
Ventesima e un po’ ritardataria puntata di rubrica intestata alle due squadre regionali di pallone meglio piazzate nella gerarchia dei campionati. L’Avellino, di cimento contro l’umile Cittadella per la seconda giornata del torneo di clausura di serie B, ha fatto una brutta sconfitta in casa. Il Napoli, di cimento contro il nobile Genoa per la prima di ritorno della serie A, ha fatto una sofferta vittoria in casa. Posizione di classifica ancora buona per i verdi d’Irpinia, nonostante le sconfitte e i punti non fatti in casa comincino a diventare molti e non meno preoccupanti. Terzo posto in solitario per il Napoli, con la Roma seconda che comincia a intravedersi, lontana non più di sei punti.
Procediamo al solito per ordine temporale.
Sabato pomeriggio scorso, nello stadio di casa affollato da non più di quattromila anime infreddolite, l’Avellino di mastro Massimo Rastelli ha rimediato una mezza figuraccia. L’avversario di turno era il Cittadella ultimo in classifica, l’occasione era ottima per vincere e scavalcare qualche contendente in classifica. Epperò, come stranamente accade in questo campionato, l’Avellino in casa contro le formazioni ultime o giù di lì va in crisi di gioco. La riottosità dei verdi alla vittoria apparentemente facile si è palesata contro Vicenza, Varese, Crotone e per ultimo il Cittadella. Una serie di partite quasi successive, con risultati negativi che hanno sfilacciato i sogni veramente belli e forse altrettanto impossibili della squadra e dei suoi seguaci. Anche contro il Cittadella i nostri hanno evidenziato il limite, accusando non poche difficoltà nella costruzione obbligata di gioco e situazioni. Nei primi minuti la truppa non ha neanche battagliato male, solo che, subito il gol degli ospiti in azione di mezzo contropiede concluso con mezza conclusione di capoccia e mezza goffaggine del portiere nero (minuto 26), si è arenata nelle sabbie del centrocampo cittadellese, così provando a scavalcarlo con tiri di mortaio dalla difesa verso l’attacco, dove tuttavia Gigione senza forze (influenzato) e il nuovo Mokulu (marcantonio congolese) ne hanno prese poche, di palle, e ben più di mazzate. Il Cittadella di Claudio Foscarini, da dieci anni allenatore dei granata del nord-est, ha potuto raddoppiare di rigore (fallo “di foga” di Eros Schiavon, penalty incontestabile) e poi contenere la reazione dei lupi. Reazione forse poco decisa e sicuramente poco organizzata, sebbene favorita dal gol bello dell’ala Regoli (secondo gol consecutivo) in chiusura di primo tempo. Nella ripresa i fedeli del lupo, nonché quelli del Cittadella, si aspettavano la sfuriata dei ragazzi di mastro Massimo, che alla teoricamente maggiore valenza tecnica avrebbero dovuto aggiungere una teoricamente maggiore incazzatura; invece è successo che proprio i virgulti di mister Foscarini, difesi nella porta dall’arzillissimo quarantacinquenne Pierobon Andrea, nel secondo tempo hanno più volte sfiorato il terzo, a volte ciccandolo alquanto comicamente e così dimostrando i motivi dell’ultimo posto di classifica, oltre che consentendo al portiere nero di riparare all’incertezza sul primo gol. Nella propria area di rigore invece, i difensivi del Cittadella hanno dovuto soltanto indurire il petto per fermare gli avanti verdi (compresi i subentrati Gianmario e Marcellino), e sperare in dio su un paio di tiri da fuori che il vecchio Pierobon si è limitato a guardare con il ghigno del guardiaporta d’esperienza che troppo lunga la sa per dare a vedere di preoccuparsi. Mitico Pierobon, meno male che nel pallone ci sono ancora quelli come te.
A fine partita la curva sud ha preteso la squadra al suo cospetto per sottoporla al sermone ultras e umiliarla. Ormai una consuetudine nelle partite di pedata, una specie di “mezzora” del film “32 dicembre” applicata ai pedatori sconfitti. Nel film la scena è comica ma anche triste, nel pallone è solo triste.
