[dropcap]C[/dropcap]’è da dire che i primi anni, internet, fece preoccupare realmente la classe politica italiana. Quando cominciarono a diffondersi, con velocità impressionante, le prime notizie di inciuci ed inciucetti, di norme per gli interessi di parte, di scandali giudiziari o anche solo moralmente biasimabili, ci furono momenti di tensione tangibile: se le notizie escono e si spandono con una sollecitudine impressionante, e verso così tante persone, è difficile occultare qualsiasi attività, anche quella divenuta oramai ordinaria amministrazione, ad esempio incassare un finanziamento pubblico.
Poi, con l’agilità di Nino Castelnuovo, si è deciso di saltare il fosso. Cosa fai quando il nemico non lo puoi battere? Ti allei? No, te ne fotti. Qui il nemico non è la rete, perlomeno non direttamente, perché la rete è un mezzo, il nemico, di comportamenti perennemente ambigui ed infidi, è la coscienza civile che assopita per decenni si sveglia e decide di non ingoiare più bocconi indigesti.
Con il passare del tempo si è potuto notare che i comportamenti illeciti o anche solo immorali, le norme vergogna e i privilegi auto elargiti (senza meriti, anzi), venivano criticati e commentati un po’ ovunque con profondo biasimo, e poi? Basta, nient’altro. Si, certo, ci sono state manifestazioni, raccolte firme, un po’ di insensata e spesso dannosa (perché fine a se stessa) confusione, ma di concreto niente. La concretezza maggiore, che piaccia o no, la si è raggiunta con i quasi duecento grillini mandati in parlamento, i quali hanno smosso un po’ le torbide e placide acque: qualche provvedimento vergognoso in meno, qualche privilegio distribuito a grappolo evitato, niente di rilevante però, purtroppo per noi. Perché, nonostante il controllo fosse diventato ancora più stressante (con questi in parlamento, manco fossero spie), non vuol dire si debba rinunciare interamente alle vecchie abitudini. Ad esempio i vecchi e saporiti rimborsi elettorali? E chi li tocca. Le segretamente adorate, ma pubblicamente odiate, province? Non si sfiorano nemmeno con un petalo di rosa.
Ieri alla camera, Di Battista dei Cinque Stelle, ha utilizzato un’espressione perfetta per definire il PD: “Moralmente zoppicante”. Il campo di battaglia, questa volta, è la conversione del decreto legge sul femminicidio, all’interno del quale, magicamente, è comparso un emendamento salva province.
Quello che ci si chiede ossessivamente è: gli elettori del PD? Perché se è come dice Di Battista, e fino ad ora è arduo dargli torto, ed il PD continui a mostrarsi moralmente zoppicante e diversamente onesto, allora più passa il tempo e più la situazione si complica. Perché ci sono eccome le persone (sempre meno) che ancora ricordano le intenzioni di chi realmente voleva un partito progressista: Casson, che cerca di rimediare alle troppe uscite dei suoi colleghi di partito che paiono come “diversamente berlusconiani” (anche normalmente berlusconiani), Giachetti, che si batte donchisciottianamente contro il porcellum che praticamente nessuno vuole cambiare eccetto i parlamentari che gli hanno votato la mozione, i quali, purtroppo per lui, non sono del suo partito. Qualcuno c’è, ma è sempre più concreto il dubbio che forse siano davvero delle “foglie di fico”, e che la vera anima di quel partito sia oramai profondamente corrotta. Ci vanno bene le province, ci va bene il Porcellum, ci vanno bene i rimborsi e anche gli stipendi non tagliati, ci va bene eliminare l’Imu sulla prima casa anche se di lusso e non poter riportare l’IVA al 21%. Al PD che sta in parlamento va bene tutto questo, ma a chi li ha votati e li voterà? Perché delle due l’una: o si smette di dire che è un partito di Sinistra (l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina è stata proposta dai Cinque Stelle) e si accetta la realtà di un partito amorfo, oppure si vive nel sogno di un partito che non c’è mai stato, perché, come si dice “chi va con lo zoppo…”.
Francesco Marangolo