
La volontà da parte della RAI di richiedere il pagamento del canone televisivo anche ad aziende e liberi professionisti ha suscitato, come prevedibile, un vespaio di polemiche. Secondo la normativa vigente attualmente, per usufruire dei servizi televisivi in un luogo di lavoro si è tenuti a pagare una tassa annuale che varia da 203 a 6789 euro (per gli hotel con oltre cento camere). L’obbligo del pagamento del canone speciale da parte di hotel, bar, ristoranti e circoli ricreativi che offrano ai clienti programmi televisivi è stato esteso dalla RAI anche ai liberi professionisti e alle aziende che, data la presenza di computer nei luoghi di lavoro, potrebbero almeno in teoria assistere alle trasmissioni. In realtà, la RAI sta attualmente attraversando una situazione di gravissimo deficit e per farvi fronte è ricorsa ad un vigoroso taglio dei programmi, combinato con l’invio a pioggia di richieste di pagamento a liberi professionisti, commercianti ed artigiani per esigere il pagamento del canone speciale. Confartigianato, in forte polemica con la RAI, ha ufficialmente chiesto al ministro Federica Guidi di intervenire, sottolineando l’evidente iniquità delle richieste fatte dalla televisione statale. L’associazione degli artigiani ha sottolineato come il fatto stesso di doversi giustificare di fronte alla RAI per essere esentati dal pagamento del canone rappresenti per le aziende una perdita di tempo e di risorse che, in una situazione di crisi come quella attuale, si converte in un vero e proprio suicidio. Antonio Verro, consigliere RAI, ha ribadito che il canone non è una tassa d’uso, bensì un’imposta di possesso: di conseguenza, tutti coloro che abbiano un apparecchio in grado di ricevere trasmissioni televisive – sono inclusi anche i personal computer – sono obbligati al suo pagamento. La decisione della RAI, di esigere il pagamento del canone speciale ha riportato a galla un conflitto mai risolto sulla questione di come determinare quali apparecchi siano realmente utilizzati per ricevere segnali radio-televisivi e quali invece abbiano una funzione prettamente lavorativa. I liberi professionisti che lavorano direttamente dal loro domicilio sarebbero tenuti, paradossalmente, al pagamento di un doppio canone, infatti, oltre a quello ordinario per gli apparecchi domestici si dovrebbe aggiungere anche quello speciale in quanto titolari di una partita IVA. Confartigianato, in attesa della risposta del ministro Guidi, ha già comunicato che ha allertato i suoi legali per poter agire di conseguenza nel caso la richiesta venisse respinta dal Governo Renzi.