Lunedì sera, in ultimo posticipo del campionato cosiddetto “spezzatino”, il Napoli di Rafelone Benitèz ha giocato e vinto contro l’amico Genoa. Due a uno è finita la fiera, e questa volta l’arbitro ha regalato le vacche al Napoli. Primo gol di Gonzalo in fuorigioco (pure piuttosto netto, almeno per gli occhi allenati del segnalinee), secondo gol ancora di Gonzalo su rigore che non c’era. I sostenitori a oltranza della causa napoletan/aureliana dicono che comunque c’era un rigore per il Napoli e un’espulsione a carico del Genoa. A parer nostro, a parte la poca eleganza di quel modo di raccontare, effettivamente non c’erano né l’uno né l’altra, perché il tocco di braccio del genoano è stato involontario oltreché inevitabile e perché la regola dell’espulsione per fallo da ultimo uomo (o, come precisano i burocrati, per chiara occasione da rete) per noi andrebbe boicottata fino a farla ufficialmente abolire. E poi, attaccarsi ad un’espulsione mancata di un avversario che nessun atto violento ha commesso non rientra nel nostro modo di vedere le cose del pallone. A questo punto dobbiamo ulteriormente forzare la nostra volontà di non parlare troppo di arbitri, e pertanto non trascurare il fatto che nel massimo campionato italiano “il pianto” paga sempre. Non possiamo fare a meno di constatare come il Napoli, dopo la Juventus e le lagnanze diversamente recitate da Aurelio e Rafelone, abbia vinto due partite con il soccorso dell’arbitro. Il primo aiuto invero è arrivato nella coppa Italia, torneo già ridicolo per regolamento (impostato per fare arrivare ai quarti di finale le prime otto teste di serie) e ulteriormente ridicolizzato dalla tendenza arbitrale a soccorrere bellamente la “grande” in difficoltà. Il secondo risarcimento è arrivato lunedì sera a danno del Genoa. Tristezza.
Finalmente veniamo ai fatti più di campo e meno di politica politicante. Anche contro il grifone il Napoli ha modellato la partita, l’ha comandata per lunghi tratti, l’ha condotta nel gioco e nel risultato, l’ha piegata ai suoi momenti di slancio, l’ha colorata della tinta unica della sua orchestra e di quelle personali dei suoi solisti. Eppure si è fatto riprendere, con tutto quello che ne consegue per la tranquillità dei pedatori e dei tifosi, questi di nuovo presenti in discreta abbondanza al San Paolo. Il Napoli, infatti, ha concluso in vantaggio il primo tempo. Nel secondo, dopo il gol fatto di De Guzman ricacciato fuori dalla porta dal mai domo Burdisso in sua tipica scivolata (Burdisso è il miglior difensore al mondo nelle scivolate), il “finto nueve” Iago Falque, figlio di senatrice socialista del parlamento spagnolo, al minuto 56 ha redistribuito i conti con tiro mancino dal limite d’area che il sagrestano guardiaporta brasiliano non ha provato a prendere in tuffo come cristo pur comandava. Pochi minuti ancora e Callejon scheggiava la traversa dell’altro guardiaporta Perin ma poi il Genoa, inanimito dal gol del pareggio, cominciava ad affrancarsi dal dominio napoletano, e se non era per l’arbitro difficilmente la perdeva. Gonzalo, fino a quel momento pure maleducato nei confronti del direttore di gara, al minuto 73 cadeva in area spinto dalla forza di pensiero dello slovacco Fucka e con tal tuffo sgraffignando il rigore, trasformandolo con tiro di gran tecnica e convenientemente piantandola di insultare l’arbitro. Certo che Gonzalo, com’è e come non è, è mezza squadra.
Da domenica prossima fino alla fine di febbraio il Napoli sarà chiamato a giocare diverse partite, a trovare le forze per continuare il cammino anche in coppa Italia e coppa UEFA (o come cavolo la chiamano adesso). Il campionato però resta la priorità assoluta, anche se si gioca solo per il secondo posto: il secondo posto garantirebbe la “cembions” diretta e un bel pacco di milioni. Anche la vittoria della coppa UEFA (o come cavolo…) porterebbe a fare la cembions l’anno prossimo, cosicché molti giornalisti (praticamente tutti) e persino molti tifosi sottolineano questo aspetto della coppa europea più democratica e niente più, come a voler dire che vincere una coppa europea (non la supercoppetta balneare) ed entrare nella storia del pallone a loro non interessa un’acca. A loro semmai può interessare il dopo, la cembions, in cui se si non si ha uno squadrone si viene regolarmente eliminati al primo turno. Però vuoi mettere i soldi della cembions…Ci scuseranno costoro se sommessamente gli facciamo notare che sono in totale confusione di ruoli: lo speculatore è De Laurentiis, loro sarebbero i tifosi e i critici sportivi. Poteri del pensiero unico, che intruppa i cervelli e mesta le idee pure nella passione per il gioco della pedata.