[dropcap]È[/dropcap] innegabile che rispetto alle figure, figurine e figuranti politici buona parte degli italiani provi una simpatia, delle volte empatia, verso Matteo Renzi; una simpatia che sfocia spesso nella fiducia tinta di speranza, un miracolo vista la desertificazione politica che è in atto in Italia. C’è un termine adattissimo, che pare fatto su misura per il sindaco di Firenze: opportunista. Gli calza così a pennello che ci si chiede: ma prima di Renzi chi era opportunista? Come distinguevamo un opportunista da uno che non lo è per niente?
Effettivamente qualsiasi persona possa venirci in mente non potrà mai minimamente gareggiare con il sindaco rampante, che, piaccia o meno, ha più di chiunque altro delle doti di argomentazione condite con una capacità mnemonica davvero considerevoli. Riesce a non farsi mai mettere in un angolo, qualsiasi avversario o interlocutore si trovi davanti; ed è il motivo per cui Berlusconi mai avrebbe deciso di tornare se il candidato premier fosse stato Renzi, cosa che non sarebbe mai accaduta perché con lui il PD, per come è esistito fino ad ora (ed i risultati li conosciamo), non esisterebbe.
È simpatico Renzi, diciamolo, ci piace, però è opportunista, molto opportunista. Un po’ come quando, subito dopo il giuramento del Governo Letta, prometteva fedeltà oltranzista e collaborazione assoluta per poi dimenticarsene qualche giorno dopo avanzando critiche alle azioni e figure del Governo. È molto opportunista quando va dalla Merkel e da Hollande per farsi conoscere preventivamente, non si sa mai, meglio portassi avanti con il lavoro.
Ha delle capacità il buon Matteo, “Fonzie” Renzi come lo chiamano alcuni dopo la foto con la giacca di pelle, delle capacità indiscutibili; può andare da Maria De Filippi e dalla Bignardi, da Fazio e da Mentana. Non si sottrae a nessuno, o quasi. Parla di quasi tutti gli argomenti, anche di quelli che non conosce, ed in questi casi svia perfettamente la domanda: “Cosa pensa degli f35?” “Io sogno per gli Stati Uniti d’Europa, il servizio militare europeo”. Si ma che c’entra? Direte voi. Ma non è questo il punto, Matteo ha la risposta, non quella giusta o quella sbagliata, ma quella che piace agli italiani (alcuni). Perché? Perché il giovane Matteo è più furbo degli altri, di tutti gli altri, esponenti politici, non che ci voglia molto, la concorrenza non è granché, però è davvero di un altro livello, un po’ come D’Alema, per questo non sono mai andati d’accordo, ma rispetto al Lider Massimo il Renzi nazionale è più simpatico, o perlomeno riesce ad esserlo, sa perfettamente che deve essere più simpatico, ma non alla CIGL e a chi partecipa al congresso o alla direzione, non deve essere simpatico solo (e in parte) a chi sta nei circoli. Renzi deve essere simpatico a tutti. Ed e giusto così. “Se una coalizione deve vincere che male c’è a dire voglio prendere anche i voti dell’altra parte? Se i nostri non bastano, e fino ad ora non sono bastati, come in tutte le democrazie si prendono voti dall’altra coalizione”, ha detto più volte, e come dargli torto? Impossibile. “È di destra!”, hanno detto, magari è vero, ma rispetto a chi? Al PD che somiglia sempre più ad una DC ma un po’ più di destra? Forse è di destra rispetto all’idea platonica della sinistra italiana, quella sinistra dei D’Alema, Napolitano e Bersani. Quindi nessuno ha preso sul serio quelli che lo accusavano di essere il nuovo Berlusconi. “Impossibile, usa twitter benissimo, anzi ha smesso di usarlo con frequenza proprio quando smetteva di essere una cosa figa”, sembra di sentirli i giovani che non vedono l’ora di votarlo.
Quello che nessuno capisce è che Matteone sa quello che va fatto. Ma non le riforme, perché su quello (le proposte ed idee) qualcosina da sindacare ci potrebbe essere (Marchionne, Fornero, Blair, Ichino etc.) ed inoltre dipende da come la si pensa; Renzi sa che gli italiani non vogliono nemmeno più vedere un rimborso? allora aboliamoli. I politici rubano? io vi dico anche quanto ho in banca. Quelli sono comunisti? Io non sto con loro. Quelli sono impresentabili? Io sono al di la di loro. Matteo è quello che alla domanda: “Ma crede che l’antiberlusconismo sia un valore?” attacca con un pippone mega galattico, di quelli che manco Veltroni.
Non potrà mai fare il leader di una coalizione di sinistra, quella vera, ma non perché non sia di sinistra, se servisse diventerebbe anche di sinistra (metterebbe l’orecchino alla Vendola), ma perché la sinistra in Italia è perdente, e lui invece vince. Gli italiani non sono di sinistra, hanno paura, terrore, della sinistra, ma non quella finta che c’è stata in Italia fino ad ora, quella vera, dei diritti civili e della Costituzione, quella legalitaria e garantista, quella dell’economia sociale e moderna. Gli italiani non vogliono questo, perché toccherebbe loro cambiare, nel profondo. Matteo gli propone di cambiare ma non troppo e non subito: “Votatemi perché sono io il cambiamento, se arrivo io voi potete anche rimanere così, cambiare lentamente, senza scossoni, me la vedo io, sono io il cambiamento che sareste costretti a fare da voi e che vi evito”, sembra dirci.
È nuovo, è fresco, è pulito, Matteo. Non conta ciò che dice, almeno non sempre, ma come lo dice. Ci sono cose intelligenti, badate bene, cose giuste e moderne tra un “io a Firenze ho fatto queste cose” ed un “io sono fedele a Bersani, Letta etc.”. È moderno, nei modi e nei contenuti anche quelli che tanto moderni non sono, perché ricordano la Gran Bretagna degli ’80. E quando ci dice “Io Berlusconi lo batto sul campo” sembra quasi più credibile di un Franceschini o Rutelli qualunque. Perché Matteo è così: vincente, per questo non sta del tutto simpatico a quelli del PD. “Ho fatto finalmente una cosa di sinistra: ho perso”, disse dopo il secondo turno delle Primarie, con il suo mezzo sorriso che lo caratterizza, il ghignetto di chi è certissimo, invece, di aver vinto, vinto alla grande, ed infatti sappiamo come è finita: nel caos totale, nella tragedia del Quirinale, e nella nausea da governissimo il Matteo gongola; alterna parole docili a sonore bastonate, dice di essere contento se il Governo fa bene ma puntualmente ogni giorno butta il sassolino. Critica quasi tutti, senza paura di farsi mille nemici, dai Cinque Stelle ai sepolcri imbiancati ex P.C.I., ex P.D.S., ex D.S. “Non diventi il Governo del rinvio, ma sono fedele ad Enrico, è un amico, dalle grandi capacità”, lo dice un giorno si è l’altro pure. Usa la parola “io” in tutte (davvero in tutte) le frasi, quale sia la domanda, segno di iper narcisismo non particolarmente fiorentino ma molto ipnotico. Incontra Berlusconi (ma come sindaco), Briatore, Serra (non Michele, l’altro), cena con Farinetti e Baricco e scherza con Jovanotti, usa Ipad ed Iphone e gira in bici.
Non si batte Matteo, non lo si batte in nessun modo. E forse è un bene, o un male, dipende dai gusti. Il livello mediocre (o penoso?) della politica italiana gli facilita il lavoro? Non importa. Perché matteo è bravo. Farà strada il ragazzo.
Francesco Marangolo