
Ventisettesima puntata di rubrica instabile di pallone regionale ancorché sfarfallante solo delle migliori squadre in circolazione. Il Napoli e l’Avellino, migliori rappresentanti pedatorie nella regione, giocano le loro partite in osservanza delle giornate trentesima di massima serie e trentacinquesima di cadetteria. Una sconfitta e una vittoria prendono le nostre migliori, che a sto punto tanto migliori non sono più, almeno nei rispettivi campionati. L’Avellino perde di misura a Vicenza contro il Vicenza fu mitico Lanerossi una partita che sarebbe stato molto importante non perdere. Il Napoli vince in casa contro la Fiorentina una partita che sarebbe stato importante vincere, e vincere nel modo in cui è stata vinta. Tuttavia Napoli e Avellino sembrano essersi staccate dai ganci che per diversi mesi le avevano tenute attaccate al terzo (Napoli) e terzo/quarto (Avellino) posto della generale, per ciondolare in posizioni di graduatoria ancora discrete per l’almanacco ma non più per gli obiettivi annuali dei due sodalizi. Il Napoli quarto in classifica ma decisamente più vicino al quinto/sesto posto che al terzo rischia seriamente di non conquistarsi il diritto di partecipare alla più carica (di milioni) coppa europea della prossima stagione; che poi la coppa UEFA (o come cavolo la chiamano adesso) attuale si possa ancora vincere e così impreziosendo due volte la stagione è faccenda diversa. L’Avellino sesto in classifica ormai ha dimostrato di non avere la tempra e le forze necessarie per puntare al secondo posto e quindi fare la grande impresa; il fatto è che l’ingresso nei playoff, possibile fino all’ottavo posto della generale, se non si ottiene da terzi/quarti rischia di diventare un semplice sfizio di partecipazione, stanti le disposizioni del regolamento decisamente (e forse pure giustamente) sbilanciate a favore delle prime due dopo le prime due direttamente promosse in serie A. Ciononostante, mancando otto giornate alla conclusione della serie A e sette alla conclusione della B “regolare”, nulla (beh insomma, quasi nulla…Juventus e Carpi hanno già stravinto i campionati) è ancora stabilito nel gran mondo della pedata nazionale, altre prove e altre scene avranno Napoli e Avellino per non finire sfumando un film che invece prometteva un gran finale.
Replicando la norma della sequenza temporale dei fatti, ricominciamo dall’Avellino. Venerdì sera, nell’anticipo serale del campionato, l’Avellino di mastro Massimo Rastelli va di cimento nel “Romeo Menti” di Vicenza per dar luogo alla partita fra terza e quarta della classifica. Lo stadio di vecchia ma solida architettura è quasi pieno, il terreno di gioco sembra avere la varicella, il famoso palo della tribuna che una volta ostruiva le telecamere non c’è più. Il nord-est è davvero lontano e neanche terra molto battuta dalla speranza emigratoria irpina, non molti allora i seguaci del lupo al seguito, non più di trecento. Mastro Massimo, sempre imprevedibile nella scelta dei titolari di giornata, manda in campo una formazione “strana”, in cui la principale stranezza è l’impiego del belga nato guineiano Soumare Mohamed, una mezza punta. In realtà l’intento di mastro Massimo è non tanto quello di mettere una mezza punta a supporto delle punte Gigione e Marcellino quanto quello di mettere un uomo alle calcagna del vicentino Di Gennaro, regista della squadra allenata da Pasquale Marino da Marsala. Il portiere nero, a dispetto della nostra previsione nella puntata precedente, torna titolare, ma solo per l’improvvisa indisponibilità del Frattali. Nel Vicenza, per quello che può interessare, oltre al già citato Di Gennaro Davide nel mezzo, davanti c’è il forte centravanti Cocco Andrea, già autore di un “gollone” nella partita d’andata. Il primo tempo della sfida è piuttosto brutto, col Vicenza frenato dalla marcatura costante di Soumare su Di Gennaro e l’Avellino dai soliti limiti di impostazione. Tutto sommato l’Avellino gioca la palla pure più del Vicenza e riesce a tenere lontani i biancorossi dalla propria zona rossa. Neanche l’Avellino infastidisce il guardiaporta avversario Vigorito epperò, considerando la delicatezza dell’incontro e l’importanza di non perderla, i tifosi del lupo cominciano a convincersi delle difficoltà del Vicenza e a sperare nella classica partita da zero a zero, che ottimo risultato sarebbe per noi. Ma la sensazione non fa in tempo a radicarsi che al minuto 36 un lancio lungo verso l’area avellinese sembrerebbe facilmente controllabile dallo stopper Chiosa, senonché il Cocco centravanti spinge alle spalle il Chiosa spostandolo dalla copertura della palla, fregandogliela e infilandola col piedone sinistro nella porta del portiere nero. L’azione sarebbe viziata da fallo del Cocco sul Chiosa ma l’arbitro non vede o, più probabilmente, vede ma non fischia in quanto lo stopper non stramazza al suolo sulla spinta del centravanti. Ormai questo è il metro di giudizio degli arbitri moderni, fischiare non quando c’è un fallo bensì quando c’è una caduta, che poi quasi tutte le cadute siano sceneggiate agli arbitri moderni (e ai loro istruttori) non sembra interessare. Il tempo finisce uno a zero per i padroni di casa e mastro Massimo deve ripensare la tattica per il secondo. Così, al ritorno in campo c’è il centrocampista più offensivo Sbaffo in luogo del più difensivo Arini, e pure Mohamed cambia incarico dando vita con il vicentino Di Gennaro ad un sottile gioco di ruoli, col pedinato che spesso diventa pedinatore. I lupi attaccano molto, con rabbia, e chiudono gli avversari nella loro metà campo; il carattere c’è, in una manovra che farragina, in una ricerca di spazi sulle fasce dove i terzini non riescono a fluidificare e a crossare. Eppure quattro buone opportunità si registrano dall’inizio della ripresa fino al ’75: di Marcellino, Gigione (un paio) e D’Angelo nel frattempo subentrato a Eros Schiavon poco ispirato. Al minuto 75 mastro Massimo mette dentro la terza punta Gianmario (per il generoso Mohamed) ordinando lanci lunghi dalla difesa a sperare, oltre che in dio, nei tre fustacci in prima linea. Mister Marino del Vicenza serra ulteriormente i ranghi e la sua squadra supera senza affanni l’ultimo quarto d’ora. Finisce uno a zero per il Vicenza, l’Avellino perde ma la sconfitta non se la merita. I calciatori biancoverdi si prendono gli applausi dei trecento fanatici, ma dalla prossima a Varese non si può più perdere, nemmeno senza subire un tiro in porta.
