
Una partita di calcio, si sa, è un appuntamento dove non conta minimamente il proverbio “L’importante non è vincere, ma partecipare”. Chiunque, sia che calchi gli stadi della Serie A sia che si cimenti a livello dilettantistico, ci tiene a trionfare. Vincere o perdere equivale dunque a vivere o morire e con tale atteggiamento “bellico” molte volte ci si può imbattere in delle situazioni che non hanno nulla di piacevole.
Ciò è quanto accaduto in un match tra non vedenti durante la finale di Supercoppa italiana di Calcio a 5 giocata, sabato, sul terreno del centro sportivo Massimiliano Kolbe di Lecce, tra l’Ascus Lecce e l’Ads Roma, ad un certo punto, si scatena una vera e propria rissa. In effetti, assistendo alla gara, sin dall’inizio, si possono notare interventi pericolosi, scivolate, proteste. L’incontro non si basa minimamente sull’aspetto tecnico.
E’ un match “duro” basato sulla vigorosità, sulla forza, sulla cattiveria agonistica. Già dal 15′ del primo tempo, si carpisce il “leitmotiv” con cui sarebbe proseguito il tutto: a gioco fermo, un calciatore dell’Ads Roma ha letteralmente “scalciato” un avversario. L’arbitro cerca subito di ristabilire un po’ d’ordine ed estrae un cartellino rosso, il primo dei complessivi tre. Tuttavia l’effetto sperato ha prodotto conseguenze diametralmente opposte: alla metà del secondo tempo l’arbitro ha, infatti, espulso altri due giocatori, delle rispettive compagini, che erano venuti alle mani. La duplice espulsione ha scatenato le reazioni di tutti: perfino i dirigenti e gli allenatori sono finiti in “campo” cercando di fermare la situazione prima che la stessa degenerasse. Il finale è un “continuum” di polemiche e di nervosismo che spingono l’arbitro ad interrompere l’incontro, per 10 minuti, al fine di ristabilire un minimo di ordine.
Infine, non senza ulteriori scaramucce, si è riusciti a concludere il match che, tra le altre cose, ha sancito la vittoria dell’Asd Roma per 1-0, ma questo passa in secondo piano.