“Bambola… me faje murì…” recitano i versi della canzone di Pino Giordano “Bambola”, scelta come sottofondo musicale di Bambolina, della compagnia Cerbero Teatro, che ha debuttato al Napoli Fringe Festival il 17 e il 18 giugno nella Sala Assoli.
Temi come droga e corruzione non sono nuovi in teatro, ma ciò non impedisce a Gianni Spezzano, autore e regista, di riproporre la questione da un punto di vista innovativo.
Le vicende di Genny (Adriano Pantaleo) e di Nicole (Cristel Checca) vengono presentate allo spettatore tramite un percorso non lineare, con flashback e altri escamotage drammaturgici; è anche grazie a quelli che il pubblico non distoglie mai l’attenzione da ciò che accade in scena.
Genny di Napoli, uno spacciatore partenopeo che viene guidato nel suo business da Lello, un carabiniere corrotto (interpretato da Mario Paradiso Jr), al quale è legato da un rapporto di totale sottomissione, viene improvvisamente catturato dallo sguardo di Nicole, una ragazzina ingenua che gli si avvicina per comprare dell’erba. Nicole lo seguirà poi a Napoli, dove verrà catapultata nel degrado del mondo della droga. Sarà proprio lei a sconvolgere la vita dello spacciatore, e a rompere quell’equilibrio che, seppur insano, egli era riuscito a conquistare nel rispetto dei meccanismi di potere. Inevitabile il crollo, se “la bambolina” si trasferisce a Napoli. Ma cosa sarebbe successo se non lo avesse fatto? È la droga o l’amore a portare i protagonisti al disfacimento totale? Genny è un ragazzo dai buoni sentimenti, è invaghito di Nicole, ma l’amore per lui non rappresenta una speranza di evasione dal quel mondo degradato e degradante; al contrario, sarà forse proprio il suo amore per Nicole a trascinarlo nel baratro. Evidentemente i meccanismi di corruzione funzionano perfettamente finché agiscono nel loro mondo e non entrano in contatto con elementi esterni, il problema sorge nel momento in cui si scontrano con la vita comune.
Il regista offre al pubblico un finale alternativo, Nicole non seguirà Genny a Napoli, tornerà a casa sua. Ma se cambierà qualcosa oppure no per le sorti dei protagonisti, questo non lo svela, lo lascia immaginare allo spettatore, in nome di un teatro che non ha la presunzione di trovare delle risposte, ma si preoccupa di porre delle domande.
Uno spettacolo che, seppur esplicito, non sfocia mai nella volgarità.
Quattro gli attori, tutti dimostrano una certa maturità artistica: partendo da Cristel Checca, nei panni della dolce e ingenua bambolina, che però sa anche diventare aggressiva, per arrivare all’espressività di Adriano Pantaleo e di Mario Paradiso Jr, senza dimenticare l’ironia di un personaggio come Peppe, coinquilino di Genny, interpretato da Rocco Giordano.
Note di merito, oltre che al regista e al cast, vanno a Dino Balzano per la scenografia, semplice ma funzionale, e a Nicola Narciso per il disegno luci: entrambi permettono la gestione di diversi piani spazio-temporali sullo stesso palco, senza che il pubblico ne venga infastidito. Belli anche i costumi di Giovanna Napolitano, in particolare quello pensato per la bambolina.
Tanti gli applausi sul finale per una compagnia che ha dimostrato di aver già fatto un suo percorso di avere il coraggio di portare avanti uno spettacolo che inizialmente, a un occhio inesperto, potrebbe sembrare banale, e che invece è tutt’altro.
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