
Per il reato di omicidio stradale, oltre alle conseguenze di tipo penale, la violazione delle regole potrà causare il ritiro per sempre della patente.
Questi i possibili provvedimenti in materia di incidenti stradali.
Dopo le tragedie degli ultimi periodi, il problema delle vittime della strada è tornato alla ribalta in maniera sempre più pressante. Proprio per porre un freno a un fenomeno dalle dimensioni sempre più rilevanti, il governo Renzi vaglia alcune misure che andrebbero ad agire sia sul versante penale sia su quello civile. Il primo provvedimento in esame è l’introduzione del reato di omicidio stradale, che affiancherebbe le attuali, e più generiche, fattispecie di reato, come l’omicidio colposo o l’omicidio volontario. Quello per l’introduzione dell’omicidio stradale si preannuncia però un cammino tortuoso, anche alla luce dei tentativi effettuati negli scorsi anni dal governo Monti e puntualmente naufragati. Potrebbe invece vedere la luce, e in tempi più brevi, la seconda proposta della squadra di governo, quella sul ritiro a vita della patente, a chi dovesse rendersi responsabile di incidenti mortali. Questa seconda misura richiederebbe, infatti, solo una modifica del Codice della Strada, un iter senza dubbio più breve e meno insidioso rispetto a quello che dovrebbe essere portato avanti per mettere mano al Codice Penale. Lo scontro, ancora una volta, è tra chi spinge per introdurre una serie di normative apposite legate agli incidenti stradali, e chi riterrebbe invece sufficiente una modifica che riguardi il reato di omicidio colposo. Il premier Renzi, e il viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, hanno comunque ribadito con forza l’intenzione del governo di arrivare alla fine di luglio con un decreto che contenga entrambe le proposte. I tempi diventano sempre più stretti, con i Paesi europei che si sono dati l’ambizioso traguardo di un dimezzamento delle vittime della strada entro il 2020. A buon punto, finora, solo Slovacchia, Spagna e Portogallo, con diminuzioni dell’ordine di circa un terzo in tre anni. Maglia nera per i Paesi della penisola scandinava, che ad eccezione della Danimarca (-25%) fanno segnare solo un -5% rispetto al 2011, analogamente alla Serbia.