
Proteste, rivendicazioni sociali, scioperi, manifestazioni di piazza, scontri, guerriglie urbane, infiltrazioni terzomondiste, slogan sindacali, bandiere anticapitaliste, repressione governista, la presidente “dos trabalhadores” Dilma Rousseff costretta a imbonire il suo popolo a reti unificate. Il Brasile “Order e Progresso” riscopre la voglia di lottare e di ribellarsi al governo ladro e allo Stato corrotto, ed è costretto a farlo contro la sua più amata ossessione, “o futebol”.
Nell’afosa indolenza tropicale di Manaus sulla riva sinistra del Rio Negro, la nazionale pedatoria del ct Cesare Prandelli, detto l’etico utilitarista, esordisce nel più odiato dei mondiali di pallone affrontando i maestri di Albione. Come molto probabilmente saprete, il sorteggio FIFA di dicembre scorso ha messo gli azzurri quadricampioni del mondo al cospetto della misteriosa Costarica, del giovane e forte Uruguay e della nobile Inghilterra appunto formando un girone di ottima tradizione e di non meno presente. Il cammino di avvicinamento dei nostri uomini in mutande al torneo più ricco e televisto del globo terracqueo non è stato molto lineare, tantomeno foriero di particolari entusiasmi a meno di affidarsi alla cabala e ripensare alla leggendaria primavera/estate del 1982, quando gli azzurri del “vecio” Bearzot e del compagno Pertini si impiparono Argentina di Maradona e Kempes, Brasile di Falcao e Socrates (e chi più ne ha più ne metta), Polonia di Zmuda e Lato, Germania Ovest di Schumacher e Rummenigge e divennero gli eroi di Spagna, ma solo dopo aver subito strami e fulmini dalla stampa e dai tifosi per causa dei risicati risultati che precedettero quel mondiale e solo la seconda fase. Oggi in verità il clima è meno cattivo intorno agli azzurri, e nessuna guerra guerreggiata è stata ed è in atto fra squadra e giornalisti al seguito. Quindi, pur non rubando l’anima per bellezza di gioco e di risultati, la truppa milionaria di Prandelli arriva all’esordio con tutti gli incoraggiamenti e le partigianerie del caso.
A Manaus si gioca nello stadio chiamato “Arena de Amazonia”, cattedrale di contemporanea bellezza e di tragica inutilità, coll’erba ancora in fase di germoglio e col terriccio insolente pitturato di verde. Le sei del pomeriggio ora locale, mezzanotte in Italia, le 11 p.m. in Inghilterra. Gli inglesi sono guidati da quel vecchio signore di Roy Hodgson, già allenatore dell’Inter (e dell’Udinese) e sempre stimato fra i “bauscia” di Milano, stratega pallonaro forse poco strombazzato eppur molto sagace. Hodgoson ha vinto coppe e campionati solo in Scandinavia, sinceramente dubitiamo che in Brasile possa arricchire la bacheca, però la sua nazionale è ringiovanita e motivata appetto a quella di due anni fa all’Europeo di Polonia-Ucraina che riuscì solo con fortuna a trascinare i nostri fino ai rigori; ai rigori poi Pirlo il compito fece il Totti guascone e ci accompagnò in finale parlando solo coi piedi…L’Inghilterra è coordinata in centrocampo dal capitano Steven Gerrard, 34 anni e gloria eterna del Liverpool, ma i nuovi Welbeck, Sterling, Sturridge e compagnia cantante hanno talento e già esperienza. Wayne Rooney, il ragazzo colla faccia da vecchio, è l’altro senatore in campo nonostante i suoi 29 anni scarsi. L’Italia da par suo arriva alla prima del mondiale senza due titolari riconosciuti, Montolivo milanista rottosi in amichevole irlandese (e rimpiazzato in rosa da Parolo parmigiano), e Buffon juventino distortosi nella caviglia in allenamento e sostituito in campo da Sirigu parigino. Gli inni nazionali sono cantati a squarciagola dai molti inglesi presenti e dai pochi italiani, e per rimediare all’inferiorità italiana di numero gli amazzonici paganti sembrano simpatizzare per noi. E poi, si sa, gli inglesi in trasferta sono antipatici a tutti.