Il Napoli, messo in ritiro punitivo dal presidente De Laurentiis subito dopo l’eliminazione dalla coppa Italia contro la Lazio, di domenica pomeriggio in orario decente ma davanti a non molti spettatori (ormai anche a Napoli il pubblico è umorale nella presenza allo stadio) affronta la Fiorentina di mister Vincenzino Montella, raro esempio di moderno allenatore di pallone gentile e simpatico nei modi e perfino sportivo nelle dichiarazioni. Dicono che sia del PD, Vincenzino, renziano più per obbligo di militanza fiorentina che per militanza politica. Almeno, Vincenzino non ha chiesto nessuna poltrona…
Nel primo tempo il Napoli, schierato da Rafelone col solito modulo, lascia fare alla Fiorentina ciò che quella vuol fare, tenere la palla e farla girare. La strategia difensiva del Napoli è (curiosamente) molto accurata, e i due marcatori (Albiol e Koulibaly) non vengono mai lasciati soli contro la velocità e la tecnica formidabili dell’egiziano Salah. Il copione allora prevede gli ospiti a tessere la tela di passaggi per poi cercare il pertugio buono in cui infilarsi, e il Napoli a rompere la tela quando i filamenti cominciano a infittirsi nei pressi della propria area. Succede insomma che la Fiorentina non trovi mai il pertugino favorevole e che il Napoli, di rimessa, trovi spaccature ben più ampie nella difesa viola, che si salva un paio di volte prima di subire il gol “a giro” di Mertens al minuto 23. Se prima del fatto di gol il Napoli appare ancora un po’ titubante, dopo quel fatto comincia evidentemente a sciogliersi, di testa e di gambe, e a occupare il campo con diffusa sicumera. Verso la fine del tempo una randellata di Gonzalo dal limite d’area, a scorciare un’azione in dribbling che le forze attuali del “pipita” non gli consentono di continuare, manda il pallone sulla traversa e poi in campo. Alla moviola, si vede come il pallone rimbalzi oltre la linea della porta e quindi in gol. Ma nella vita reale quel gol nessuno lo può “vedere”, tuttalpiù si può ipotizzare sulla base dell’esperienza. Per questo, le solite polemiche sulla presunta cecità degli arbitri di porta ci sembrano oziose e pure ottuse. Queste polemicuzze, infatti, non tengono conto dell’impossibilità dell’occhio umano, anche di un occhio allenato come quello degli arbitri di pallone professionisti, di fotografare il millesimo (o anche meno?) di secondo in cui una pallottola sferica di settanta centimetri, ad una velocità superiore ai cento chilometri orari, batte in terra dopo aver colpito un’asta trasversale sospesa a non più di due metri e quarantaquattro centimetri dal suolo e in tal modo mutando decisamente la sua traiettoria…Ragazzi, ci vorrebbe Mandrake! O la tecnologia, che esiste e che non a caso è chiamata “occhio di falco”, mica occhio ceruleo…Che poi i cosiddetti giudici di porta abbiano contribuito e peggiorare gli arbitraggi, soprattutto perché hanno determinato un impazzimento nel metro di giudizio dell’arbitro principale (un “contatto” in area, ad esempio, per il giudice di gara può essere fallo e rigore e non così per l’arbitro) che i calciatori cercano di capire dopo i primi minuti di gioco e a cui adeguano il loro modo di giocare (comprese furbizie, manfrine e antisportività), è altra questione. A parer nostro, in certi sport come il calcio l’arbitro è unico per definizione, e unico e solo contro tutti deve rimanere a esercitare il suo ruolo. Magari con l’aiutino del falco.
Tornando alla partita Napoli-Fiorentina e segnatamente al di quella secondo tempo, aggiungeremmo poco. Il Napoli domina il campo sempre di più, la Fiorentina in brutta giornata si fa sempre più innocua anche nei suoi migliori. Vincenzino il renziano mette dentro il centravantone Mario Gomez, che sostanzialmente non tocca palla…Gonzalo si fuma un gol che non è da lui; al minuto 70 segna Hamsìk (subentrato a Manolo) con abile tocco di giustezza su passaggio di Callejon; altri quasi gol del Napoli; prima occasione per la Fiorentina al minuto 85, su leggerezza del guardiaporta Andujar forse intorpidito dalla noia sua personale; terzo gol, volante, siglato da Callejon a finalizzazione di giocata pensata e fatta da Lorenzino (subentrato allo stanco Gonzalo). Tre a zero finisce la vicenda, e il pensiero subito corre ai “quarti” contro i tedeschi in coppa UEFA, o come cavolo…