
Sedicesima puntata della rubrica sulle sorti pallonare di Napoli e Avellino, le nostre migliori regionali in fatto di abilità prestipedatoria. Sorti di diversa ridondanza, in forza dei diversi livelli di cimento in cui le due truppe sono impegnate. Avellino vincente a sorpresa contro il nobile, più di ricordi che di presente, Bologna. Napoli prima vincente in campionato contro il Parma degli scioperati, poi vincente in supercoppa italiana contro la più nobile di tutte sebbene di nobiltà derivante dal lavoro (degli altri) di officina, la Juventus. Ci siamo ripromessi, per ragioni di facile suscettibilità delle fedi pallonare, di non nomare supercoppetta la supercoppa nazionale, e nemmeno di farne il dileggio ragionato, come pur la supercoppetta si meriterebbe…
Facciamo prima un po’ d’ordine. Giovedì scorso al San Paolo, davanti a ventimila indefessi fedeli e in anticipo funzionale alla supercoppa del lunedì, il Napoli ha facilmente piegato la resistenza recitata dal Parma ultimo in classifica e già sostanzialmente retrocesso. Due a zero il punteggio finale, gol di Zapata in bella azione e di Mertens su rigore nel primo tempo. Secondo tempo di controllo partenopeo e di defaticamento, e più non è il caso di sprecar parole.
Venerdì sera, al Partenio-Lombardi pieno di almeno settemila e pure loro indefessi fedeli, i lupi locali si sono ricordati della loro fama e fame giocando una partita di gran grinta, alfine vincendo e perpetuando la tradizione casalinga propizia contro il Bologna, oggi forte di padrone americano. Uno a zero è finita la vicenda, con gol unico e decisivo fatto da Demiro Pozzebon, il romano di famiglia veneta probabilmente emigrata nei primi anni del fascio/ventennio ad abitare il Lazio appena bonificato. “Puozzistabuon”, è ribattezzato Demiro dal popolo del Partenio, ma è gergo affettuoso. Avellino schierato in campo con modulo diverso dal solito catenacciante, modulo più geometrico come mastro Massimo disegna quando vuol giocare partita più raffinata, ma diversi sono stati soprattutto il coraggio e la voglia di lottare messi dentro la serata umida e natalizia. Già nel primo tempo i verdi hanno creato tanta ottima confusione nell’area avversaria, per poco non trasformando la confusione in gol in quattro diversi attacchi. In gioco l’Avellino aveva almeno tre riserve, guardiaporta Frattali su tutti. Su tutti perché molto buona è risultata la performanza sua, valorizzata da due difficili respinte su tiri ravvicinati degli attaccanti avversari, che in verità tanto non hanno fatto per non colpire lui rimasto erto sulle cosce invece di adagiarsi a terra come tanti guardiaporta fanno in similari circostanze. Ma sempre sicura e pronta è stata la riserva del portiere nero in tutte le occasioni in cui ha dovuto intervenire. D’altronde il Frattali non è più un ragazzino, contando ventinove anni e una buona carriera di serie C già in dote. Il resto l’hanno fatto gli altri, tutti insieme, proprio come una truppa abituata all’azione di gruppo e ai corpo a corpo con eguale dimestichezza, senza mai tracciare una linea e badare a difenderla sperando in dio per il rimanente. Gigione non ha segnato ma al solito è stato generoso e pericoloso, così l’iniziale compagno d’attacco Arrighini. I mezzocampisti, in numero di quattro, hanno spesso comandato su quelli felsinei, e l’andazzo della partita, come di ogni partita, è dipeso da questo. Precisione dei passaggi e forza nei garretti, i mezzocampisti di mastro Massimo hanno in tal modo dato il loro speciale contributo alla causa. Poi il gol, per quelle coincidenze delle quali diamo merito agli allenatori, è venuto da due pedatori entrati a pedatare a partita in pedatando, il belga Angeli e il Pozzebon già citato. Il primo ha tirato un pallone di punizione dalla trequarti che il secondo ha scarpato in gol dopo una carambola fra capocce difensive bolognesi. Due minuti prima il brasiliano Matuzalem aveva corroborato la sua nomea di “falloso e spesso espulso” prendendosi una seconda ammonizione, in verità affrettata, e lasciando in dieci i suoi compagni. Il suo e del Bologna allenatore uruguagio Diego Luiz Lopez, con zazzera lunga ma non elegante come quella del mastro nostro, non la prendeva bene e cominciava il suo recitar-protestando, dedicato all’arbitro ma pure al suo sottoposto recidivo. L’aria in strofe del povero Lopez andava velocemente in crescendo con il gol di Demiro e diventava gran sacramentando con la seconda espulsione a carico dei suoi un si bemolle dopo il gol buscato. Difatti il terzino Ceccarelli, andato in fumo di cervello, caricava a mo’ di toro le chiappe del nostro Kone e obbligava l’arbitro a cacciarlo dal campo per chiaro oltraggio al pudore oltre che al regolamento. Mancavano una decina di minuti alla fine e i fedeli del lupo avevano pure il tempo di godersi la sofferenza finale. L’Avellino così ha superato il Bologna financo in classifica ed è andato quarto, a pari punti con Lanciano e Spezia. È un anno ormai che l’Avellino ha gli stessi punti di Lanciano e Spezia…Oggi pomeriggio lupi in cimento nelle saline di Trapani per il turno della vigilia di natale.