Prandelli decide di mettere i suoi con quattro difensori, Darmian-Barzagli-Paletta-Chiellini a fare la linea un poco ondivaga; tre centrocampisti mediani, De Rossi-Pirlo-Verratti il terzetto metodista; due guastatori di corsa e di palleggio, Candreva-Marchisio mezzo destro e mezzo sinistro; una punta di stazza, Balotelli il prescelto. Nota a margine ma non troppo: molti italiani giocano con orripilanti scarpe di colore diverso, rossa (tendente al rosa) la destra e verde (tendente all’azzurrino) la sinistra. Per il Paese della moda e dello stile l’oltraggio è francamente insopportabile, ma già sappiamo che la carnevalata andrà avanti fino alla fine. Una pacchianata sponsorizzata, al cui confronto le scarpette gialle di Pirlo diventano simbolo di elegante classicità…
All’inizio i nostri soffrono la maggiora facilità di fraseggio degli inglesi e pure la maggiore prestanza atletica. Chiellini in particolare, messo a terzino sinistro forse come pena alternativa all’esclusione (per il suo comportamento violento di Roma-Juve inutile scontro al vertice di campionato), arranca dietro a Welbeck e gli consente di arrivare al cross troppo spesso e volentieri; l’oriundo stopperone Paletta neanche sembra essere a suo agio al fianco di Barzagli e costretto com’è a coprire Chiellini quando questi si prende la polvere in faccia sulla fascia. In mezzo il trio metodista è bravo nella tecnica di base ma lento nell’esecuzione, mentre la coppia concorrente Henderson-Gerrard randella e rilancia di mestiere e di sollecitudine cercando le ali Welbeck e Rooney. Quest’ultimo infatti non fa il centravanti come copione vorrebbe ma si sposta a sinistra lasciando il centro delle mazzate all’arcigno Sturridge. Noi teniamo di più il pallone (sempre più lontano dalla parvenza estetica di pallone da calcio, quello di questi mondiali sembra l’attrezzo del beach-volley) ma gli inglesi tengono meglio il campo, e soprattutto vanno spesso al tiro. In un quarto d’ora cinque colpi ben portati verso la porta di Sirigu, che in un paio di occasioni deve metterci l’abilità per evitare il gol. Senza contare che, su ennesima incursione del dirompente Welbeck, Barzagli per salvare la baracca rischia l’autogol ma riesce a svirgolare il giusto per mandare la palla in corner. Nell’Italia il solo Darmian sembra animato dal sacro fuoco del mondiale e va su e giù sulla capezzagna di destra come puledro brado, a volte troppo brado fino a sguarnire la difesa per la quale pur lavorerebbe. Al 34’ però c’è un calcio d’angolo per gli azzurri: Candreva corto per Verratti, poi fuori area per Pirlo che, invece del tiro da tutti noi invocato, finta da gran ballerino per Marchisio il quale tira lui dai venti metri di destro secco e angolato portandoci in vantaggio fra lo stupore rabbioso dei bianchi di sua maestà. L’esultanza italiana dura più del lecito, così, due minuti dopo il gol quasi tutti i nostri sono ancora euforicamente dentro la metà campo avversaria mentre Sterling recupera l’attrezzo sulla sua fascia sinistra e lancia Rooney davanti a sé; il brutto dello United non incontra il brado Darmian che è al trotto dietro di lui e può arrivare a crossare di raffinato sinistro al centro per il piattone di Sturridge smarcato che pareggia gol e maledizioni. Dovremmo subire il colpo e invece ci mettiamo a giocare meglio, fino a spaventare due volte gli inglesi con Balotelli e Candreva, entrambi invitati da Pirlo. Balotelli porta un po’ a zonzo il portiere Hart e poi lo uccella con un pallonetto tanto naturale quanto complicato che però trova una capoccia inglese sulla linea; Candreva prende il palo destro di Hart da posizione ravvicinata ma un po’ defilata. Il tempo finisce 1 a 1 e i venti ragazzi di gioco (escludiamo i portieri) cominciano a manifestare i primi segni di fiaccamento da caldo umido tropicale…
Nel secondo tempo le squadre entrano in campo senza cambi di formazione. L’Italia è più sciolta rispetto alla prima parte e dopo cinque minuti tesse sul sentiero di destra una trama studiata fra Darmian e Candreva che porta il laziale sul fondo a fintare di gran interno destro e a crossare di gran interno sinistro, sballottando il confuso terzino inglese Baines e servendo a Balotelli il pallone volante da spingere in rete di crapa crestata. Super Mario promesso sposo fa il suo dovere e ci porta di nuovo avanti a comandare la partita. Nei venti minuti succedanei al nostro gol gli inglesi si incacchiano di brutto e ci mettono praticamente dentro la nostra area di rigore: hanno almeno tre buone situazioni per pareggiare e una buonissima con Rooney che, a non più di cinque/sei metri dalla linea di porta nostra, angola troppo il destro e fa mettere le mani in volto al suo allenatore per coprirsi la smorfia. Gli inglesi in questo periodo usufruiscono anche di molte punizioni dal limite o quasi ma non ne azzeccano nessuna, anche per la consolidata abitudine degli italiani di avanzare la barriera a passettini e così cancellare di struscio la linea-limite disegnata dall’arbitro con lo spray di carnevale in faccende di punizioni con barriera, novità regolamentare assoluta di questo mondiale. La sfuriata dei bianchi di sua maestà comincia a perdere forza e convinzione già prima della mezz’ora del tempo, il caldo fiacca gambe certo non aiuta chi deve attaccare, e comunque anche diversi dei nostri sono ormai sui garretti; in pratica tutto il secondo tempo (nonché parte del primo) si gioca a ritmi da calcio antico, ognuno in campo bada solo al proprio pezzetto di competenza e anche quando si mettono in moto le gambe per correre ne viene fuori una corsa lenta, astenica. Le tre sostituzioni inglesi dell’ultima mezz’ora non hanno grandi effetti sulla condotta complessiva, quelle italiane invece si rivelano efficaci e Thiago Motta (per Verratti), Ciro Immobile (per Balotelli) e Parolo (per Candreva) danno alla squadra compattezza difensiva (Motta e Parolo) e corsa solitaria offensiva (Ciro). Al quarto dei cinque di recupero Pirlo con tiro piazzato a più che effetto coglie la traversa e manda in crisi di nervi Hart portiere allocchito. Vinciamo noi ed è un ottimo inizio, virtuoso e fortunato.
