

Nuovo speciale settimanale con le “Interviste di Nick“ che continua i filone di appuntamenti con artisti straordinari. Avevamo annunciato La settimana scorsa che avremmo avuto un’intervista divisa in due parti e come promesso, eccoci nuovamente qui, in compagnia del chitarrista Alessandro Florio, per discutere di lui e della sua musica.
Abbiamo già ampiamente parlato del suo background artistico, del diploma alla “Civica Scuola di Jazz” di Milano, delle esperienze di studio in Olanda e New York, dei numerosi artisti con cui ha lavorato, festival a cui ha partecipato e del suo ruolo di chitarra solista in “Un’Orchestra per Pino Daniele“.
Abbiamo anche parlato della sua discografia e in questo secondo appuntamento andremo a trattare nello specifico, come già preannunciato, del suo terzo e nuovo album, colmo delle esperienze estere e nostrane, dal titolo “Back to the Blue Coast“!
Scopri link e contatti utili alla fine dell’intervista

1) Partiamo dal principio. Quand’è nata l’idea per questo nuovo disco?
Alessandro Florio: Poco più di due anni fa, quasi contemporaneamente alla collaborazione col fantastico sassofonista Ernesto Aurignac e tutto il quartetto presente in questo disco. Il gruppo suonava a meraviglia e fu probabilmente anche lo stile stesso di Ernesto a ispirarmi la direzione che avrebbe preso il disco: nella sua musica convivono tanti elementi, di cui i più caratterizzanti sono le sue radici mediterranee intrise di flamenco e la notevole padronanza del linguaggio jazzistico. Le mie stesse composizioni sono state scritte avendo ben in mente chi le avrebbe eseguite, per meglio sottolineare i tratti peculiari dello stile di ciascun musicista della formazione.
2) Come hai scelto il nome “Back to the Blue Coast”?
Alessandro Florio: È un po’ un gioco di parole tra il ritorno al blu della Costiera Amalfitana, mio luogo d’origine, e il Blues, dove risiedono invece le origini del Jazz e che in realtà non ho mai abbandonato. Blues non inteso come genere a sé stante ma come appunto colore o sapore di un certo modo di fare jazz di cui tanti eccellenti dischi e produzioni storiche si fregiano (pensiamo alla Blue Note Records su tutte).
3) Hai diviso l’album nella parte mediterranea e in quella jazz. Pensi che queste due anime facciano parte di te allo stesso modo?
Alessandro Florio: Senza dubbio sì. In verità è stato un processo spontaneo e per nulla premeditato: mi sono accorto realmente della “spaccatura” solo in studio di registrazione. Chiaramente la mia “parte jazz” me la sono conquistata (e continuo a conquistarmela) giorno per giorno, tra studi, collaborazioni e viaggi mentre con quella mediterranea ci sono nato; tuttavia non è da trascurare il peso e l’influenza che la recente collaborazione con i membri della superband di Pino Daniele ha avuto su quest’ultima.
4) Com’è stato lavorare al disco con gli altri professionisti che ti hanno accompagnato nella sua stesura?
Alessandro Florio: Ogni singolo componente ha dato il suo insostituibile contributo in fase di esecuzione e registrazione. Nello specifico, la partecipazione di Laura Taglialatela è stata fondamentale su ancora più fronti: ha scritto e cantato il testo in dialetto di “Streets of Naples”, ha recitato nel videoclip-cortometraggio del brano, diretto da Fabio Gargano con la partecipazione di Emanuele Valenti (attore teatrale e celebre personaggio della fiction Rai “L’Amica Geniale”).
5) Quale pensi sia il rapporto tra i brani nell’album? Credi che ve ne sia uno più rappresentativo?
Alessandro Florio: Il sopracitato “Streets of Naples”, essendo anche il singolo dell’album, è certamente tra i più rappresentativi. Tuttavia, menzionerei “G&P (Back to the Blue Coast)”, che è stato il primo brano ad essere scritto e che racchiude in sé tutti i tratti distintivi che hanno poi influenzato le altre composizioni, eccezion fatta per “Tutto Soul”, più americano sia nel sound che nelle armonie.
