
Vi siete mai chiesti se amate davvero la vostra Napoli? E come ne parlate quando siete all’Estero? E se siete lontani per un po’ ne sentite la mancanza? Amare una città non è facile, perché amare una città significa anzitutto proteggerla, prendersene cura come fosse una mamma o un papà o ancor più un figlio. Curarne l’abc del vivere civile: la raccolta differenziata, la denuncia alle illegalità, la solidarietà nei confronti dei più deboli, ai gesti più quotidiani e consueti come raccogliere i bisogni del cane, buttare le carte negli appositi cestini e non per terra, o fare il biglietto dell’autobus, o indossare il casco sui veicoli. Gesti ai quali, tutto sommato, basterebbe poco per fare la differenza, perché se tutti i cittadini ne prendessero atto e coscienza di alcuni comportamenti poco virtuosi, cambierebbero un bel po’ di cose, e sarebbe, probabilmente, una città diversa dove magari si vivrebbe molto più spensieratamente. Questi, i propositi lanciati dalla campagna pubblicitaria ‘’Io amo Napoli’’ promossa da Palazzo San Giacomo, che con l’Assessorato alla Comunicazione, alla Promozione e al Made in Naples hanno diffuso l’iniziativa su tutto il territorio di Napoli, per le strade e per i quartieri, per gli istituti e le scuole della città, sfruttando tendenzialmente il motore pubblicitario mediante i social network e le pagine web da cui traspaiono forti messaggi legati all’abc del vivere partenopeo, tutte etichettate dallo slogan: “Napoli sei tu, amala, rispettala e proteggila’’.
Un modo per dire che Napoli sei tu che ci vivi, tu che ci sei dentro e che se la danneggi è come se danneggiassi te stesso. Negli ultimi giorni, però, si è notato sui social network quanto il malumore stia serpeggiando tra la gente nei confronti di quest’iniziativa sociale, c’è chi infatti ha storto il naso e si è chiesto se ce ne fosse davvero bisogno di diffondere una campagna del genere che ci ricordasse senza doppie misure che a Napoli si vive male, che a Napoli siamo incivili, che non facciamo il biglietto perché siamo furbi, che andiamo a tre sul motorino e che non ci importa del casco perché vogliamo rischiare, che siamo pigri e che ci scoccia buttare le carte nei cestini perché è più semplice mentre camminiamo, che abbiamo paura di denunciare chi ci deruba o chi commette atti illegali, che amiamo i cani ma non rispettiamo l’ambiente anzi lo degradiamo perché lasciamo i loro bisogni in ogni angolo della strada. Questo è ciò che dicono dei napoletani. Ma questa non è certamente la stessa città da cartolina che sogna di incontrare un turista, non è un bel biglietto da visita il nostro o meglio quello che ci hanno etichettato.
Napoli non è questo. Napoli , come ci raccontano i partenopei sui social, è tutta un’altra storia, è colorata di una speranza che non muore mai nonostante tutto quello che si sente in giro, è una Napoli dal fascino irresistibile che va protetta e custodita, e che sì ha dei problemi di base e di mentalità che sono sbagliati e che vanno naturalmente curati, ma questa città ha una speranza che è forte e fiduciosa perché c’è gente a Napoli che rispetta le regole. Ma, purtroppo per muovere una città non basta una, o due persone ma tutti i napoletani devono prendere coscienza e fare la differenza perché solo insieme si vincerà questa battaglia. In ogni modo, la campagna ‘’Io Amo Napoli’’ è stata oggetto di polemica come testimonia l’intervista a Bruno Ballardini, esperto di comunicazione nonché scrittore del Sole24ore, il quale ha ritenuto questa campagna nient’altro che: “un’occasione bruciata da amministratori incompetenti’” in quanto ‘’utilizzare la pubblicità a scopi educativi per indurre a meccanismi di emulazione è quanto di più sbagliato ci sia’’. Ballardini, critica soprattutto gli strumenti con i quali si è diffusa quest’iniziativa sociale, imbrattare ogni angolo della strada con manifesti e cartelli che ricordano le consuetudini dei partenopei è qualcosa di ossessionante nella vita di un cittadino e che di conseguenza non beneficia nessuno. Anzi Lo studioso definisce un po’ anche offensiva questa campagna perché tratta i napoletani come fossero dei cretini. Per beneficiare il bene comune innanzitutto si dovrebbe partire dalle scuole per arrivare poi alle famiglie. Ma non con la pubblicità, con qualcosa di più interattivo che li coinvolga tutti, piccoli e grandi. La pubblicità è altamente inquinante ma lo è ancor più l’incompetenza di alcuni amministratori che aspirano a pretese forse un po’ troppo contradditorie per motivi oggettivi naturalmente, come il cartello della raccolta differenziata in quartieri di Napoli non ancora attrezzati dall’Amministrazione comunale. È proprio questo il punto come si possono fare pretese quando non ci sono neppure i mezzi per diventare dei buoni cittadini? Ecco perché la pubblicità è sbagliata e diventa in molti casi un monologo da recitare e poi sì, da dimenticare.