E adesso passiamo alla supercoppa italiana, talmente italiana da giocarsi nel golfo di الدوحة, stato petrolifero del قطر. Lo stadio prescelto per la supercazzola si chiama Jassim bin Hamad, che non sappiamo chi sia; è costruzione piccola e aggraziata, sembra quasi un’elegante struttura privata da circolo di ricconi, può ospitare non più di quindicimila spettatori che neanche ci sono tutti nell’occasione. Il pubblico è quasi tutto arabo sebbene occidentale nell’abbigliamento, ad eccezione degli arabi di tribuna numerata (diciamo così) che sono vestiti da beduini. Il Napoli vince ai calci di rigore la partita/coppa (ovvero una partita un trofeo), dopo che ai tempi supplementari i suoi fedeli già si preparano a elaborare il lutto della sconfitta. Ecco, noi non ci saremmo uniti al lutto della sconfitta, così come non ci siamo uniti allo “sdegno” per la sconfitta contro il Milan, così come non ci uniamo al trionfo in atto per la vittoria sulla Juve. Del resto, le notizie dalla città ci dicono che i festeggiamenti notturni ci sono sì stati, ma contenuti e circoscritti, molto più tranquilli di quelli che certi media un po’ cialtroni hanno sperato e pure cercato di far passare. Ormai la storia si ripete, i cittadini sono spesso migliori non solo di quelli che li rappresentano ma pure di quelli che ne vorrebbero governare le abitudini.
Napoli e Juve si mettono nel campo persico con le formazioni migliori, anche perché il campionato è in pausa e la Juventus in particolare può non risparmiare nessuno di quelli sani. Rafelone fa giocare dall’inizio la retrovia titolare, subito avanti Gargano nei paraggi di David Lopez e Hamsìk per un centrocampo a tre teste invece delle solite due, in attacco De Guzman e Callejon a conforto di Higuain. La Juve parte meglio però, e dopo quattro minuti segna con il suo puntero argentino Carlitos Tevez, el jugadòr del pueblo, in sguscio fra Albiol e Koulibaly prima di smutandare Rafael. Tevez alla Juve stona con l’ambiente circostante, l’avremmo visto molto meglio in arene tradizionalmente più orientate verso il partito del popolo che non quello del re. Napoli ad esempio…Fatto è che il Carlitos proletario è proprio grande attaccante, e nella partita di supercazzola ne dà ulteriore dimostrazione. Il Napoli in seguito al gol freddo ha un momento di mancamento, ma poi riprende colore riuscendo ad arrivare alla fine del primo tempo con danni limitati. Nel secondo tempo madama Juve entra in campo supponente e molliccia, troppo convinta della sua pur reale superiorità. È così che il Napoli assume l’iniziativa costante e costringe la signora a starsene dietro a proteggere la serenità di Buffon, una protezione con scarsa attenzione però, quasi a non voler dare l’idea di infischiarsene troppo della supercazzola in palio. Infatti il Napoli con merito pareggia, Gonzalo di capoccia al minuto 68 dopo due pali colpiti da Gonzalo stesso e da redivivo Hamsìk. Un minutino prima del pareggio il mister dei gobbi, damerino Allegri, toglie professor Pirlo, che ci resta male, per l’argentino Pereyra. Comunque, subito il gol, la Juve decide di far vedere di nuovo chi comanda e costringe il Napoli alla difesa affannosa, non trovando il gol fino alle fine dei tempi regolamentari ma andandoci insistentemente appresso. Lo trova al primo tentativo dei tempi supplementari, grazie ancora a Carlitos che balla fra gli intimoriti Albiol e Koulibaly e di destro a incrociare immobilizza Rafael guardiaporta, liberando in esultanza il sorriso dolce nel viso truce, testimonianza di infanzia complicata che nessun contratto milionario ha indotto a cancellare con la chirurgia. Insistiamo nella nostra idea, Carlitos stona con l’ambiente juventino…Di nuovo sopra