La parte del disco più tradizionalmente jazz è caratterizzata invece, tra gli altri, da celebri brani del repertorio jazzistico: su tutte “Pannonica” e “We See” di Thelonious Monk, dove il tentativo è quello di rendere omaggio al grande pianista di Rocky Mountain ma anche di rispettarne la sintassi esecutiva e improvvisativa.
6) Cosa ne pensi del prodotto finale? Come lo commenteresti se non ne fossi autore?
Alessandro Florio: È difficile, si sa, vedere chiaramente le cose dall’esterno quando ne sei totalmente immerso ma riascoltandolo sento della bella Musica, che è poi lo scopo ultimo di ogni lavoro o esecuzione musicale. Chi come me fa della sua passione un lavoro e una ragione di vita sa però di quanto si possa essere critici con se stessi: in un percorso in cui tenti di migliorarti giorno per giorno spesso il tuo “ieri” non ti convince appieno, motivo per cui tento di non riascoltare troppo i miei lavori passati e non sedermi sugli allori.
Difficile invece dire come lo commenterei se non ne fossi autore. Certamente da jazzista mi colpirebbe la durata dei brani, con soli più concisi e brevi del solito e più al servizio della composizione piuttosto che mirate allo sviluppo solistico fine a se stesso.
7) Qual è stata l’evoluzione e i cambiamenti tra Back to the Blue Coast e i tuoi precedenti lavori discografici?
Alessandro Florio: Ho cercato di valorizzare le composizioni e contenere i momenti improvvisativi al fine di ottenere un risultato “canzone”, appetibile anche a tutti coloro che non sono normalmente fruitori di musica jazz. È un tentativo che mira anche implicitamente ad esportare il jazz oltre la sua cerchia di pubblico e ad attirare nuovi ascoltatori verso un genere considerato troppo spesso di nicchia o troppo intellettuale. Secondo i canoni dei tempi e della musica di oggi sette/otto minuti a brano sembrano troppi e non aiuterebbero un ascoltatore medio ad avvicinarsi ai brani in questione. Preferisco riservare ai live tutto lo spazio che l’improvvisazione e le parti solistiche meritano, lasciando campo libero alla creazione che proprio dal vivo trova e ha sempre trovato la sua ragion d’essere, mentre l’album è più un punto di incontro tra jazz e nuovi ascoltatori.
8) Hai qualche aneddoto sul disco e sulla sua produzione?
Alessandro Florio: Registrato ante Covid e prodotto in pieno Covid: ogni disco è anche lo specchio del periodo in cui è partorito e sicuramente il momento particolare che stiamo vivendo ha avuto il suo peso su buona parte del lavoro stesso.
Alcune registrazioni avrebbero dovuto essere ultimate già a Novembre 2019, ma furono rimandate per alcuni problemi di salute. Il primo brano che ho registrato da convalescente è stata l’ultima traccia, lo standard “Born to be Blue” frutto di uno studio per chitarra sola nato mentre ero fermo a letto, con chitarra.
Inoltre, parte del ricavato delle copie fisiche del disco sarà inoltre devoluto ad “Alzheimer Bari”, importante associazione pugliese, per dare un contributo concreto agli anziani, prime vittime di questa terribile epidemia.
9) C’è qualcuno a cui vuoi dedicare quest’album?
Alessandro Florio: Alla “Blue Coast”, la Costiera Amalfitana, soprattutto in questo periodo così difficile per una località che vive di turismo stagionale come la nostra e dove a farne le spese sono spesso i meno tutelati e i più deboli. Lo dedico anche, come faccio implicitamente con tutti i miei lavori, a tutte quelle persone che sono stato costretto a trascurare durante questo lungo viaggio musicale.
10) Adesso quali sono i tuoi prossimi progetti?
Alessandro Florio: Continuare nella promozione del disco, visto che le copie fisiche sono in uscita a breve e curarne la promozione live quando ci saranno tutte le condizioni per poter tornare a suonare dal vivo in sicurezza.
Per il periodo estivo inoltre stiamo attendendo conferme per alcuni eventi con “Un’Orchestra per Pino Daniele” assieme a Tullio De Piscopo e Tony Esposito, ma anche altri nuovi ma anche altri interessanti format che, con colleghi e amici, andremo a svelare a breve.

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Terminiamo con il singolo tratto dal disco “Streets of Naples“. Clicca qui per il video ufficiale!