Altre dal mondiale.
Gruppo A: il 12 giugno partita inaugurale nella indignatissima San Paolo fra Brasile e Croazia. Vince il Brasile 3 a 1 con gol decisivo del giapponese Nishimura in teoria arbitro dell’incontro.
Il 13 giugno a Natal del Rio Grande il Messico supera 1 a 0 il Camerun che gioca con la maglia della Romania.
Gruppo B: il 13 giugno a São Salvador (da Bahia de Todos os Santos) la Spagna campione in carica ne prende cinque dall’Olanda vice campione e forse abdica prima del tempo come il suo re Juan Carlos. Il burbero Van Gaal ct orange fa giocare ai suoi ragazzini il calcio totale e se dura sarà divertente. Nota importante: l’Olanda si presenta in campo con la numerazione da 1 a 11 e ogni numero occupa pure la parte di campo appropriata, 1 in porta, 2 a destra, 3 a sinistra, 4 in mezzo e così via. Voto 10.
A Cuiabà del Mato Grosso il Cile di Jorge Sampaoli vince 3 a 1 contro l’Australia di Ange Postecoglu, e i nomi tante volte fanno le leggende.
Gruppo C: il 14 giugno a Belo Horizonte molto italiana di origine la Colombia dei tanti italiani di carriera vince tre a zero contro la Grecia e si mostra ottima squadra e possibile sorpresona.
A Recife del Pernambuco la Costa d’Avorio di Sabri Lamouchi ribalta il vantaggio iniziale del Giappone di Alberto Zaccheroni. Come entra il guerriero tribale Drogba cambia tutto e gli africani vincono con gol di treccine del romanista Gervihno.
Gruppo D: il 14 giugno a Fortaleza del Cearà l’apprezzato Uruguay di Oscar Tabarez ne becca inopinatamente tre dalla Costarica e fa del girone un enigma.
A Manaus dell’Amazonas l’Italia.
Gruppo E: il 15 giugno a Brasilia capitale sotto l’acquazzone la Svizzera beffa l’Ecuador al terzo di recupero. 2 a 1 per gli elvetici sempre meno svizzerotti e gialli equatoriali sempre più gialli di sdegno.
A Porto Alegre del Rio Grande do Sul la Francia di Didier Deschamps segna tre volte (e mezza) all’Honduras con l’uomo in meno. Mostafa Benzema nemico di Marine Le Pen fa doppietta e nessuno si ricorda che non ha cantato la marsigliese.
Gruppo F: il 15 giugno a Rio de Janeiro l’Argentina di Alejandro Sabella (sempre orgogliosa delle isole Malvinas) soffre ma vince di misura contro la Bosnia del mitico geniaccio slavo Safet Susic. Messi fa il suo secondo gol ad un mondiale dei suoi 39 con la selecciòn.
Il 16 giugno a Curitiba del Paranà Iran e Nigeria fanno zero a zero ma comunque mostrano di potersela giocare fino alla terza giornata.
Gruppo G: il 16 giugno a São Salvador (da Bahia de Todos os Santos) la possente Germania di Joachim Low schianta il compassato Portogallo di Paulo Bento, aiutata pure dal difensore Pepe che si fa espellere a risultato compromesso ma non ancora imbarazzante. 4 a 0 finale e tre gol del panzer Thomas Muller. Il fumettone CR7 in campo non si vede, forse è rimasto in qualche ben retribuita vita parallela a lavarsi i capelli.
A Natal del Rio Grande do Norte gli States dell’americano per scelta Jurgen Klinsmann fanno il gol più veloce del mondiale e poi vincono 2 a 1 contro il Ghana di Essien panchinaro.