difesa, palla avanti a ben sperare. Il Latina interpreta il vecchio copione della zona mista in maniera più corrosiva dell’Avellino che, quanto a organizzazione tattica, lascia ancora a desiderare un modulo funzionale ad attaccare con un certo ordine di portata. L’attacco dei verdi quindi stenta a toccare palloni, e le occasioni vere sono tutte del Latina, almeno fino alla fine del primo tempo quando su un cross del terzino trattore Zappacosta si crea una buona cosa per il centrocampista Schiavon. L’Eros (Schiavon) del Partenio però non riesce ad anticipare categoricamente il portiere Iacobucci. Primo atto zero a zero e tutti i seimila intervenuti a cercare il modo di far scorrere nella gola qualcosa di caldo.[divider] La ripresa comincia con i lupi più calati nella parte della loro trasposizione simbolica, più aggressivi insomma. Aggressività però messa a dura prova dallo stopperone pontino Cottafava che, sfruttando una serie di blocchi offensivi buoni per stanare le marcature a uomo dei rastelliani, al 16’ incorna di precisione un pallone madido su corner dalla destra. Il guardaporta Terracciano resta a guardare…Comincia allora un’altra partita, invero più adeguata alle aspettative: Latina in retroguardia e Avellino all’attacco. E comincia soprattutto la fiera avellinese dei palloni scaraventati in avanti alla ricerca di qualcosa, ché poi ogni tanto qualcosa succede davvero…Come quando Gigino Castaldo fa un quasi gol su respinta del portiere prima del salvataggio audace e fortunoso di un difensore sulla linea; e soprattutto come nel primo minuto di recupero, allorché i quattro attaccanti intruppati nella mischia da Rastelli riescono a beccare una palla pulita al limite dell’area di rigore ospite, e zio Raffaele (Biancolino) con la sua tipica movenza sgraziata serve al nipotino Camillo (Ciano) la palla del pareggio. Lo scuro Partenio-Lombardi si sgrulla i mantelli di empito represso, e l’antico “lupi lupi!” spinge i locali a cercare la vittoria. Vittoria che, a grande detrimento delle virtù del Latina, potrebbe arrivare davvero all’ultimissima carica. Succede che, sullo schizzo improvvisato di un’azione rugbistica, il pietoso Castaldo calcia in drop il pallone del sorpasso con ostentato rammarico dei tifosi, fradici di pioggia e ora anche di peccati, vista la messe di sacramenti perduti nel pantano del tifo d’antàn di matrice religiosa. Indulgenza pronta per i fedeli dei verdi d’Irpinia, che a loro discolpa possono portare la croce di una sera di merla proibitiva, immolata a sostenere i loro angeli dalle silhouette lisce e dai piedi un po’ ruvidi. La vittoria arriverà contro avversari meno problematici, nel nuovo romanzo del girone di ritorno sempre più disincantato rispetto a quello di andata. Mastro Rastelli, con la zazzera indifferente al vento e all’umido, in sala stampa si arruffiana in giusta misura i tifosi e si dichiara soddisfatto della prova di orgoglio dei suoi. E allora diventa inutile avanzare pretese di spiegazioni accademiche o richieste troppo insolenti per la contingenza della (pur sempre) terza posizione di classifica.[divider]Sul (precario) versante stabiese, la Juve Stabia di Pea ottiene un buon pareggio nel suggestivo “Picco” dei compagni portuali più fortunati di La Spezia. Le vespe sembrano proprio un’altra squadra rispetto a quella bella ma superficiale dell’andata, e in fin dei conti sono davvero un’altra squadra. Non a caso, è il nuovo arrivo Falco a portare in vantaggio lo Stabia, al 13’, su un perfetto calcio mancino di punizione. Lo Spezia del precoce Devis Mangia reagisce al colpo impossessandosi del pallone ma non della sua reale utilità, e così comincia un possesso palla prolungato e mai seriamente pericoloso per i pali difesi dal pure malconcio Benassi. Pea il difensivista non chiede di meglio e lascia fare, e infatti tante “gettate” dalla distanza per i campioni dell’Alta Italia 1944 e poco altro.