
Versione ristretta, a sollievo dei lettori, della rubrica di puntata quindicesima.
Avellino e Napoli, in periodo poco propizio, rimediano un pareggino e una sconfittaccia. Il pareggino lo ottengono i lupi irpini sul campo “portabene” di Pescara contro i locali. La sconfittaccia la buscano i partenopei sul campo sempre ostile di San Siro in Milano, contro il Milan (o Milàn in vernacolo nostro). Verdi ottavi in classifica e azzurri sesti. Se l’ottavo posto dell’Avellino può ancora considerarsi buono, il sesto del Napoli comincia ad allontanarsi troppo dalle aspettative e dalle richieste del popolo. Ma ancora tutto è da giocarsi.
L’Avellino, al sabato pomeriggio, fa zero a zero allo stadio “Adriatico” contro il Pescara. L’Avellino, al sabato pomeriggio, fa un bel catenaccio allo stadio “Adriatico” contro il Pescara e strappa lo zero a zero, per il punto del brodino. Difesa a oltranza pure giustificata dall’espulsione affrettata dell’esuberante stopper Ely a mezzoretta dalla fine. Come la squadra e il suo mastro sanno decidere, a quel punto la partita, già intruppata, sostanzialmente finisce, perché l’Avellino quando decide di ammucchiarsi in barricata lo fa con trasporto e perizia, ed è difficile fargli il golletto. Infatti il Pescara, che pure in fatto di palle (proprie) in gol è squadra fra le migliori della categoria, non sfonda mai la porta del bordello verde. I cavoli, per noi, sono quando bisogna attaccare…In tutta la partita il Pescara riesce a fare non più di due tiri buoni, uno per tempo e tutt’e due dalla distanza, il secondo addirittura in gesto tecnico di rovesciata. Per due volte il pallone gratta la traversa di porta, prima del portiere nero e poi del dodicesimo Frattali Pierluigi, subentrato al nero colpito ad un fianco durante mischia da corner. Bene se l’è cavata il Frattali, sicuro e guidante il reparto, e questa è piacevole novità. La partita dell’Avellino? A volersi attaccare ci starebbe un rigore per colpo di braccio di centrocampista pescarese, ma l’arbitro fischia fallo in attacco a Gigione. Poi c’è mastro Massimo e l’ars defendis…
Il Napoli di Rafelone, allenatore di pallone sempre causa di polemiche, alla domenica sera gioca e perde contro il Milan di Pippo Inzaghi, allenatore che forse allenatore ancora non è. A Napoli monta la protesta per la prestazione dei pedatori rappresentanti che, per una volta in maglia azzurra, giocano con trame solite ma con poca cattiveria agonistica. Rafelone schiera una formazione discutibile, soprattutto nella nevralgica dove lascia in panca Inler, Hamsìk e Gargano. I mediani di lotta e di governo in campo sono Jorginho e David Lopez, che però subito iniziano a tentare di governare lasciando perdere la lotta. A parere nostro, l’unico autentico lottatore del centrocampo che Rafelone ha in rosa, el mota Gargano, non può non giocare, non può non giocare mai dall’inizio. Anche in difesa, preferendo Mesto a Henrique, Rafelone forse esagera nella cervellotica della scelta. Fatto sta che il Milàn segna il primo dopo soli sette minuti grazie a gran giocata del francese Menez, che durante questo suo secondo periodo italiano sta legittimando il nomignolo “Fenomenez” che qualcuno aveva pensato per incensarlo. Koulibaly e Mestò (francesizziamo pure lui) restano sorpresi, mais toute défenseur à leur place. Sotto di un gol il Napoli comincia a fare le sue bozze di gioco, palla possibilmente a terra e passaggio in profondità a cercare le sponde di Gonzalo. Gioco lento, ma qualcosa viene fuori, con David Lopez e Callejon tiratori fiacchi nelle circostanze. Il Milàn bada a chiudersi, a stringere i propri sulla coppia di mezzocampo partenopea e a sperare in Fenomenez. Il primo tempo è uno a zero per i rossoneri, una volta con casacca a strisce uniformi rosse e nere, oggi con ridicolo pigiamino…
Nel secondo tempo della rigida notte meneghina si attende la reazione forte del ciuccio, e nei primi minuti fa per sentirsi un raglio di rabbia; poi però un ottimo cross dalla sinistra dell’ex Armero trova giusto giusto la capoccia di Giacomo Bonaventura detto Jack, appostato in area piccola di primo palo fra Albiol e Koulibaly, ed è il due a zero. A questo punto, siamo più o meno al minuto 55, il Napoli potrebbe incazzarsi di brutto come grande squadra si incazzerebbe, oppure demoralizzarsi come piccola squadra o squadra un po’ in depressione si demoralizzerebbe. Il ciuccio un po’ depresso si demoralizza, non trovando le forze per scalciare la sconfitta. Invero nell’ultimo quarto d’ora, con gli ingressi di Zapata e Gargano, il Napoli carica con continuità e puntiglio, ma un po’ l’imprecisione dei tiri e un po’ la buona performanza del guardiaporta spagnolo del Milàn non fanno cambiare il risultato. Vincono due a zero quelli del Milan, i lumbàrddetti casciavit di quando Silvio era ancora e “solo” un bauscia palazzinaro filo-interista.
Ci sono ancora due cimenti per entrambe le compagini campane prima della sosta religioso/consumistica. L’Avellino ha da giocare in casa contro il Bologna, venerdì sera, e fuori casa contro il Trapani, il mercoledì pomeriggio della vigilia di natale. In verità la serie B fa pausa natalizia molto breve, giusto il giorno di natale, visto che si riprenderà già il pomeriggio del 28 dicembre (stranamente un turno di domenica). Poi ci sarà la vera pausa, quella invernale, fino al 17 gennaio dell’anno che verrà; il 17 gennaio è la data di inizio del girone di ritorno, ovvero del campionato di clausura della serie B. Il Napoli invece giovedì sera affronterà in casa il Parma, squadra con padrone in fuga a causa dei troppi debiti, ultima in classifica più per ripicca dei dipendenti che per scarsezza complessiva. La fretta del giovedì sera servirà al Napoli per trovare il tempo di andare insieme alla Juventus nel golfo persico, dove mettere in scena la (più) boiata dell’anno: la supercoppetta nazionale. Supercoppetta che, di matrice balneare e nel tempo sempre più italiota, adesso viene inturbantata per i petrolieri arabi annoiati e ben paganti. Una volta si sarebbe appropriatamente chiamata “miserabilità degli italici (e italioti) dirigenti di pedata”, in giro con piattino in mano a chiedere soldi in cambio del proprio spettacolino non di rado pecoreccio (ricordate l’analoga Napoli-Juve a Pechino? I cinesi ancora ci chiedono indietro i soldi per quel peggio cafonal delle nostre usanze pallonare). Oggi la miserabilità è chiamata “marketing” e la fanno passare come unico modo di far giocare a pallone con soddisfazione quelli più bravi. Sarà, ma noi non crediamo che giocando a Napoli o a Torino Tevez e Higuain si sarebbero incatenati per protesta.