Contro i mulini a vento, contro le ingiustizie, a favore degli ultimi e delle minoranze.
Se Don Chisciotte fosse vissuto oggi, come nella traposizione teatrale di Roberto Aldorasi, forse sarebbe sceso in piazza a manifestare o forse no perchè chissà se gli ideali cavallereschi che guidavano le gesta del celebre personaggio di Miguel De Cervantes, da qualche parte esistono ancora.
L’impareggiabile Alessio Boni veste i panni del visionario eroe, dai nobili ideali e infervorato dalla lettura dei poemi cavallereschi. Al suo fianco il fido scudiero Sancho Panza interpretato dalla ben nota Serra Yilmaz che porta i suoi capelli turchesi e il suo spirito dolcemente naif sul palco.
Tutto intorno aleggia lo spirito della morte che incombe dall’inizio alla fine, a cui si sfugge solo con il sogno, con l’immaginare mondi possibili solo nella dimensione onirica in cui piovono soldi dal cielo, in cui un umile scudiero può diventare Governatore di isole incontaminate, un mondo in cui gli ideali contano ancora.
D’altra parte la storia e la letteratura sono colme di personaggi che hanno navigato controcorrente, alimentando così il mito di una visione alternativa della realtà.
Nobile l’intento di accostarsi ad un opera cardine della letteratura spagnola che però in quanto tale avrebbe meritato una lettura meno macchiettistica, privilegiando magari la forza del testo, del verbo che spesso durante la messa in scena è inspiegabilmente contaminato da interferenze dialettistiche e parodistiche che mal si sposano con la solennità dell’opera.