[dropcap]A[/dropcap] Brescia sabato scorso si è tenuta tra mille polemiche, e non solo, una manifestazione del Popolo delle Libertà. Manifestazione contro la giustizia politicizzata? Contro quella parte della magistratura eversiva dell’ordinamento costituzionale? Sono molte le definizioni date, anche dagli stessi esponenti del partito, i quali dimostrano scarsa conoscenza delle norme costituzionali e dei principi democratici. In realtà, a voler essere precisi, quella di sabato doveva essere una manifestazione a sostengo del candidato sindaco della coalizione LEGA-PDL; ma la sentenza della corte d’appello di Milano, che in settimana ha confermato la condanna nei confronti di Berlusconi ed altri imputati decisa in primo grado, ha riproposto la questione giustizia (ad personam, direbbero alcuni) come di rilevanza preminente. Rispetto alle manifestazioni contro la giustizia pilotata, quella di sabato, aveva in realtà una particolarità in più. Quale? C’è un particolare non irrilevante, il governo di larghe intese, che questa volta, più tutte le altre precedenti, ha reso necessaria una dimostrazione di forza, un’aggressione. In passato la reazione alla condanna o ad una generica quanto artefatta “persecuzione giudiziaria” aveva natura istintiva. Questa volta, invece, le dichiarazioni, e le azioni successive, sono state (eccetto quelle di alcuni irriducibili) meno “animalesche”; Berlusconi stesso non ha fatto immediatamente delle dichiarazioni al riguardo, ed anche quelle successive sono apparse come meno genuinamente violente del solito, come se fossero riprese dal passato.
Pensavano avrei fatto cadere il governo, come un calciatore che fa un fallo di reazione, ma invece hanno sbagliato di nuovo perché noi siamo responsabili” – ha detto durante il comizio.
Eppure la responsabilità e la pacificazione, tanto osannate, non hanno impedito nè al leader di ripetere il repertorio tipico nè all’attuale ministro degli interni di partecipare ad una manifestazione che per quanto formalmente di campagna elettorale per le elezioni comunali è stata, sostanzialmente, altra cosa. Ma cosa c’entra il governo di larghe intese? E perché, nonostante il clima di “pacificazione” si sia deciso comunque per una manifestazione che tutto è fuorché di pacificazione? Perché in questo modo viene indebolito, ulteriormente, il partito democratico.[divider]L’elettorato del PD è già molto insofferente a questa situazione: i sondaggi, lo hanno danno in discesa rispetto a febbraio (il contrario del PDL), ma i sondaggi sono da tempo inaffidabili, ed i numeri vengono anche calcolati in base ad un ipotetico “zoccolo duro” di elettorato che effettivamente esiste ma che non è quantificabile su basi certe in periodi di stabilità, figurarsi in un periodo così complesso. Allo stato dei fatti, votando domani, il PD potrebbe essere sostituito dal M5S e SEL come esponenti della sinistra italiana, arrivando ad essere il terzo partito d’Italia, con numeri quasi dimezzati. Con l’atteggiamento tenuto da Alfano, Berlusconi ed altri esponenti del PDL, aventi o meno incarichi governativi, il PD ha perso ulteriore credibilità nonché elettorato che già con enormi difficoltà ha accettato questo compromesso o “abbraccio mortale”. È ovvio. L’ intenzionalità di una manifestazione così di rottura è quindi inconfutabile. Rispetto al passato però, dove c’è stata realmente, e principalmente, la volontà di reagire, questa volta l’intento è stato duplice:
1) Rivendicazione di forza “gli italiani sono ancora con noi”, che è comunque da verificare vista la contro manifestazione e le tensioni che mostrano un paese su posizioni antitetiche.
2) Indebolire il principale partito alternativo (almeno sulla carta) in vista della caduta del governo e di nuove elezioni.
Si è trattato, quindi, di un semplice calcolo. Identico alla questione IMU: se viene eliminata o sospesa è una loro vittoria altrimenti è colpa di altri. In questo caso invece se il governo resiste allo “sgarro”, è il PD ad aver ceduto, è il PD ad essersi piegato. E l’elettorato di sinistra ha dimostrato in più occasioni la riluttanza a dimenticare, e perdonare, comportamenti compromettenti.