
La nuova legge di stabilità al vaglio in queste ore al Governo prevede tante novità, sia in ambito privato che per le imprese; l’ultima trovata è il famoso “bonus bebè”, che sa molto di propaganda politica dato l’annuncio televisivo in un programma domenicale di punta. Il Presidente del Consiglio Renzi, ha annunciato una novità per le neo-mamme che partoriranno a partire dal 1 gennaio 2015, le quali potranno beneficiare di un bonus aggiuntivo di 80 euro mensili per la crescita dei propri figli. Un incentivo, che sembra far sorridere le mamme, non certo farle rilassare, dato il futuro incerto del mondo del lavoro. Una quota così misera non basterebbe certo a crescere un figlio che oggi costa davvero tanto alle famiglie italiane, molte delle quali devono lottare per arrivare alla fine del mese.
Dubbi e chiarezza, poi sul limite di reddito che permetterebbe alle future mamme di ottenere il beneficio, prima si parlava di un reddito non superiore ai 90 mila euro annui, ma il dato sembra già essere sceso a 30 mila euro ISEE. Tantissime le critiche per questa differenza abissale che sembrerebbe ridurre di molto l’applicazione del beneficio, anche se le stesse voci di questo calo ieri sono state poi smentite dal ministro Lorenzin che ha confermato il limite dei 90 mila euro dichiarato da Renzi. Il bonus sarà, nel caso la legge fosse approvata, confermato per 3 anni ed erogato dall’INPS in un’unica soluzione, ma i fondi sembrerebbero coprire solo il primo anno, il 2015, e non ci sarebbero ancora le coperture per il 2016 e il 2017, quando si arriverebbe ad una spesa pari a 1,5 miliardi, in totale per tre anni circa 3 miliardi di euro spesi. Per il momento quindi non si riesce ancora ad identificare bene questo bonus, non si capisce se è una promessa, un’illusione, o una realtà concreta. Le critiche arrivano al Governo non solo dalle opposizioni, ma anche dai sindacati che si preoccupano di eventuali tagli ad asili e alle scuole dell’infanzia.
In realtà con questo budget si potrebbe optare per creare altre strutture già carenti e migliorare i servizi per le mamme che lavorano, le quali si trovano ogni giorno a dover combattere con baby-sitter e asili privati costosissimi. Questi disagi non si risolverebbero con 80 euro in più al mese. In un paese dove la natalità è ormai calata ai minimi storici l’intervento vorrebbe rilanciare la voglia di creare una famiglia, ma le giovani coppie che non possono neanche chiedere un mutuo in banca data la precarietà, oggi ci pensano più di due volte prima di mettere al mondo altre persone, in un’Italia che da poche garanzie.