[divider]L’intervallo si annuncia con gli ospiti in vantaggio e con il pubblico spezzino in rumorosa disapprovazione. La compagnia di Pea già sa che alla ripresa dovrà fronteggiare l’assalto totale dei bianchi, e si predispone alla barricata. Nei primi dieci minuti del secondo tempo il muro gialloblù sembra reggere senza particolari crisi di panico, fino a quando il bravo centravanti locale Ferrari impone al suo marcatore Lanzaro un tackle da rigore. Il rigore c’è e lo stesso Ferrari si incarica del tiro spiazzando Benassi. A questo punto Mangia fa entrare alcuni pezzi pregiati del mercato appena concluso, soprattutto il regista offensivo Bellomo (in prestito dal Torino) che subito prende in cura la nevralgia piuttosto debilitante della sua nuova squadra. E dall’analgesico Bellomo vengono anche gli effetti positivi più significativi, balisticamente sempre a una certa di distanza di sicurezza dall’ammaccato ma impassibile Benassi, finalmente sostituito al 70’ dal vice Viotti. Si arriva alle cinque meno un quarto senza simulazioni di azioni da gol, emozioni (per così dire) contenute in qualche discreto contrasto di gioco buono per consumare un paio di ammonizioni. Solo all’ultimo dell’ultimo minuto di recupero il dodicesimo stabiese Viotti deve esibirsi in una parata non banale su un tiro di Madonna, ma non certamente della madonna…Alla fine lo Spezia applaude i suoi tifosi, che tuttavia non ricambiano (e come dargli torto). Le vespe invece ricevono dai loro incrollabili trenta fanatici al seguito il giusto riconoscimento alla dignità di non mollare. E di tentare l’impresa.[divider]
Allo stadio Partenio-Lombardi versione venerdì sera (co’ sta) pioggia e (e co’ sto) vento, l’Avellino aggiunge un punticino alla sua classifica e ne toglie due al Latina. E meno male, visto che il gol del pareggio arriva al 91’ dopo un inseguimento arruffone durato mezz’ora. Il Latina è squadra maschia (cioè portata a fare la parte attiva dell’atto prestipedatorio) e ben organizzata da quel mediano metodista di Breda che, a sorpresa della controparte, ordina ai suoi di far specular tenzone. E allora stesso modulo tattico dell’Avellino, col mucchione a centrocampo per non lasciare spazio agli intermedi locali. Con il vantaggio che il mucchio in neroazzurro sembra proprio più capace di quello verde di far girare il pallone e portarlo nelle vicinanze della porta avversaria. Latina al comando delle operazioni fin dall’inizio, palla a terra a circolare; Avellino in difesa, palla avanti a ben sperare. Il Latina interpreta il vecchio copione della zona mista in maniera più corrosiva dell’Avellino che, quanto a organizzazione tattica, lascia ancora a desiderare un modulo funzionale ad attaccare con un certo ordine di portata. L’attacco dei verdi quindi stenta a toccare palloni, e le occasioni vere sono tutte del Latina, almeno fino alla fine del primo tempo quando su un cross del terzino trattore Zappacosta si crea una buona cosa per il centrocampista Schiavon. L’Eros (Schiavon) del Partenio però non riesce ad anticipare categoricamente il portiere Iacobucci. Primo atto zero a zero e tutti i seimila intervenuti a cercare il modo di far scorrere nella gola qualcosa di caldo.[divider] La ripresa comincia con i lupi più calati nella parte della loro trasposizione simbolica, più aggressivi insomma. Aggressività però messa a dura prova dallo stopperone pontino Cottafava che, sfruttando una serie di blocchi offensivi buoni per stanare le marcature a uomo dei rastelliani, al 16’ incorna di precisione un pallone madido su corner dalla destra. Il guardaporta Terracciano resta a guardare…Comincia allora un’altra partita, invero più adeguata alle aspettative: Latina in retroguardia e Avellino all’attacco. E comincia soprattutto la fiera avellinese dei palloni scaraventati in avanti alla ricerca di qualcosa, ché poi ogni tanto qualcosa succede davvero…Come quando Gigino Castaldo fa un quasi gol su respinta del portiere prima del salvataggio audace e fortunoso di un difensore sulla linea; e soprattutto come nel primo minuto di