
Napoli – Da alcuni mesi in carcere con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Pasquale Izzi, Carlo Lo Russo ha deciso di collaborare con la giustizia.
Ci si aspetta un vero e proprio terremoto nel sistema criminale Napoletano dopo che Carlo Lo Russo, fratello di Giuseppe Lo Russo ultimo boss della famiglia dei “capitoni”, ha deciso di parlare dichiarandosi favorevole ad una collaborazione con gli inquirenti.
Alcune lettere dal carcere sono al centro dell’ultimo filone di indagine relativo al clan Lo Russo.
Missive spedite dal boss Giuseppe al fratello Carlo. E’ proprio quest ultimo che con la sua decisione di pentirsi potrà far luce sulle ultime vicende di cronaca nera, tra cui la nuova politica delle cosiddette “stese”: le continue irruzioni e sparatorie nei quartieri rivali dell’area Nord del napoletano (Miano, Capodimonte, via Infolla) da parte di paranze di baby camorristi armati fino ai denti con calibro 21 e semiautomatiche. Fu proprio una di queste stese nel centro storico cittadino che provocò lo scorso settembre 2015 l’omicidio del giovane Gennaro Cesarano, il diciassettenne ammazzato sotto i colpi furiosi di quell’irruzione notturna nel quartiere Sanità. I colpevoli sono ancora sconosciuti ma il pentimento di Carlo Lo Russo potrebbe dare luce a tanti casi ancora irrisolti tra cui quello del giovane Genny.
All’epoca dell’omicidio Cesarano, Carlo Lo Russo era ancora libero ed in sella al proprio potere camorristico; ed ora più che mai potrebbe considerarsi fattibile l’ipotesi di un agguato voluto proprio da Carlo. Sono appena le prime ipotesi conseguenti alle parole di Carlo il quale per legge ha un massimo di 6 mesi per collaborare con la giustizia e mettere al vaglio degli inquirenti, del pm Enrica Parascandolo e dell’aggiunto Filippo Beatrice le sue presunte rivelazioni. Con le parole del fratello del boss sono diventate protagoniste delle indagini le tante lettere scambiate dal carcere: parole in codice tramite espressioni convenzionali con cui Giuseppe Lo Russo impartiva all’esterno ordini ai suoi seguaci. Nel corso dei primi verbali depositati dalla dda di Napoli dinanzi al Riesame venerdi mattina, l’ex boss parla dell’omicidio di P. Izzi, ammazzato sotto casa alla fine dello scorso anno. Spiega Carlo Lo Russo: «Mi resi conto che andavo a fare footing in una piazza dove abitava Izzi e capivo che quel ragazzo mi aveva avvertito su una cosa concreta, fu così che diedi ordine di fare l’omicidio: ci sono anche altri nomi da inserire tra i responsabili, oltre quelli che avete arrestato». Sono questi i particolari legati invece al fallito attentato a carico di V. Mallo, braccio destro di Antonio Genidoni, boss scissionista del clan dei Vastarella del rione Sanità. Dalla ricostruzione fatta in presa diretta Lo Russo ordinò ad un suo affiliato l’omicidio di Mallo, specificandogli di “ficcare la sua testa in un water comprato ad hoc”. In realtà non tutto andò come previsto, fu un clamoroso buco nell’acqua, e non nella testa di Mallo il quale scampa all’attentato per un soffio, schivando una scarica di circa 30 colpi, prima che poi venisse anche lui arrestato.
Oltre a Carlo Lo Russo c’è anche un altro pentito, si chiama Claudio Esposito, zio di Annalisa moglie di Antonio Lo Russo. Condannato a 10 anni di reclusione era l’addetto alle “imbasciate” da portare al giovane boss nel corso della sua latitanza in Europa. Si pensa che la sua collaborazione sia strategica e finalizzata all’indebolimento di quell’ultima ala del clan dei Capitoni comandata da Antonio Lo Russo e dal figlio Salvatore, da mesi in carcere al 41 bis.
di Claudio Menna © RIPRODUZIONE RISERVATA