
Konrad Adenauer, Jospeh Bech, Johan Bejen, Winston Churchill, Alcide De Gasperi, Walter Hallstein, Sicco Mansholt, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul Henri Spaak ed Altiero Spinelli rappresentano i leader visionari che hanno ispirato la creazione dell’Unione Europea in cui oggi viviamo. Combattenti della resistenza o avvocati, i padri fondatori erano un gruppo eterogeneo di persone aventi gli stessi ideali: pace, unità e crescita dell’Europa unita. A distanza di più di 60 anni dalla costruzione di una Comunità senza frontiere, cosa resta oggi del sogno europeo? La terribile crisi economica dell’ ultimo decennio e la presenza di una moltitudine di “guerre fredde” che oggi divampano nel cuore del Medio Oriente hanno bloccato la costruzione di un continente multirazziale ed aperto al confronto tra popoli e religioni. Due sono i pilastri su cui regge l’Unione: l’Euro, che vincola noi cittadini ad un medesimo sistema economico, e la libera circolazione delle persone, quest’ultima resa possibile dall’attuazione del Trattato di Schengen. In realtà, almeno fino a quando un insieme di Stati continuerà a conservare i propri confini interni, l’Unità tanto desiderata dai nostri padri avrà soltanto un valore relativo rispetto alla sovranità territoriale propria di ciascuno; viceversa, qualora le barriere cesseranno di esistere, la gestione degli Stati dovrà essere necessariamente condivisa.E’ evidente, tuttavia, come oggi la sospensione dei confini nazionali e la relativa estensione europea dello spazio chiuso rappresenti una idea abbandonata, cedendo il passo ad un ritorno alle tutele statuali della propria integrità territoriale. Non solo i paesi dell’Est e del Nord, ma adesso anche Francia e Germania ne parlano come una conseguenza necessaria al fine di garantire la sicurezza interna dei propri cittadini. Sulla base di tali premesse, ha ancora senso parlare di Europa? Che tipo di futuro attenderà l’unione politica ed economica europea? La difficoltà nel fornire risposte chiare a tali interrogativi è evidente per diversi ordini di motivi: in primo luogo per gli accordi federativi, che hanno mostrato fragilità e quindi fallimento.In secondo luogo per l’impossibilità evidente nella gestione dei confini territoriali, quale conseguenza dell’assenza di una politica estera coordinata fra i vari Stati e determinata dai continui conflitti di interessi. In terzo luogo per l’assenza di un Governo europeo che, unitamente all’evoluzione delle istituzioni comunitarie in modelli diversi da quelli originariamente pensati ed attuati, ha portato l’Europa ad essere un luogo di interessi e non di decisioni. E’ dunque al capolinea l’ esistenza del nostro Continente? Sicuramente la mancanza di unità nella gestione della crisi umanitaria dell’ultimo decennio ha mostrato al mondo intero una Europa divisa ma soprattutto debole per essere funzionale alle esigenze dei propri cittadini. Il nostro Continente è quindi ad un bivio: implosione interna o rifondazione su basi più politiche e democratiche. La speranza è quella di affidare una tale scelta alla sovranità popolare, avendo come obiettivo la costruzione di uno Stato unico capace di assicurare la sicurezza al proprio interno. Si tratterebbe comunque di un lunghissimo processo ma altrettanto necessario per porre il destino del vecchio Continente lontano dalla potenza politica e militare del vicino Oriente.