nel punteggio, la signora non si adagia di nuovo nella prosopopea della più adusa alla vittoria, ma nemmeno trova le forze per contrattaccare il terzo gol. Il Napoli infatti, in preda al coraggio che vien dalla sbirola, riprende la reazione dove l’aveva lasciata cercando di ripareggiare. Non dà l’impressione di poterci riuscire, troppo impreciso il fraseggio e troppo storta la luna di Callejon e Mertens (entrato in luogo di Hamsìk), pur dovendo Buffon chiudere due volte la strada profilatasi davanti al prode Gonzalo, la prima su passaggio involontario di juventino in salto e la seconda su mezzo pastrocchio fatto da Bonucci e Buffon medesimo. Nella prima delle due azioni, Buffon para di pugno a braccio disteso il bel tiro in equilibrio precario di Gonzalo; nella seconda lo contrasta con efficacia come battitore libero d’altri tempi. Il copione sembra arrivato all’ultima scena, all’epilogo senza sorpresa quando la commedia dell’arte pallonara improvvisa una divertente pulcinellata. Gargano dalla destra calcia dentro l’area avversaria un pallone a mezza altezza che il mezzo tappo Mertens riesce in qualche modo a fermare e a mettere nella disponibilità del destro ancora in equilibrio precario di Gonzalo, che segna, e che per esultanza mima un culo con le mani togliendo molta epica alla sua prodezza. In tale improvvisata finale Gianduja Buffon non tenta nemmeno la contro-prodezza e i suoi capi sabaudi in tribuna cominciano a pensare che il potere sarà sempre nelle loro mani, ma non conviene dare per finita la resistenza napoletana. Tiri di rigore.
Ad eroe napoletano assurge Rafael Cabral Barbosa, guardiaporta bravo quando c’è da stare in guardiola, dannoso quando ci sarebbe da abbondonarla un momento. I rigori per fortuna gli richiedono per legge di non allontanarsi dalla guardiola, così Rafael può addirittura divertirsi ad andare a destra e a manca sulla sua linea di sopravvivenza per cercare di distrarre quelli della Juventus. Carlitos forse si lascia distrarre e manda il rigore sul palo, dopo che Jorginho si è fatto parare il suo. Vidal e Pogba non si fanno distrarre proprio per niente e anzi consigliano a Rafael di finirla di fare il pagliaccio. Nel frattempo segnano il loro anche Ghoulam e Albiol. Tornato in atteggiamento consono, Rafael non ne prende tre di seguito come peraltro Buffon, poi ne prende uno ormai di oltranza e decisivo a Chiellini dopo l’errore di Mertens, poi ringrazia Pereyra che tira alto vanagloriando la parata di Buffon su Callejon. Quando para in bello stile il nono tiro, del terzinaccio Padoin dopo il palo-rete di Koulibaly, Rafael vorrebbe ringraziare la madonna alla maniera esibizionistica brasiliana, per fortuna arrivano presto i compagni di squadra a smorzarne l’invasamento sommergendone corpo e anima. La supercazzola è del Napoli.
Alla cerimonia di premiazione quelli della Juve vanno comunque sorridenti, a evidente riprova di quel pizzico di indifferenza verso la vicenda che a Napoli non vogliono sentir dire; quelli del Napoli vanno felici e contenti. Epperò, quando Hamsìk alza sulla cresta la coppa infiocchettata nelle tribune bianche non c’è più nessuno, sul campo ci sono solo i nostri dirigenti federali e qualche divertito beduino che solo adesso capisce chi ha vinto.
Nota a margine: mamma RAI ha coperto bene l’evento supercazzola, e soprattutto ci ha consentito di vederlo senza la tv a pagamento e senza gli urlatori della tv a pagamento. Solo che, subito dopo la partita, ci ha propinato come primo ospite della serata Luciano Moggi…Che senza indugio e senza scorno ha preso a parlar male del gioco di Napoli e Juve volendo dire che quando c’era lui era un altro spettacolo. Lo sappiamo, Luciano, lo sappiamo…