recupero, allorché i quattro attaccanti intruppati nella mischia da Rastelli riescono a beccare una palla pulita al limite dell’area di rigore ospite, e zio Raffaele (Biancolino) con la sua tipica movenza sgraziata serve al nipotino Camillo (Ciano) la palla del pareggio. Lo scuro Partenio-Lombardi si sgrulla i mantelli di empito represso, e l’antico “lupi lupi!” spinge i locali a cercare la vittoria. Vittoria che, a grande detrimento delle virtù del Latina, potrebbe arrivare davvero all’ultimissima carica. Succede che, sullo schizzo improvvisato di un’azione rugbistica, il pietoso Castaldo calcia in drop il pallone del sorpasso con ostentato rammarico dei tifosi, fradici di pioggia e ora anche di peccati, vista la messe di sacramenti perduti nel pantano del tifo d’antàn di matrice religiosa. Indulgenza pronta per i fedeli dei verdi d’Irpinia, che a loro discolpa possono portare la croce di una sera di merla proibitiva, immolata a sostenere i loro angeli dalle silhouette lisce e dai piedi un po’ ruvidi. La vittoria arriverà contro avversari meno problematici, nel nuovo romanzo del girone di ritorno sempre più disincantato rispetto a quello di andata. Mastro Rastelli, con la zazzera indifferente al vento e all’umido, in sala stampa si arruffiana in giusta misura i tifosi e si dichiara soddisfatto della prova di orgoglio dei suoi. E allora diventa inutile avanzare pretese di spiegazioni accademiche o richieste troppo insolenti per la contingenza della (pur sempre) terza posizione di classifica.[divider]Sul (precario) versante stabiese, la Juve Stabia di Pea ottiene un buon pareggio nel suggestivo “Picco” dei compagni portuali più fortunati di La Spezia. Le vespe sembrano proprio un’altra squadra rispetto a quella bella ma superficiale dell’andata, e in fin dei conti sono davvero un’altra squadra. Non a caso, è il nuovo arrivo Falco a portare in vantaggio lo Stabia, al 13’, su un perfetto calcio mancino di punizione. Lo Spezia del precoce Devis Mangia reagisce al colpo impossessandosi del pallone ma non della sua reale utilità, e così comincia un possesso palla prolungato e mai seriamente pericoloso per i pali difesi dal pure malconcio Benassi. Pea il difensivista non chiede di meglio e lascia fare, e infatti tante “gettate” dalla distanza per i campioni dell’Alta Italia 1944 e poco altro.[divider]L’intervallo si annuncia con gli ospiti in vantaggio e con il pubblico spezzino in rumorosa disapprovazione. La compagnia di Pea già sa che alla ripresa dovrà fronteggiare l’assalto totale dei bianchi, e si predispone alla barricata. Nei primi dieci minuti del secondo tempo il muro gialloblù sembra reggere senza particolari crisi di panico, fino a quando il bravo centravanti locale Ferrari impone al suo marcatore Lanzaro un tackle da rigore. Il rigore c’è e lo stesso Ferrari si incarica del tiro spiazzando Benassi. A questo punto Mangia fa entrare alcuni pezzi pregiati del mercato appena concluso, soprattutto il regista offensivo Bellomo (in prestito dal Torino) che subito prende in cura la nevralgia piuttosto debilitante della sua nuova squadra. E dall’analgesico Bellomo vengono anche gli effetti positivi più significativi, balisticamente sempre a una certa di distanza di sicurezza dall’ammaccato ma impassibile Benassi, finalmente sostituito al 70’ dal vice Viotti. Si arriva alle cinque meno un quarto senza simulazioni di azioni da gol, emozioni (per così dire) contenute in qualche discreto contrasto di gioco buono per consumare un paio di ammonizioni. Solo all’ultimo dell’ultimo minuto di recupero il dodicesimo stabiese Viotti deve esibirsi in una parata non banale su un tiro di Madonna, ma non certamente della madonna…Alla fine lo Spezia applaude i suoi tifosi, che tuttavia non ricambiano (e come dargli torto). Le vespe invece ricevono dai loro incrollabili trenta fanatici al seguito il giusto riconoscimento alla dignità di non mollare. E di tentare l’impresa.[divider]
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