[dropcap]G[/dropcap]iorni di votazioni quelli appena passati. Siamo un Paese che produce elezioni ma non governi, produce consultazioni ma non maggioranze, produce referendum ma non decisioni. Oltre i due giorni delle elezioni romane, infatti, c’è stato un referendum consultivo a Bologna. Il quesito riguardava la concessione di 1 milione di euro (soldi pubblici) ad alcune scuole paritarie; A: contrario al finanziamento; B: favorevole a conservare i finanziamenti. Conservare, per l’appunto, e non scegliere se concedere un finanziamento, differenza molto importante.
L’affluenza è stata bassa ma, avendo natura consultiva, la cosa non ha particolare rilievo se non quello di fornire la possibilità a giornali, esponenti politici, economisti etc. di ribadire apoditticamente come sia sbagliato eliminare quei finanziamenti. Le reazioni sono state, ovviamente, univoche nel far notare la bassissima affluenza e come questa sia indicativa di un’indifferenza diffusa, “lasciamo le cose come stanno” insomma. E fatta eccezione per pochi giornali, esponenti politici e della cultura, nessuno ha notato che, a conti fatti, il no al finanziamento ha vinto. Ma c’è un punto che di proposito non si è voluto sottolineare: questo referendum (come eventuali che potranno seguire) è inutile.
Non bisogna discutere nel merito della questione. Si può essere d’accordo o a favore di un finanziamento diretto o non alle scuole paritarie, tutto è legittimo, ma non si tratta di questo, è una mera questione di legittimità: c’è un articolo della Costituzione che parla chiaro:
“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.”
Se il 100% dei bolognesi avesse optato per il finanziamento questo sarebbe rimasto comunque illegittimo e quindi impossibile da conservare. Quel “senza oneri per lo Stato” non lascia spazio ad interpretazioni fantasiose.
Le opzioni personali sono fondamentali in democrazia ma in questo caso la norma c’è già, non deve essere scritta. E, inoltre, a differenza di altre norme della Costituzione che permettono spazi ermeneutici molto ampi, questa è chiarissima: è garantito il pluralismo scolastico, sacrosanto in un ambito che mai dovrebbe prevedere un monopolio, ma questo non deve comportare oneri per l’erario. Se si è certi della bontà di un sistema che finanzia anche gli enti privati e se, cosa ancora più importante, si è certi che la maggioranza degli Italiani sia favorevole ad un finanziamento, allora si proponga una modifica della Costituzione e dell’art. 33. Dubitiamo che alla fine si possa realmente giungere ad una modifica, per due motivi: gli Italiani si rispecchiano in una norma del genere; è una norma che in teoria rientra nel nucleo forte della Costituzione che è quindi formalmente modificabile come le altre ma sostanzialmente intoccabile. A Bologna, tra l’altro, la scelta non era tra introdurre o non introdurre il finanziamento, ma conservarlo o meno. Cera, quindi, già una violazione di fondo e non di una norma vecchia o sorpassata bensì di un articolo della Costituzione che definisce il sistema scolastico.
Francesco Marangolo