[dropcap]E[/dropcap]d il primo ministro è saltato: Josefa Idem, ormai ex responsabile del Dicastero delle Pari Opportunità, ha rassegnato le dimissioni per la storia dell’Ici non pagata (ed anche una piccola storia di abusivismo). In realtà la campionessa olimpica, nei giorni precedenti, non aveva mai messo in dubbio il suo ruolo ma, a quanto pare, l’incontro con il presidente Letta deve aver cambiato le cose. Ma, senza entrare nel merito della questione, senza ostentare un garantismo di facciata o un giustizialismo saldo, c’è una domanda che forse poco spesso ci si pone: quando un ministro si dimette per qualcosa di grave perché resta parlamentare?[divider] Per restare in tema immobiliare si potrebbe citare il caso Scajola, che, come la ex ministra, si dimise per una questione di case, anche se un tantino più grave. Benissimo, ma entrambi, senza che nessuno aprisse bocca, quasi come fosse un privilegio nobiliare, sono rimasti inchiodati in Parlamento e, come loro, tanti, tantissimi altri. Per puntualizzare: la Idem si è dimessa, quindi potrebbe anche smentire questa tendenza della classe politica, ma dalle dichiarazioni ne dubitiamo vivamente.
Un ministro che si dimette perché: non ha pagato le tasse, si è fatto regalare (in parte) una casa a sua insaputa, perché ha fatto un abuso edilizio, e potremmo continuare, è giusto che rimanga in Parlamento?[divider] Non si tratta di esigere una sadica vendetta ma semplicemente fare un ragionamento: se hai commesso qualcosa di grave forse è inopportuno che tu faccia parte dell’organo che sceglie se una legge sia giusta, meritevole, adatta.
Ma probabilmente ci sbagliamo, anche un bambino riuscirebbe a notare che il posto dove siede il Governo è proprio di fronte la telecamera principale, mentre quelli dove siedono i parlamentari sono in tutt’altro luogo, proprio dove l’occhio indiscreto non vede.
Francesco Marangolo