
Un gemellaggio tra musica e luoghi quello dei Quartieri Jazz e i luoghi più suggestivi di Napoli che in passato li ha portato a diffondere la propria musica a Palazzo Venezia, Galleria Borbonica, Museo del Sottosuolo, Villa Pignatelli, Palazzo Zapata, Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli, Casina Vanvitelliana.
Lo scorso sabato la band è tornata all’origine, infatti, proprio dalla Galleria borbonica era partito il progetto nel 2013 di portare il loro particolarissimo jazz nel cuore della storia della città.
Mario Romano, leder dei “Quartieri Jazz”, s’ispira a quelle lontane giornate di fermento e sangue del 1943 per il titolo del secondo lavoro discografico della band, “Le quattro giornate di Napoli”.
Il neapolitan gipsy jazz del gruppo rimbomba sulle pareti di tufo della Galleria borbonica che da luogo in cui si sono consumate giornate di terrore diventa un’insolita e suggestiva sala concerti, in cui la location e le note respirano all’unisono.
Un genere sperimentale inventato da Mario Romano in cui si fondono le sonorità del jazz manouche, ispirate a Django Reinhardt e Stochelo Rosenberg, a suoni che si ispirano alla tradizione napoletana. Il lavoro dei Quartieri Jazz è impregnato di storie che raccontano i vicoli del centro storico, le isole del golfo, le periferie. Senza mai indugiare su una narrazione musicale da cartolina, ma intrisa di memoria autobiografica.
Sabato 8 aprile a suonare è stata la chitarra di Mario Romano, accompagnato dal basso di Dario Franco e dalla chitarra classica di Alberto Santaniello che hanno alternato pezzi del nuovo album al precedente lavoro “E strade cà portano a mare”.