
Ventitreesima puntata della rubrica instabile sul Napoli e sull’Avellino, che stabilmente proseguono nel loro campionato d’alta classifica. Il Napoli insiste nella sua rincorsa al secondo posto generale vincendo contro il piccolo ma ben messo Sassuolo. L’Avellino dei generosi vince la sua partita sul campo del forte Livorno e addirittura lo supera nella generale, che adesso mette i lupi irpini al terzo posto a due punti dalla seconda. Grande giornata per l’Avellino, che espugna il campo forse più difficile della cadetteria e fa trastullare i suoi tifosi con pensieri di nuove imprese. I pensieri dei fedeli del lupo cominciano a perdere di prudenze e autocontrollo, anche perché era troppo tempo che quei fedeli aspettavano una vera botta di vita.
Rispettando come al solito la cronologia dei fatti, cominciamo dall’Avellino. Livorno-Avellino è partita di cartello, giocano terza in classifica contro quarta, perciò quelli che organizzano e che comandano decidono di farla fare domenica alla mezza, come fosse una processione. In verità la ricorrenza c’è, anche solenne per le nuove consuetudini del mondo della pedata, e riguarda i festeggiamenti per il centenario dell’Unione Sportiva Livorno, come ancora la chiamano i tifosi nella terzina in rima baciata che compare su un lungo striscione esposto nella curva nord dello stadio. Lo stadio è il vecchio “Armando Picchi”, già “Edda Ciano Mussolini”, per i livornesi semplicemente “l’Ardenza”, opera fascista nella città più comunista d’Italia, che del fascismo conserva la semplicità delle forme e del comunismo i simboli in curva. “L’Ardenza” è affascinante come tutte le vecchie arene che non offrono superflue concessioni alla modernità comoda, nell’occasione è pure affollato, circa diecimila i presenti, di cui più di mille venuti da Avellino e da altri posti dove seguaci del sodalizio biancoverde sono emigrati. Le due squadre soffrono di qualche defezione, più numerose quelle del Livorno, che tuttavia ha organico tale da sopperire agli assenti senza necessità di particolari invenzioni. L’ingresso in campo delle squadre avviene in un bel clima di baldoria, i colori delle due parrocchie, l’amaranto e il verde, colorano le gradinate e riflettono i raggi di un sole freddo. Nessun problema di ordine pubblico senza necessità di alcun “gemellaggio” fra le tifoserie, come sempre dovrebbe essere ma non sempre è. Avellino al cimento in verde smeraldo, Livorno in amaranto con maglia celebrativa, elegante e in stile primo Novecento, peccato solo che i disegnatori si sono dimenticati di toglierci dal retro i cognomi dei pedatori e tutti i numeri superiori all’11…Mastro Massimo Rastelli, che ben consapevole è della forza del Livorno e ne teme soprattutto la capacità offensiva, schiera i suoi col modulo “barricadero” da trasferta: tre marcatori centrali, due terzini di fascia, tre mediani a ulteriore protezione e due punte al loro destino. Ezio Gelain allenatore del Livorno pure predilige un modulo teoricamente non molto diverso da quello avellinese epperò lo imposta sull’attacco, lasciando i tre marcatori senza ulteriori raddoppi in fascia, chiedendo invece ai due di fascia di fare le ali più che i terzini e mettendo un centrocampista a fare la mezzala di supporto alle due punte. E poi la cifra tecnica dei suoi sottoposti è complessivamente superiore a quella dei sottoposti di Rastelli, quindi comandare il gioco e conquistare metri, in una partita in casa, diventa logico sviluppo delle operazioni. Probabilmente la cosa non deve dispiacere a Rastelli, che può contare su reparto difensivo duro e veloce, e che alla truppa ha ordinato la difesa, casomai il contropiede con lanci lunghi a cercare Gigione (Castaldo) e Marcellino (Trotta) per farli scornare con i difensivi avversari e magari conquistare qualche palla sporca nei paraggi dell’area avversaria. Fin da subito si capisce che partita sarà, Livorno all’arrembaggio e Avellino trincerato. Nel primo tempo l’ardire dei labronici non riesce a creare brecce nel doppio muro irpino, capeggiato dal mezzocampista Mariano Arini coi garretti a pieno regime. Qualche tiraccio dalla distanza e una sola incursione arrivata dentro l’area del portiere nero, che respinge coi pugni la botta di Siligardi. L’Avellino niente o quasi recapita al guardiaporta amaranto Mazzoni. Il secondo tempo non cambia l’andamento della vicenda, il Livorno vorrebbe ma non riesce e l’Avellino riesce a non volere, per quanto i lupi comincino a mostrare un cambio di tattica nell’ultima mezzora di battaglia, quando il comandante non a caso fa entrare l’incursore Zito in luogo dell’esploratore Sbaffo che evidentemente ha finito il suo compito. Poco prima il compassato brasiliano Emerson da quaranta metri ha scheggiato l’incrocio dei pali difesi dal portiere nero, poco dopo Pisacane rischia l’autorete su un cross proveniente dal lato difensivo destro. Per il resto il Livorno schiuma, spinge, arremba ma non sortisce granché dentro il bunker dell’Avellino, Avellino che però comincia a portare qualche azione nel campo avversario (Zito soprattutto) e a conquistare qualche palla sporca al limite d’area livornese (Marcellino tira e il portiere respinge). Mister Gelain fa entrare Galabinov non sapendo che il bulgaro è ancora dei nostri…Galabinov piazza là davanti la sua stazza e si consegna all’abbraccio di Fabbro (subentrato all’infortunato Rodrigo Ely) che troppo bene ne conosce locomozioni e modalità di spostamento. Sulle frattaglie di un corner che sembra allontanato dalla difesa livornese, lo stopper Chiosa ributta la palla dentro l’area dove l’omologo e lento Emerson non solo tiene in gioco tutti ma di testa serve il pallone a Marcellino; Marcellino addomestica col petto il rimbalzo del pallone, lo fa rimbalzare ancora una volta, aspetta l’altezza buona, e in coordinatissima mezza girata mancina ignora le braccia di un livornese sul collo mandando la palla in rete e in brodo di giuggiole i cuori increduli degli irpini. Manca poco alla fine. Il Livorno proprio non ci sta a perdere, l’Avellino non ci sta a mollare il bottino. I nove minuti che restano, comprensivi del recupero, sono di fuoco. A un certo punto il gol del Livorno sembra fatto trovandosi Biagianti a tu per tu col portiere nero e con tutti i nove metri di porta a disposizione. Il portiere nero allora si allarga come portiere di hockey riducendo la porta di pallone a gabbiotto, e col piedone sinistro salvando il risultato. Quando si dice un grande portiere.
Sul versante napoletano, di lunedì sera il Napoli è chiamato ad affrontare il Sassuolo, squadra modesta negli effettivi, con classifica medio-bassa grazie ad un’alta idea di gioco. La Roma è in crisi e i fedeli del ciuccio sanno che vincendo contro il Sassuolo il secondo posto diventerebbe molto più che una speranza, perciò affollano lo stadio numerosi e rumorosi. Rafelone dal canto suo può schierare i titolari non dovendo preoccuparsi della partita di giovedì prossimo in coppa UEFA (o come cavolo la chiamano) dove il passaggio del turno contro i turchi è più che accaparrato. Mancano solo pipita Higuain (hai detto niente), squalificato, e sagrestano Rafael, in riflessione. Al loro posto Zapata e il guardiaporta argentino Andujar. Nel Sassuolo comandato da Eusebio Di Francesco ci sono i buonissimi attaccanti Zaza e Berardi, ma soprattutto ci sono Floro Flores e Paolo Cannavaro, ex azzurri ancora molto benvoluti dal pubblico del San Paolo. Nel primo tempo, fino al quarantesimo gli eventi più rilevanti sono le sostituzioni che Di Francesco è costretto a effettuare a causa degli infortuni di Antei e proprio di Paolo Cannavaro, al posto dei quali entrano i vecchi Biondini e Bianco. Un tiro di Berardi in dribbling su Koulibaly è l’unico serio pericolo per lo zero a zero. Poi, negli ultimi dieci minuti del tempo, il Napoli costruisce tre nitide occasioni in cui Hamsìk è ispiratore o finalizzatore. Ad ogni modo il primo tempo finisce zero a zero e il fatto è abbastanza incontestabile.
Nel secondo tempo gli azzurri (con l’orrenda divisa di jeans) risalgono dagli spogliatoi con più grinta in corpo, probabilmente sermonati da Rafelone. Zapata su lungo cross di Maggio usa la capoccia per indirizzare in porta il pallone, che però esce di poco. Ancora Berardi di sinistro spaventa tutti con un tiro dal limite d’area che sfiora il palo destro di Andujar. Al minuto 61 il Napoli segna, grazie a Zapata che sfonda centralmente la difesa ospite di forza e di fortuna e con bel tiro manda il pallone nell’angolo destro della porta difesa dal giovane Consigli. Dieci minuti scarsi e il Napoli raddoppia, con meritato gol di Hamsìk su sponda ancora di Zapata che i marcatori del Sassuolo non hanno la forza di spostare dalle sue posizioni. Mertens, entrato in luogo di Gabbiadini dopo il gol di Zapata, vuol fare un fallaccio inutile a centrocampo e l’arbitro lo espelle. A questo punto la tranquillità del doppio vantaggio è un po’ turbata dall’inferiorità numerica, e la tranquillità sarebbe molto turbata se un dardo scagliato dal mediano Magnanelli al minuto 77 non trovasse la respinta in volo di Andujar, per una parata applauditissima dal pubblico forse pure come messaggio all’allenatore. Il Sassuolo si demoralizza di nuovo, sembra non avere più molte energie, il Napoli riprende a vincere i duelli individuali e Callejon fallisce il terzo dalla sua posizione preferita. Finisce due a zero e i punti di distacco dalla Roma diventano tre. A giocare per il secondo posto…
La serie A nella giornata trascorsa (ma non ancora finita) ha dato ennesima prova di disorganizzazione e di incasinamento. Il Parma non ha potuto giocare la sua partita per mancanza di soldi, essendo ormai tecnicamente e abbondantemente fallito. Era fallito anche quando si è iscritto al campionato solo che nessuno se n’era accorto…I calciatori e l’allenatore Donadoni, dignitosi nell’occorrenza, stanno facendo in modo di continuare a giocare per non falsare il campionato e, più importante, per aiutare gli altri dipendenti del club (amministrativi, magazzinieri, addetti stampa, steward ecc.) a non perdere i loro stipendi “normali”. Il derby di Genova programmato per sabato sera è stato rinviato per pioggia, o meglio, è stato rinviato per mancanza di teloni a protezione del terreno di gioco. Così si è saputo che la ditta fornitrice è entrata in “sciopero” perché avanzerebbe da Genoa e Sampdoria circa due milioni di euro. Il presidente doriano Ferrero e quello genoano Preziosi, ricorrendo a notevole faccia tosta, sabato sera hanno comunque cercato di dare la colpa al destino. Ma sabato, a Genova, semplicemente pioveva.